Appendice B Lettere di Mazzarino a Giannettino Giustiniani (1647-1660)
21) AAE, MD, France 271, cc.25-26. Parigi, 8 gennaio 1655 Ricevo l’ultima relatione di Napoli che Vostra Signoria
m’invia, dalla quale si vedono due cose: l’una, la debolezza de Spagnoli
e la facilità di quell’impresa se si fosse havuta qualche cavalleria,
l’altra, la contrarietà ostinata del vento e del mare per così lungo tempo
che ha impedito tutti i nostri disegni, ma le difficoltà incontrate questa
volta forsi ci renderanno più instrutti per un’altra volta.
Qua si parla diversamente dell’accommodamento in Spagna
di cotesta Republica. Io però credo che in quella Corte si andarà allungando
il negotio con proporre diversi temperamenti, sinchè si senta l’esito
delle cose di Napoli, ma quando si saprà l’avviso della ritirata del duca
di Guisa, Vostra Signoria sentirà come parlaranno i Spagnoli.
Il signor ambasciatore Spinola[53] ha ricevute tutte le dimostrationi d’affetto e di stima nella sua entrata che poteva mai desiderare, ma per ancora non ha havuta l’audienza dal Re con pensiero di poter spuntare i trattamenti regii, circa di che Vostra Signoria sa ciò che gl’ho sempre scritto, e veramente mi meraviglio che avanti di partire di costì non se li sia dato ordine di non insistere in questa pretensione[54], nella quale io non posso servire la Republica come vorrei, non essendo questo un negotio di giustitia, ma di Stato e di politica, e bisogna che cotesti signori si mettano in capo che i Prencipi et le Republiche accrescono le loro conditioni e prerogative non con le ricchezze de sudditi e col godere del riposo e delle quiete, ma con le armi e con le leghe, e col rendersi temuti e necessarii, e così hanno fatto il signori venetiani, i Stati d’Olanda, i Cantoni de Svizzeri e molti altri, e quasi tutti per merito dell’amicitia e confederatione con la Francia. Io però dal canto mio non mancherò di fare ogni possibile acciò questo signor ambasciatore resti con quella sodisfattione che si potrà darli. 22) AAE, MD, France 271, cc. 40-41. Parigi, 19 gennaio 1655 Non voglio restare di salutare Vostra Signoria col ritorno
del corriero Acciaccaferro, il quale arrivarà (credo io) a Roma avanti
il Conclave, non essendo venuta altra nuova della morte del Papa. Io credevo
di riceverne qualche certezza con questo ordinario che doveva portare
le lettere di Genova delli 7 del corrente, ma essendo stato il corriero
svaligiato, la maggior parte delle lettere si sono perdute, e mi mancano
particolarmente quelle di Vostra Signoria.
L’ambasciatore di cotesta Serenissima Republica ha havuta
la sua prima audienza[55, credo con sua sodisfattione
e con quella delle Maestà Loro, che lo trovano un garbatissimo cavaliere,
et io aspetto con desiderio di vederlo.
Quel Costa che scrive a Vostra Signoria di Montaldè è quel
medesimo che fece havere al padre Diaceto la copia della scrittura di
Violante Spinola mia bisava, onde per suo mezzo si potrà haver anco l’originale,
e forsi altre memorie ancora.
È stata sentita malissimo in questa Corte l’attione del
Granduca di far arrestare il duca di Castelnovo, e con meraviglia, che
la prudenza di quel Principe si sia lasciata sorprendere in un negotio
di questa sorte.
Poichè i Spagnoli non si sono lasciati indurre all’aggiustamento
con la Republica nelle apprensioni che havevano delle cose di Napoli,
augumenteranno bene le loro pretensioni quando sapranno la ritirata del
duca di Guisa.
Non habbiamo nuova alcuna di monsieur di Lionne e pure bisognarebbe ch’egli fosse giunto a Roma molti giorni sono. 23) AAE, MD, France 271, cc.54-54. Parigi, 5 febbraio 1655 Accuso a Vostra Signoria la ricevuta della sua lettera
delli 20 del passato[56] con gl’avvisi che mi dà
di monsieur di Lionne e della sodisfattione data et ricevuta da cotesta
Serenissima Republica.
Le accuso anco la ricevuta del discorso fatto dal medesimo
monsieur di Lionne e del foglio d’avvisi circa l’armata del Blach[57],
di che tutto ringratio Vostra Signoria.
Può essere che le cose fra noi et gl’Inglesi non finischino
con tanta sodisfattione de Spagnoli come essi pretendono, e ben presto
se ne vedrà il fine. Fra tanto noi andiamo dando loro ben spesso qualche
piccolo colpo e già costì serà pervenuto l’avviso dell’incamisciata che
habbiamo fatta ne medesimi borghi del Chastelet.
Prego Vostra Signoria di ricapitare la qui acclusa lettera
al signor Benedetto Cittadini.
Un tal Gio Batta Centurione[58] mi propone di Torino una levata in Alemagna di cavalleria et infanteria. Io non sò chi sia questo huomo: se gli è cognito a Vostra Signoria li può far sapere che non habbiamo bisogno di cavalleria, ma che si applicarà all’infanteria, se le levate si faranno in parte di dove la soldatesca possa venire per mare in Francia. 24) AAE, MD, France 271, cc. 65-66. Parigi, 19 febbraio 1655[59] La scrittura più principale e più importante che si potesse
desiderare da Montaldè si è havuta, et il padre Diaceti ne ha portate
non una, ma due copie autentiche, e da questa si vede la continuatione
della linea de Mazarini di Sicilia con quelli di Montaldè, che sono mio
avo, bisavo et trisavo . Se il Costa ha qualch’altra cosa di rilievo ne
dia una copia semplice per considerarla, e si dichiari nettamente che
cosa pretende dell’originale della scrittura che ha portata il padre Diaceti,
la quale mi risolverei forsi di fare metter nell’archivio di Genova.
Se la Republica prefigesse un termine per vedere levati i sequestri, doppo il quale fosse risoluta di procurare il risarcimento de danni con le armi, crederei che l’aggiustamento si farebbe subito, ma mentre si contenti di lasciare le cose nello stato presente, è certo che i Spagnoli goderanno del tempo e de beni de Genovesi insieme, et io non voglio pigliarmene altro pensiero. Se seguisse l’aggiustamento credo che la Republica licentiarebbe li soldati fatti per questa occasione, e che io potrei facilmente tirare qua una buona mano d’Italiani, onde prego Vostra Signoria, quando si venisse a questo, di farne avvisato il Vescovo d’Oranges[60] a Tolone. 25) AAE, MD, France 271, cc. 76-77. Parigi, 26 febbraio 1655 Da qui avanti noi parlaremo degl’interessi della Serenissima
Republica come interessi communi, poichè havendo ricevuto l’honore da
me stimatissimo di essere aggregato a cotesta Nobiltà[61],
io devo prendere buona parte in essi, aggiungendosi l’obligo all’inclinatione
ch’io havevo di servirla. Vostra Signoria può assicurare cotesti signori
che lo farò con tutto il cuore. Io non so se parlando come buon cittadino
genovese io dica di desiderare di sentire l’effettuatione intiera dell’accomodamento
con i Spagnoli. La riputatione è il vero tesoro de Prencipi, e se questa
si conservarà nell’aggiustamento, io me ne rallegrarò, altrimente non
saprei desiderarlo.
Già ho scritto a Vostra Signoria che pensavo di profittare del licentiamento di coteste truppe, e perciò la prego, quando ciò succeda, d’avvisarne in tempo il signor Silvestro Arnolfini[62] in Lucca, acciò possa trasferirsi subito in Genova, come io ne ho già scritto a lui medesimo. 26) AAE, MD, France 271, cc. 79-80. S.Germain en Laye, 4 marzo 1655 Le lettere di Vostra Signoria non solo mi confermano nel
concetto ch’io havessi del segnalato favore ricevuto dalla Serenissima
Republica nell’aggregar me et i miei nipoti a cotesta Nobiltà, ma accrescono
di gran lunga le mie obligationi con la relatione che Vostra Signoria
mi fa in esse del modo favorevole e gratioso con è passata questa proposta
nei consigli[63].
Io non saprei dire d’avantaggio in questa materia di quello ho detto al
signor ambasciatore per farli conoscere la mia gratitudine, ma se io saprò
trovar termini più espressivi, lo farò con una mia lettera ch’io scriverò
a Sua Serenità et a cotesti eccellentissimi signori[64].
Adesso ch’io sono a parte degl’interessi publici e privati
della Republica, desidero più che mai l’aggiustamento delle sue differenze
con li Spagnoli, perchè sarei mal cittadino, se io consigliassi la guerra
quando si possi havere una pace giusta et honorevole, ma fuori di questi
termini non saprei tradire la riputatione, et prerogative, di chi mi ha
tanto honorato, et assicuro Vostra Signoria che nel bisogno mi mostrerò
utile, e grato.
Vedo la nota che Vostra Signoria manda delle tapezzarie: le nuove non fanno per me, et s’ella vedesse le antiche conoscerebbe che quando un parato d’arazzo della maniera che Vostra Signoria me lo descrive si paghi in questi tempi diecimila scudi, è tutto quello si può spendere. Io non dico questo per offerire il detto danaro a chi ne pretende tanta maggior somma, ma per rispondere alla lettera di Vostra Signoria, che ringratio e saluto per fine con tutto l’affetto. 27) AAE, MD, France 271, cc. 91-92. Parigi, 12 marzo 1655 Domenica parte, di ritorno a cotesta volta, il signor ambasciatore
Spinola, che ha esseguita la sua commissione con molto garbo, et ha lasciata
di sé una compita sodisfattione, come non dubito ch’egli l’havrà ancora
ricevuta et riconosciuto nelle Maestà Loro un cordiale affetto, et in
me una partial osservanza verso cotesta Serenissima Republica.
Mi ha sorpreso infinitamente la pretensione che Vostra
Signoria mi avvisa del capitano che ha condotto costì il vascello Marabotto,
ma molto più la conventione che l’huomo della Republica ha fatta con lui,
poichè sin quando partì l’armata di Tolone, il cavaliere Polo hebbe commandamento
di rimetterlo in cotesto porto senz’aspettare altr’ordine. Vostra Signoria
dunque non solo ha fatto bene di parlare contro l’ingiusta e malitiosa
pretensione del capitano, ma impedirà in ogni modo che non se li dia cosa
alcuna, assicurandola che al suo ritorno sarà castigato di questa sua
impostura.
Io non dubito punto che il signor Ugo Fieschi non habbia cooperato quanto havrà potuto per l’aggiustamento di questa Corona con l’Inghilterra[65], del quale Vostra Signoria sà quello che le ho sempre scritto, et hora di nuovo le dico che ella può essere certa che le cose di quel regno non portaranno alcun impedimento alle armi di Sua Maestà e ne può assicurare la Serenissima Republica. 28) AAE, MD, France 271, cc. 104-105. Parigi, 22 marzo 1655 L’occupatione nella quale mi ha tenuto la speditione di questo corriero che se ne passa a Roma e quella che mi dà il soccorso che si prepara prontamente al signor duca di Modena, non mi dà maggior campo di salutare Vostra Signoria e di pregarla di far tenere al signor Benedetto Cittadini questo invoglio. Il caso di questo Prencipe potrebbe dare a pensare alla nostra Serenissima Republica, la quale tanto tarderà a provare da Spagnoli i medesimi trattamenti, quanto essi crederanno che non possa loro riuscire di opprimere a mano salva, come credono di poter fare ad[esso] del duca di Modena senz’alcun pretesto giusto et ragionevole, che vedono Roma senza Pontefice e la Republica di Venetia altrove occupata, ma io spero che cotesti signori non abbandoneranno la diffesa d’un Prencipe loro amico e partiale, mentre di qua si danno tutti gl’ordini necessarii per far marciare prontamente il nostro esercito, e forse che il governatore di Milano potrebbe non haver ben prese le sue misure in necessitarci ad uscire in campagna due mesi prima del solito. 29) AAE, MD, France 271, cc. 137-138. Parigi, 22 aprile 1655 Hor che diranno cotesti miei signori della debolezza de Spagnoli nello Stato di Milano, poichè il signor duca di Modena solo è stato capace di resistere a tutte le loro forze, e di far perdere la riputatione al marchese di Carazena? Vostra Signoria mi risponde con la sua lettera de 7 che se la Republica havesse risolutione sarebbe fatto il becco all’oca[66]. E perchè dunque non prende questa risolutione? Che aspetta? Che domanda? Che vuole di più? Vorrebbe forsi che Dio mandasse un angelo dal Cielo a dichiararli la sua volontà, et a discoprirli i suoi arcani? Non è più il tempo di Mosè e de profeti! Assai parla Iddio, che si fa intendere con gl’accidenti e con le congionture che fa nascere, con le quali quasi mostra a dito ciò che vuole si faccia. Già la Republica comincia a prendere il camino di rendersi potente in mare, ma nell’istesso tempo bisogna anco temere, pensare di stendere et allargare i confini di terra, e come in cento anni passati non gl’è mai venuta una simile opportunità di farlo, così è certo che in altri cento anni a venire non ne incontreranno mai un’altra simile. Questo basta per hora, mentre io resto pregandole da Dio sollevamento da suoi mali di gotta, et il compimento di tutte le felicità immaginabili. 30) AAE, MD, France 271, cc. 199-200. Compiègne, 29 maggio 1655 Si è stabilito matrimonio fra il signor prencipe di Modena[67] et una mia nipote, sorella della principessa di Contì[68], la quale è stata già sposata in nome di Sua Altezza da un figlio del signor prencipe Tomaso. Il Re ha voluto honorare con la sua persona e con la sua autorità questa allianza e, come il contratto è stato sottoscritto da Sua Maestà, lo sposalitio si è fatto nella sua camera e si compiace di far accompagnare la principessa nel suo viaggio dal signor conte di Noaglies[69], capitano delle guardie della sua real persona, così è anco restata servita di dimandare alla Serenissima Republica per mezzo della qui inclusa lettera due delle sue galere per imbarcare la sposa a Marsilia et sbarcarla alla Riviera di Levante e per condurre poi ancora sin a Civitavecchia con una delle medesime galere mia sorella, madre della sudetta principessa. Prego per tanto a Vostra Signoria a voler presentare la sudetta lettera e protestare a Sua Serenità l’obligatione che imporrà a me ancora con questo favore. Il giorno della loro partenza da Parigi sarà alli cinque di giugno e per condursi a Marsilia saranno ben loro necessarii circa venti giorni, onde ella potrà regolarsi con questo tempo per far partire anticipatamente le galere di Genova, non essendo inconveniente che più tosto aspettino in Marsilia due o tre giorni. Condoni Vostra Signoria questa briga che le dò alla sua propria cortesia. 31) AAE, MD, France 271, cc. 212-213. Compiègne, 4 giugno 1655 Credo che il signor duca di Mercurio[70]
havesse intentione di condurre con l’armata ch’egli commanda la principessa
di Modena mia nipote, ma essendo incerto s’egli sia per ritrovarsi in
Provenza a tempo, Vostra Signoria non lasci già di far partire le due
galere al tempo da me accennatole, quando la Serenissima Republica le
conceda. Mi pare che la detta principessa habbia pensiero, se il tempo
glielo permette, di andarsene a dirittura allo sbarco e di non aprodare
in Genova, onde Vostra Signoria potrà risparmiare la fatica e la spesa
ancora di far seco il viaggio di Modena.
E’ un pezzo ch’io dico a Vostra Signoria che la Republica si sarebbe accommodata co’ i Spagnoli, onde l’avviso ch’ella mi dà, e che io havevo ricevuto molti giorni sono da altra parte, non mi sorprende. La Francia ha contribuito al suo danno, mentre con l’accommodamento si dà luogo a i spagnolardi di assistere il governatore di Milano, come di già fanno, ma il Re si è contentato di preferire l’utile della Republica al suo proprio interesse. 32) AAE, MD, France 271, cc. 246-247. La Fère, 17 giugno 1655 La propositione fatta da cotesto capitano è degna d’essere
considerata, ma perchè tutto consiste nel modo di poter fare avanzare
con sicurezza li 300 huomini, e senza che siano scoperti, come anco il
grosso che deve seguire dopoi (?), bisogna che il detto capitano consideri
egli medesimo la carta e vedrà che noi non habbiamo alcuna piazza vicina
a quella che propone di sorprendere, di modo che per la lontananza sarà
difficile di praticare l’impresa, e molto più di conservare l’acquisto;
oltre di ciò è bene di sapere in che modo egli pretende di fare la sorpresa,
se per intelligenza o per forza, che presidio ha dentro la piazza et ogn’altra
particolarità di questo disegno.
Intanto Vostra Signoria sentirà che ne attacchiamo una in Fiandra assai considerabile, e che porterà grandi conseguenze, se il successo riesce secondo il nostro disegno. L’impresa sarà difficile, et ardita, ma con tutto questo speriamo di venirne al fine. 33) AAE, MD, France 271, cc. 255. La Fère, 24 giugno 1655 La prontezza che ha havuta cotesta Serenissima Republica
in concedere le due galere per il passaggio della principessa di Modena
mia nipote, tutto che sia in riguardo alla richiesta della Maestà del
Re, ad ogni modo m’impone infinite obligationi, e devo ringratiare Vostra
Signoria delle cortesi diligenze che ha fatte in tal occasione, come faccio
di vivo cuore, et in particolare d’haver procurato che il commando di
esse sia dato al signor Alessandro Giustiniani suo parente, essendomi
caro d’havere tutte le mie obligationi alla Casa Giustiniana[71].
Così mi confesso oltremodo tenuto a cotesta Serenissima
Republica per le gratie particolari che continua farmi in riguardo a quella
d’havermi ascritto al numero de suoi Nobili, e come non posso esprimere
a bastanza i sentimenti della mia riconoscenza, attenderò le occasioni
di darne co gl’effetti i segni più evidenti.
E non permettendomi d’essere più lungo le occupationi che mi dà l’assedio di Landresis, che è impresa veramente ardita e difficile ma di gran conseguenza, e che havrà, come spero, il successo che desiderano i buoni servitori di Sua Maestà come Vostra Signoria, finisco con augurarle ogni vera contentezza. 34) AAE, MD, France 271, cc. 295-296. La Fère, 20 luglio 1655 Ringratio Vostra Signoria dell’avviso che mi ha dato dell’arrivo
di mia sorella con la principessa sua figlia nella casa di lei a Santa
Margarita, dove mi scrivono di ricevere tutte quelle cortesie che sogliono
ordinariamente venire dalla gentilezza di Vostra Signoria, alla quale
sono maggiormente tenuto. La Serenissima Republica ha continuati i suoi
favori in questa occasione ancora, ma io non voglio caricarmi di tutto
l’obligo, che sarebbe per me un peso eccessivo: lo ripartiremo tra il
signor duca di Modena et me, e il Re sarà più sicuro pagatore dell’uno
e l’altro di noi.
Il Viceré di Napoli ha fatta veramente un’attione che sarà
biasimata da tutti, e non sarà approvata ne meno in Spagna, sapendosi
quanto facile habbiamo il modo di renderli questo mal trattamento con
usura.
Ho veduto quanto Vostra Signoria mi soggiunge circa l’impresa
proposta da cotesto capitano, e vi si faranno sopra le dovute riflessioni,
proportionate allo stato in cui saranno le cose verso il fine della campagna.
Scriverò a Colbert che rimandi a Genova la mostra del broccato, subito che l’havrà ricevuta da Milano, e con tal fine prego Dio che le conceda ogni compita contentezza. 35) AAE, MD, France 271, cc.309-310. Quesnoy, 14 agosto 1655 Le occupationi nelle quali mi ritrovo per gl’affari della
guerra non mi lasciano quasi il tempo di accusare a Vostra Signoria la
ricevuta delle ultime sue lettere de 21 e 28 del caduto[72],
ambedue molte copiose di buonissimi avvisi, de quali rendo a Vostra Signoria
moltissime gratie.
Io spero che le cose di Lombardia andaranno benissimo,
piacendo a Dio, e se dobbiamo prenderne l’augurio da quelle di Catalogna
et da queste di Fiandra, non possono havere se non l’esito che si desidera.
Vostra Signoria si conservi sana, e mi creda suo.
[Nota a margine:
“di mano di Sua Eccellenza”] Accuso ancora a Vostra Signoria la ricevuta
della sua de 4 stante[73], et la ringratio delle
diligenze fatte in favore de miei nipoti, pregandola a rendere per mia
parte affettuosissime gratie al signor Doge[74]
per quelle che ha voluto compartirmi in questa occasione, et assicurarlo
che non perderò mai le congionture che mi si presenteranno di servire
la Serenissima Republica, e la sua persona in particolare.
Le nuove di qua Vostra Signoria le vedrà dalla copia qui congiunta di una lettera che scrivo al signor ambasciatore Servient, e per quelle dell’assedio di Pavia non so che dirvi: l’impresa è grande, e perciò sto tra il timore e la speranza. Si prepara un gran soccorso d’infanteria, che cominciarà a passare li monti alla fine del corrente mese, e per quello tocca la sua persona et interessi, vedrà alla fine ch’io sono il più partiale servitore et amico ch’ella habbia. 36) AAE, MD, France 271, cc. 382-384. Fontainebleau, 16 ottobre 1655 Non mi è giunta improvisa la nuova della retirata che hanno
fatto i nostri dall’assedio di Pavia[75],
havendo sin da principio dubitato del buon esito di questa impresa, a
segno tale che io non desideravo altro, se non che cadesse questa risolutione
nell’animo de generali in tempo che se ne potesse riparare il danno. Mi
è però dispiacciuto più del primo errore che si fece in attaccare quella
piazza, il secondo di ostinarsi nell’espugnatione di essa contro tante
ragioni che si havevano in contrario, ma come ciò è derivato da un generoso
coraggio degli agressori, bisogna havere patienza, e contentarsi de i
progressi che si sono fatti in Catalogna et in Fiandra, essendo quasi
impossibile di havere la fortuna delle armi eguale in ogni parte, tanto
più che potiamo dire d’haver mancato di guadagnare, e non di haver perduto
in Italia, ma Vostra Signoria, che è quasi sul luogo, riesce il colpo
più grande di quello è in effetto, essendo le armi del Re in stato di
dare delle occupationi al governatore di Milano un’altra volta, e forsi
con migliore fortuna.
Io sono di ritorno di Fiandra, ove ho assicurati gl’acquisti
che vi habbiamo fatti, né sono partito prima d’havere provedute le piazze
di Condè et San Guislan di tutte quelle cose che sono necessarie alla
loro diffesa, facendo di già a bastanza conoscere alli Spagnoli [l’] importanza
di esse, e quanto al vivo sentano queste perdite, e quanto mal volentieri
le soffrino.
Io non ho saputo l’ordine che di qua haveva ottenuto il signor Besanzone[76] per procurarsi da cotesta Serenissima Republica la galera, di cui Vostra Signoria mi parla, e se ne fossi stato consapevole havrei fatto osservare le maniere che sono necessarie alle cortesie che si pretendono dalla Serenissima Republica, verso la quale non mancherò mai d’affetto nelle cose che la riguardano. 37) AAE, MD, France 271, cc. 443-444. Parigi, 17 dicembre 1655 Non so come il marchese Pallavicini possa havere resi mali offitii a Vostra Signoria[77], perchè è certo che qua non se li è mai nominata la sua persona; può ben essere che il conte di Brienne gl’accennasse all’hora qualche cosa delle difficoltà che haveva incontrate monsieur Plessis Besanzon, e che habbia creduto che queste relationi venghino da Vostra Signoria, poichè doppo qualche giorno si dolse che si rendessero questi mali offitii alla Republica, la quale (diceva egli) non havere mai dubitato di rendere gl’honori soliti ad un ambasciatore del Re, né essersi in ciò rincontrata difficoltà alcuna. Se si potesse parlare di questo negotio senza pregiudicare Vostra Signoria, si mostra[re]bbe il risentimento dovuto e col Pallavicini e con la Republica ancora della correttione che gl’è stata fatta, ma per buoni rispetti sarà bene di dissimulare, e fra tanto posso assicurarla che le cose che scriverà a me solo, non vi sarà chi possa penetrarle. 38) AAE, MD, France 273, cc. 19-20. Parigi, 14 gennaio 1656 La presa de tredici vascelli fatta dagl’Olandesi sarebbe
stata un’occasione molto buona per il disegno che ha il Re di rimettere
in stato una squadra di galere, e se qua ne fossero giunti a tempo gl’avvisi
si sarebbero dati gl’ordini in Provenza di comprare, se non tutti, almeno
la maggior parte degli schiavi. Io non credo che si sia più a tempo per
questo negotio, ma se per fortuna gl’Olandesi non ne havessero stabilito
il partito con altri, potrà Vostra Signoria avvisarne il Vescovo d’Oranges,
che vi applicherà, essendoseli di già mandati tutti gl’ordini necessarii.
Prego Vostra Signoria di stare vigilante in simili occasioni,
volendosi assolutamente ristabilire quest’armamento.
Altre volte sono state fatte propositioni da gentilhuomini genovesi di mettere galere in mare a proprie spese in servitio del Re, se hoggi vi fosse chi continuasse in questo disegno, s’intenderebbero volentieri le loro propositioni, e si farebbero buone conditioni, e per il mantenimento d’esse, e per il profitto del denaro che v’impiegassero. Credo che non ne mancheranno, perchè applicando a mettere in mare de vascelli, molto più volentieri armaranno le galere, che portano utile et honore in un istesso tempo. Con quest’occasione potrebbe insensibilmente introdurre una squadra delle nostre galere in cotesto porto, e la Republica non potrebbe negarlo, concedendo a Spagnoli di tenercene una continuamente. 39) AAE, MD, France 273, c. 58. S.Germain en Laye, 3 marzo 1656[78] Queste righe serviranno solo per accusare a Vostra Signoria la ricevuta delle sue lettere degl’ordinarii passati, e per dirle che in mano di monsieur della Ranoye di Lionne sono seimila lire che dovrà seguirne l’ordine di Vostra Signoria: queste le serviranno per un poco d’aiuto di costa, sinchè incontriamo qualche occasione proportionata al bisogno suo et al desiderio ch’io ho degl’avantaggi di Vostra Signoria. 40) AAE, MD, France 273, cc. 71-72. Parigi, 17 marzo 1656 Io m’accorgo che le parole ch’ha date sin’hora il prete
di Montaldè sono senza fondamento, e che non occorre sperare da lui più
di quello habbiamo presentemente circa la genealogia della mia Casa. Vorrei
però che si mettessero in sicuro quelle scritture che sono alla nostra
notitia et in particolare quella di cui le invio qui acclusa la copia.
Il signor Ambrosio Doria credo non vi farà difficoltà, essendo semplice quietanza, in luogo della quale duecento anni di prescrittione potendo mettere a coperto ogn’uno, oltre di che m’ha egli ultimamente dimostrato l’affetto e desiderio d’obligarmi, et io cercarò sempre di corrisponderli in ogni occasione. Quando egli si contenti che si levi dall’archivio di Montaldè sarà bene di traportarla in cotesto di Genova, e per levare in ogni tempo i dubbii che si potrebbero fare per una simile mutatione di un luogo ad un altro, sarà necessario, quando si leva da Montaldè, di fare un instrumento con le debite solennità, e rimettendola nell’archivio di Genova farne un altro per la ricognitione della medesima scrittura, e de i testimonii che furono presenti al primo. Prego Vostra Signoria di usare della sua solita diligenza in questo negotio che mi preme assai, e di attestare al signor Doria per mia parte un obligo particolare se permetterà a lei il modo di favorirmi nella maniera accennata, et in altra migliore, desiderando solamente che questa scrittura si conservi senza pericolo di perdersi, e che i posteri non possino dubitare della verità di essa. 41) AAE, MD, France 273, c. 97. Parigi, 14 aprile 1656 La copia che si è mandata a Vostra Signoria della scrittura che desidero dal signor Ambrosio Doria fa vedere per se medesima che non può egli negare d’haverla, mentre è legalizata da due notarii con la presenza di più testimonii, di mainera che o si scoprirà ch’essi hanno fatta una falsità, o che la scrittura si trova veramente nel castello di Montaldè, e che il signor Ambrosio non la vogli dare, e mi bastarà d’havere la certezza dell’uno e dell’altro; in caso poi che sia stata abbruggiata, mi contentarò d’haverne un certificato con più testimonii delli medesimi notarii che fecero il transunto[79]. 42) AAE, MD, France 273, c. 138. La Fère, 8 giugno 1656 Non solo accusai a Vostra Signoria la ricevuta del poema di Carlo Magno[80], ma quella collana ch’è stata presa al corriero di Lione, ch’era di valore di duecento doppie, io la mandavo al Benedetti mio agente per darla all’autore: la sua disgratia havrà causato quest’accidente, ma io procurerò che non resti defraudato dell’honore e dell’utile insieme di questo regalo, e questa perdita ci servirà d’avertimento per non mandare più cosa alcuna per il corriero. 43) AAE, MD, France 273, cc. 157-158. La Fère, 6 luglio 1656 Come il Soccini[81]
non haveva alcun carattere che lo facesse conoscere per dipendente di
questa Corona, ha bisognato prendere l’occasione dalla Gazzetta di Genova,
che afferma sia stata da Francesi portata la peste a Napoli, per parlare
in suo favore al gentilhuomo della Republica et invero suona male che
in Genova si permetta che si stampino menzogne in pregiuditio della Francia
in cose tanto delicate, nel medesimo tempo che non vi si può soffrire
un huomo affettionato al nome francese. Io credo che le doglianze che
si faranno unitamente di questi due capi giovaranno assai per la sua persona.
Havrà Vostra Signoria inteso per la via di Roma che il
Papa comincia a conoscere i spiriti inquieti e turbolenti del cardinale
di Retz, e pare che voglia dare sodisfattione al Re: se Sua Santità farà
questo passo così necessario alla buona intelligenza fra lei e Sua Maestà,
da questa parte sarà molto bene corrisposta, essendo sempre stata intentione
della Maestà Sua di caminare con il Papa in una vera e sincera amicitia.
Il nostro assedio di Valentienne camina con buona speranza, ma non senza quelle difficoltà che possono cagionare il popolo numeroso di una gran città, e la presenza di un essercito nemico trincerato contro le nostre circonvallationi, oltre l’innondatione di un fiume che ci ha obligati a fare une digue [82] ben fortificata di mille e ottocento passi di longhezza. L’impresa è grande e difficile, ma speriamo di condurla a buon fine. 44) AAE, MD, France 273, cc. 194-195. Compiègne, 31 agosto 1656 Anderanno per l’avenire senza ritardo i corrieri, essendosi di già dati gl’ordini necessarii, piaccia però a Dio che per il ben publico cedi la causa che gl’ha ritardati sin hora[83]. Non dubito che Vostra Signoria non habbi strepitato costì contro la falsa relatione stampata da Spagnoli circa il successo sotto Valentienne, perchè havendo ella sempre desiderato la prosperità delle nostre armi non havrà potuto soffrire che i Spagnoli a forza di bugie convertino a gloria loro il non perdere. Non è questo il primo segno ch’ha dato del suo zelo, né credo sarà l’ultimo, che mi oblighi a procurarle ogni sodisfattione dal Re, et a pregarle dal Cielo la pienezza d’ogni contento. 45) AAE, MD, France 273, cc. 217-218. Parigi, 13 ottobre 1656 Siamo di ritorno dalla campagna della quale mi pare potiamo
restare sodisfatti, nonostante il mal successo di Valentienne, poichè
questo è stato ricompensato per la presa di Valenza in Italia, et in Fiandra
habbiamo fatto acquisto della Cappella, habbiamo assicurato S.Guislain,
et alla fine siamo restati padroni della campagna.
Ho veduta la copia della fede che Vostra Signoria disegna
di far fare per prova dell’abbrugiamento seguito a Montaldè, ma questo
non è tutto quello ch’io desidero. Mandai già a Vostra Signoria la copia
della scrittura ritrovata nel detto luogo, della quale havrei voluto l’originale,
ma giacchè questo hoggidì non si può più havere, è necessario almeno che
i notarii che hanno fatto l’estratto autentico ch’io ho in mano della
detta scrittura, faccino hoggi un’attestatione d’haver dato il detto estratto
fedelmente collationato con l’originale, che presentemente si ritrovarà
in Montaldè quando non sia stato abbrugiato con le altre scritture.
Prego Vostra Signoria a mandarmi per il corriero delle semenze di tutte l’herbe o radici mangiative che producono di buono le terre di cotesto paese. 46) AAE, MD, France 273, c. 253. Parigi, 1 dicembre 1656 Ringratio Vostra Signoria de i semi che mi ha mandati,
et aspettarò la continuatione della sua cortesia, ma col nome e qualità,
di quelli che mi mandarà per l’avenire.
Vostra Signoria prende tanta parte ne miei interessi che non voglio lasciare di raguagliarla del matrimonio concluso tra il signor prencipe Eugenio di Savoia[84], figlio del già signor prencipe Tomaso, e mia nipote. Io ne resto sodisfatto non solo per le qualità di questo giovane prencipe, che dà grandi speranze di sé medesimo, ma per essere così strettamente congiunto al signor duca di Savoia, che si è compiaciuto di approvarlo con ogni sorte di benigna dimostratione. [53] Lazzaro Spinola, fu ambasciatore straordinario a Parigi dall’ottobre 1654 al marzo 1655. I suoi dispacci alla Repubblica sono in ASG, AS, 2185. [54] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 310-313, 27 gennaio 1655. Lazzaro Spinola fu mandato dalla Repubblica con il compito di trattare, tra l’altro, delle onoranze regie, affiancando in questo il Residente: ASG, AS, 2185. [55] Le onoranze regie furono concesse alla Repubblica il 17 gennaio 1655, proprio grazie allo Spinola. Cfr. ASG, AS, 2185, lettera di Lazzaro Spinola alla Repubblica, Parigi 24 gennaio 1655: « Domenica 17 di questo, secondo l’appuntamento che con l’ultima mia avvisai Vostra Signoria Serenissima m’haveva dato Sua maestà, fui alla sua udienza nella quale per gratia di Dio furon fatte all’ambasciatore di Vostra Signoria Serenissima l’honoranze che i loro meriti è un pezzo che richiedevano [...]. Onde restano per gratia di Dio Vostre Signorie Serenissime nel possesso di essere trattate come teste coronate [...]. Le congratulazioni che da molti di questi cavaglieri mi sono state fatte di havere a favore della Repubblica Serenissima ottenuto le rehie honoranze, le quali ringratio Dio nostro Signore che sisii contentato di farle havere a Vostra Signoria Serenissima in tempo di questa mia missione ». [56] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 306-309. [57] Robert Blake (1599-1657) che si trovava in quel periodo nel Mediterrano per affermare la potenza navale dell’Inghilterra di Cromwell. [58] I Gio Battista Centurione sono parecchi a Genova in questi anni e tra questi c’è anche un nipote di Giannettino, che potrebbe benissimo essere la persona indicata da Mazzarino. Anche se sicuramente repubblichista e tendenzialmente filofrancese, escluderei, per la sua posizione eminente in Genova, che possa trattarsi di Gio Battista, figlio di Giorgio e padre di Ippolito, che nel 1658 sarebbe stato eletto Doge. [59] Giannettino accusa la ricevuta di questa lettera il 9 marzo 1655. Cfr. AAE, CP, Genes 9, cc. 335-337, 9 marzo 1655. [60] Giacinto Serroni, domenicano, vescovo d’Orange dal 1647 al 1667, amico di Mazzarino. Cfr. Pillorget, p. 83 [61] L’iscrizione nel Libro della Nobiltà venne comunicata ufficialmente al Mazzarino da Giannettino Giustiniani con la lettera del 13 febbraio 1655 (l’originale è in AAE, CP, Gênes 9, cc. 322-323, ma la minuta è conservata in ASC, ms 049). In via confidenziale il Giustiniani l’aveva già comunicato l’11 febbraio (AAE, CP, Gênes 9, c. 320). [62] Silvestro Arnolfini, della nota famiglia di mercanti lucchesi, era figlio di Attilio e di Caterina di Ferrante Sbarra. Vedi G. Miani in DBI, alla voce dedicata al nonno di Silvestro. [63] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 324-327, 16 febbraio 1655. [64] Mazzarino scrisse infatti il 5 marzo 1655: « È singolare e da me stimatissimo l’honore che mi vien fatto da codesta Serenissima Repubblica co l’aggregarmi alla sua Nobiltà, e l’impulso spontaneo della mera benignità sua con il quale ne l’hanno compartito, accresce in me quella soddisfazione che io sento in vedermi figlio per adottione d’una così illustre madre, verso la quale per un certo istinto naturale di sangue hereditato da miei antenati, ho conservato sempre affetto e stima particolare, mi chiamo per tanto al maggior segno obligato a Vostra Serenità et a tutti cotesti eccellentissimi ed illustrissimi Signori che sono concorsi con tanta pienezza de voti a favorirmi, e non potendo rendere loro quelle grattie che vorrei, lascierò che cotesto nobilissimo corpo di cui hoggi sono parte ancor io, argomenti della sua propria generosità la mia gratitudine, e consideri qual sia per essere nell’avvenire la mia prontezza in servire la Serenissima Repubblica, poichè quella che per l’adietro era inclinatione hoggi è divenuto obligo et interesse proprio, con che a Vostra Serenità et eccellenze loro illustrissimi bacio affettuosamente le mani » (ASG, AS, 676). [65] Giannettino aveva espresso questa convinzione nella sua lettera del 23 febbraio. Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 330-331, 23 febbraio 1655. [66] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 351-352, 7 aprile 1655. [67] Alfonso IV, figlio di Francesco I (1634-1662). Nel 1655 sposa Laura Martinozzi, figlia di Margherita Martinozzi, sorella di Mazzarino. Alla morte del padre, nel 1658, diviene duca di Modena. Cfr. ASM, CA, Genova, b. 6, Giannettino al duca di Modena, 9 luglio 1655: « La riverenza sempre portata da me a Vostra Altezza Serenissima dal dì che meritai di riverirla in questa città mi ha trattenuto sin’hora di manifestarle la mia allegrezza per il suo sposalitio, hora animato dalla serenissima principessa sua sposa che si è degnata, con la signora sua madre, conte e contessa di Novaglies e tutto il suo seguito, d’honorare il mio casino di Santa Margherita nel golfo di Rapallo, dove a cagione del vento contrario, ma favorevolissimo per me, si è trattenuta tre giorni ». [68] Anna Maria Martinozzi aveva sposato il principe di Contì, Armando di Borbone. [69] Anne conte e poi duca di Noailles, figlio di François, morto nel 1678 a Parigi. Dal 1646 era Duca, non Conte. [70] Luigi di Borbone, duca di Mercoeur, figlio del duca di Vendome, e quindi nipote naturale di Enrico IV, morì nel 1668. Nel 1648 sposò Laura Vittoria Mancini, nipote di Mazzarino. [71] Vedi AAE, CP, Genes 9, cc. 376-380, Giannettino a Mazzarino, 9 giugno 1655. [72] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 399-402 e cc. 403-406, 21 e 28 luglio 1655. [73] AAE, CP, Gênes 9, cc. 407-410, 4 agosto 1655. [74] Alessandro Spinola di Andrea (1589-1665), Doge dal 9 luglio 1654 al 9 ottobre 1656. [75] AAE, CP, Genes 9, c. 446-447, 20 ottobre 1655: « se il duca di Vandome veniva a combattere in questo mare di Genova l’armata di Spagna come l’havevo essortato et havevamo concertato, Pavia non restava spagnola. Ma non ha pottuto ». [76] Bernardo Plessis-Besançon (1600-1670), maresciallo di Francia. Cfr. AAE, CP, Genes 9, c. 438, Plessis Besanzon a Mazzarino, Genova 12 ottobre 1655; AAE, CP, Genes 9, cc. 444-445, 13 ottobre 1655; AAE, CP, Genes 9, cc. 439-442, Discorso dell’Eccellentissimo signor di Plessis Bisanzone ambasciatore per Sua Maestà Christianissima alla Serenissima Republica di Venetia fatto nel suo passaggio alla Serenissima di Genova per ordine della sudeta Maestà (incipit: “Havendomi il Re mio...”). [77] Cfr. la lettera di Giannettino del 21 novembre 1655 (AAE, CP, Gênes 9, cc. 459-460). [78] Giannettino accusa ricevuta di questa lettera il 29 aprile (cfr. AAE, CP, Genes 9, cc. 502-503, 29 aprile 1656), ma informa Mazzarino che il signor Ranoye nega di aver mai ricevuto un simile ordine. Pochi giorni dopo però il signor de La Ranoye riceve l’ordine di pagare il genovese. Cfr. AAE, CP, Genes 9, cc. 504-505, 26 aprile 1656. [79] Il documento di cui parla Mazzarino andò distrutto durante i disordini dell’ottobre 1654, quando le truppe del maresciallo Grancey entrarono nei territori della Repubblica. Cfr. lettera di Mazzarino a Giannettino, Parigi 5 maggio 1656, in Ricci, p. 184. [80] Si tratta del poema Carlo Magno o sia La Chiesa vendicata, di Geronimo Garopoli, accademico e poeta calabrese, pubblicato a Roma nel 1655 e poi nel 1660. Giannettino cita lo scrittore diverse volte: AAE, CP, Genes 9, cc. 144-146, cc. 165-166, cc. 167-170, cc. 178-180, cc. 197-198, cc. 451-454, cc. 481-483, cc. 517-520, rispettivamente del 7 ottobre, 12 e 19 novembre, 17 dicembre 1653, 17 marzo 1654, 3 novembre 1655, 9 febbraio 1656, 31 maggio 1656. Sul Garopoli vedi L. Spera in DBI. [81] Pier Antonio Socini, gazzettiere di Torino. Nel 1655, costretto a lasciare Torino, fu a Genova, dove venne iscritto nel registro degli Inquisitori per certe sue lettere sequestrate a Felice Asplanati, altro novellista sospetto ed inquisito. Un magistrato scrisse di lui: « S’intende da buona parte essere intrinseco del magnifico Giannettino Giustiniani » (Neri, pp. 49-61). Felice Asplanati era agente francese (sue lettere a Richelieu in AAE, CP, Gênes 2), per nulla amato da Giannettino che lo indicava come uomo di pessima fama e di loschi traffici (AAE, CP, Gênes 7, c. 381-385, Genova, 23 novembre 1649) e soprattutto, come aveva scritto il 13 settembre 1650 (AAE, CP, Gênes 7, c. 381-385) come « spia doppia di professione, sfacciato, temerario, et che non studia se non d’insinuarsi per mezzi indiretti nelle corti per tradire. Costui ha fisse corrispondenze con i più mal’intentionati della Francia, e niuno più di lui è seminatore in Italia et appresso gli Spagnoli delle bugie che si publicano da seditiosi contro la Reggenza in Parigi ». Il 24 dicembre 1652 Giannettino ne comunicava la morte, strozzato – diceva – per ordine di Madama Cristina (AAE, CP, Gênes 8, cc. 43-45). [82] In francese nel testo [83] Cfr. AAE, CP, Gênes 9, cc. 537-539, 26 luglio 1656. [84] Eugenio Maurizio di Savoia, figlio di Tommaso (1633-1673). Il 2 febbraio 1657 sposò Olimpia Mancini, nipote di Mazzarino. |
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