Quaderno B.Lavorare all'ELCI, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, Gino punito.


Pippo Bertino
Lavorare all'ELCI
Qualche ricordo e un po' di nomenclatura





Come è detto nell'introduzione ai registri del cottimo, Gino, privato delle suo lavoro di tornitore, era stato traferito in un reparto che potremmo dire a bassa professionalità e che, non a caso, aveva la più alta percentuale di donne rispetto al resto della fabbrica. Forse per un residuo di rispetto da parte del capo reparto, o più probabilmente per meglio sfruttarne le capacità, Gino ebbe a subire un doppio isolamento, nel senso che nel nuovo reparto fu destinato a un “repartino” - così lo definiva lui stesso - con pochissimi addetti ma dove si effettuavano produzioni di una certa qualità.
Il reparto in questione si chiamava ELCI ed era situato sulla collettrice sud, cioè nella parte che chiude a sud il capannone principale. Era dislocato su due piani, nell'ultimo dei quali era stato relegato Gino. Non vi giravano più di tre o quattro persone, mentre ce ne erano una cinquantina al piano principale. Il reparto come luogo fisico non esiste più, ma le stesse lavorazioni si continuano a fare in un'altra parte dello stabilimento, in un nuovo reparto che conserva lo stesso nome. C'è da aggiungere che le particolari lavorazioni richiamate nel quaderno di Gino, sono sparite quasi completamente, in quanto i motori a corrente continua, quelli per trazione ferroviaria dal 1980 e quelli per la siderurgia dal 2000 circa, sono linee di prodotto non più presenti a Campi, i primi perché passati all'Ansaldo Trasporti a Napoli, i secondi semplicemente perché superati da nuove tecnologie. Se prescindiamo dalla sparizione di questi due prodotti e dall'ingresso delle turbine a gas, lo stabilimento, pur con l'immissione di macchinario e tecnologie costruttive nuove, non è poi così diverso da allora.
La lavorazione prevalente del reparto di Gino era la nastratura delle bobine: si trattava, cioè, di isolare elettricamente i conduttori di rame che formano gli avvolgimenti dei motori medio-piccoli. Gino, però, era stato adibito a lavorazioni sicuramente più qualificate rispetto al resto del reparto: oltre che dedurlo dalle annotazioni del quaderno, lo so per conoscenza diretta. All'epoca, infatti, se volevo parlare con Gino, l'unica possibilità che avevo era di andarlo a trovare in reparto. Così si chiacchierava, lui sempre attaccato al banco di lavoro, sempre indaffarato, io lì a fianco con le mani in tasca, finchè non arrivava il suo capo reparto - gli faceva la ronda almeno 3 o 4 volte per turno - finché, tra un mugugno ed una rispostaccia, mi toccava venirmene via. E a proposito di professionalità, se un giorno questo museo da virtuale diventasse reale, mi piacerebbe esporvi un coltellaccio/machete fatto con un pezzo di balestra di locomotore ed un bellissimo manico costruito da Gino con la resina che usava in quel periodo.
I termini che ricorrono nel quaderno di Gino si riferiscono tutti a lavorazioni inerenti a motori a corrente continua, e tutti (tranne uno, poli ausiliari che sono un componente della parte statorica) designano componenti della parte rotante del motore (un esempio di rotore si vede nella fig. 1). Molte delle annotazioni del quaderno si riferiscono direttamente o indirettamente agli equipotenziali bandiera (il termine tecnico corretto sarebbe “equipotenziali di primo ordine”). Nella foto di fig. 2 si vedono posizionati su un rotore, in quella di fig. 3 se ne vede uno poggiato sul disegno tecnico relativo.

fig. 1
fig. 2   fig. 3
La costruzione di questi manufatti, partiva dal tagliare a misura i conduttori di rame, sagomarli, inserirli nell’apposito stampo, comporre la resina (normalmente mischiando in percentuali definite due differenti componenti), inserire la resina nello stampo, porre il tutto in forno. La polimerizzazione della resina avveniva tramite la cottura in forno e i forni erano sullo stesso piano dove lavorava Gino: uno dei pochi lavoratori che giravano a quel piano era appunto l’addetto ai forni. Terminata la cottura in forno seguivano altre operazioni come: sverniciare (si trattava di ripulire le parti terminali dei conduttori); ragguagliare con lima ossia ripulire ulteriormente la parte terminale dei conduttori, portarli a nudo, prepararli per la successiva operazione di saldatura; tracciare i limiti, ossia segnare la quota indicata a disegno della parte dei conduttori che fuoriesce da quella inglobata nella resina.
I punga (il termine tecnico corretto sarebbe “equipotenziali di secondo ordine”), che Gino scrive pungar, sono concettualmente simili agli equipotenziali bandiera, sono sempre, cioè, conduttori inglobati in resina. Ma a differenza degli equipotenziali bandiera, che hanno una lunghezza tra 40 ed i 70 cm e sono piani, i punga hanno una lunghezza che arriva ai due metri, con sagomature particolari (sagomatura a zeta).
Le semizone sono componenti elementari dell’avvolgimento elettrico del rotore: sono fasci formati da 6-8 conduttori che dopo la sagomatura subiscono un’ulteriore nastratura con un nastro particolare, il Capton, sottilissimo, altamente isolante ed altrettanto fragile. L’abbassamento del Capton è l’asportazione di questo isolante dalle parti terminali dei conduttori, lì dove verranno fatte le saldature. Nel quaderno si parla anche di semizone per locomotori: l'espressione non cambia il significato della lavorazione, ma indica semplicemente che le semizone sono costruite per motori di trazione ferroviaria.
I termini cartoccio, scarpette, greche, tubetti si riferiscono a piccoli particolari isolanti costruiti, tramite stampi, con la stessa resina detta precedentemente. Dei poli ausiliari (vedi foto di fig. 4) ho fatto cenno più sopra: qui l’intervento del reparto di Gino poteva consistere unicamente nella costruzione di pochi particolari isolanti in resina.

fig. 4

Manlio Calegari

Il Museo degli Operai


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Indice

Venerdì 23 gennaio
2004

Sabato 14 marzo
2004

Sabato 17 aprile
2004

Venerdì 14 maggio
2004

Venerdì 11 giugno
2004

Sabato 10 luglio
2004

Giovedì 26 agosto
2004

Sabato 9 ottobre
2004

Sabato 13 novembre
2004

Sabato 4 dicembre
2004

Sabato 18 dicembre
2004

Postfazione
2007


Frammenti di un
museo virtuale
L'album di Ezio Bartoli
Il taccuino di Pippo Bertino
La memoria di Gino Canepa



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