Introduzione: 1, 2, 3

Nonna Romola e la sua famiglia





Aveva settant'anni Romola Gallo quando, una sera d'autunno del 1953, all'improvviso, con un colpo di tosse, morì nel suo letto.
Originaria di Finalborgo (dove ancora si può ammirare il palazzetto di famiglia) era figlia di un Filippo Vico di cui si ricorda soprattutto che aveva puntato (e perso) un buon patrimonio sul successo di non so quali innovative eliche marine. Ventenne, Romola aveva sposato l'avvocato genovese Luigi Gallo, detto Didot, dotato di una bella biblioteca (perduta nei bombardamenti di Recco), di buone rendite e di una solida vocazione socialista. La famiglia Gallo, di cui, sposando Didot, Romola era entrata a far parte, apparteneva alla borghesia genovese delle professioni - medici, ma soprattutto avvocati - e merita qualche cenno, se non altro perché la perdita pressochè assoluta, in parte dovuta a incuria, in parte alle vicende belliche, di un patrimonio documentario che in origine doveva essere cospicuo e di cui il quaderno che qui si pubblica è in pratica tutto quel che resta, minaccia di cancellarne il ricordo perfino in chi oggi ne porta il nome.
Benché appartenesse ad una "famiglia all'antica" di opinioni notoriamente reazionarie, il marito di Romola si era iscritto da giovane al Partito Socialista, schierandosi con i riformisti turatiani. Nonostante la giovane età gli erano stati affidati incarichi politici e amministrativi di qualche prestigio. Convinto pacifista, nel 1915, a trentasette anni, all'entrata in guerra dell'Italia, partì volontario per il fronte isontino. Né neutralista né interventista - lo dirà "Il Lavoro" con una bella battuta - ma intervenuto. Luigi cercò di giustificare politicamente il suo gesto con una lettera ai compagni della Sezione ("verrei meno ad un supremo dovere se non aprissi ai compagni intero l'animo mio..."), il che però non gli evitò l'espulsione dal Partito. Dal fronte tornò presto per ragioni di salute (la buona salute non era tra le virtù dei Gallo: il padre di Luigi, Carlo, era morto a quarant'anni; lui non superò i cinquanta). Nelle elezioni politiche del 1919 si presentò candidato nella lista del Partito del Lavoro di Calda e Canepa - singolare formazione che esprimeva tutte le peculiarità (non sempre virtuose) che hanno reso il riformismo genovese così diverso da quello del resto d'Italia - figurando, in ordine alfabetico, tra il dotto Ubaldo Formentini e l'avventuroso Capitan Giulietti. Il 27 ottobre "Il Lavoro" pubblicava la sua biografia, che si può presumere redatta dallo stesso Luigi (o per lo meno su informazioni fornite da lui) e che è ormai la sola fonte sicura da cui partire per ricostruire la sua vicenda politica, professionale e umana.
Il padre di Luigi, Carlo, è il letterato della famiglia. Amante della montagna dove - anche per ragioni di salute - soggiornava di frequente, era membro autorevole del Club Alpino Italiano. Le sue osservazioni di intelligente escursionista e di facoltoso viaggiatore (note di taccuino, le chiamava, lavorucci scritti nelle vacanze), raccolte in due bei libri illustrati pubblicati a metà degli anni Ottanta, meritano ancora di esser lette e gustate.[1] Carlo aveva sposato Teresa, figlia di Giuseppe Elia, un medico molto noto a Genova.[2] Il medico Elia aveva avuto la ventura di curare Garibaldi mentre era di passaggio a Genova e ne aveva ricevuto, in segno di riconoscenza, una bella foto con dedica, che è una delle poche cose (a parte un po' di mobilia) che ancora si conservano di quei tempi. Forse per questo suo incontro con Garibaldi Giuseppe Elia è considerato il capostipite del ramo - diciamo così - "risorgimentale", laico e liberale, della famiglia, laddove il ramo "paolotto" piglia origine ed esempio dal consuocero di Giuseppe, Luigi Gallo il vecchio, docente di diritto all'Università, che - dice la leggenda familiare - quando i bersaglieri entrarono a Roma avrebbe abbandondonato in segno di protesta la cattedra.
In realtà Luigi Gallo nel 1870 era dottore aggregato (e non professore) della facoltà di giurisprudenza e non si allontanò affatto dall'Università dopo la breccia di Porta Pia. Al contrario, ottenne il primo incarico di insegnamento solo qualche anno più tardi, nel 1875-76. [3] Che fosse un acceso clericale è invece verissimo, come si deduce dalle sue pubblicazioni, tutte dedicate (salvo alcune comparse giudiziarie) a polemizzare con la "Progresseria" (come la chiamava) che (a suo dire) voleva "scattolicizzare" l'Italia.[4] Clericale voleva dire all'epoca, tra le altre cose, antisemita. Uno degli opuscoli di Luigi era diretto contro un certo cav. Segre nominato Regio Deputato al Comune di Genova dopo lo scioglimento del consiglio comunale nel giugno del 1877. Nomina inammissibile secondo Luigi: "Non credo il Segre né uno sciocco né un farabutto," - scriveva. - "Lo credo un Ebreo..." E tanto - cattolicamente - a lui bastava.[5]
Al "garibaldino" Giuseppe, consuocero di Luigi, si deve la costruzione della bella Villa Elia di Recco, sopravvissuta ai bombardamenti e rimasta sino alle inevitabili lottizzazioni e ristrutturazioni, la casa comune di una famiglia in crescita esponenziale. Qui, in estate, Teresa (la nonna grossa era detta, per distinguerla da Romola, sua nuora) e Romola, rimaste entrambe prematuramente vedove, raccoglievano intorno a sé figli, nipoti e pronipoti (e Barbino, secondo marito di Teresa, personaggio, nella memoria familiare, stinto e quasi inesistente, forse anche per certa arcaica avversione ai matrimoni delle vedove) in prolungate, leggendarie villeggiature, tradizionalmente concluse da Romola col pranzo del 13 ottobre, suo giorno onomastico, a base di trofie e lumache.
Tra il 1905 e il 1917 dal matrimonio di Romola e Luigi erano nati in rapida successione Carla, Teresa, Anna, Carlo, Alda detta Puppa e Giuseppe detto Pippo, tutti, salvo Anna e Puppa, sposati e con figli. E oggi che i figli dei figli han fatto a loro volta figli, i membri della famiglia non si contano più (e talvolta non si conoscono nemmeno). Da Carla (sposata con Guido Clerici) è nata (tra gli altri) Luisa, mia moglie, rimasta per lungo tempo unica nipote femmina e perciò viziatissima dalla nonna Romola. Puppa è quella che ha conservato, insieme a poche altre memorie di famiglia, il quaderno che è oggetto di questa edizione, affidandolo alla fine a Luisa, che ne ha fatto buon uso sperimentando e aggiornando diverse ricette. Pippo, medico, ha sposato nel '43, quando era ancora sotto le armi, Marcella Ansaldo, una cui ricetta figura nel quaderno di Romola e che, alla testa di uno sterminato popolo di nipoti, è diventata a sua volta una leggenda nel mondo delle virtù domestiche. Oggi il nome Romola, sotto la copertura di un più familiare Chicca, si conserva in una figlia di Carlo (e di Lisetta Rossi), figlioccia di Luisa, per un po' di tempo mia allieva, autrice di qualche buon lavoro di storia e bravissima cuoca.
Tra le persone di famiglia nominate nel quaderno di Romola vanno ricordate una cugina di Teresa Elia, Lucia Elia Cocconcelli, figlia del barba Cin - fratello del medico Giuseppe - e soprattutto la Scià Coletta, ossia Nicoletta Ansaldo (stesso cognome, ma nessuna parentela diretta con Marcella, moglie di Pippo), che era amica di Teresa e che, ospite fissa nella villa di Recco, era stata di fatto aggregata alla famiglia (a cui infatti destinò, alla morte, un generoso lascito). Di Maria Bisso e Lina Casella, domestiche di Romola, dirò più avanti. Di altri personaggi nominati nel quaderno - Ersilia Corsini, Teresa Marconi Tirelli, Lena Paganini, il conte Bonicelli - so poco o nulla e, per pura pigrizia, non ho cercato di saperne di più. Non dispero tuttavia di trovare tra i lettori qualcuno - erede? discendente? cultore di microstorie? - meglio informato di me, interessato alla vita di una generazione ormai lontana nel tempo e nei costumi e disposto a mettere in comune in questo sito le sue conoscenze.





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[1] In Valsesia. Note di taccuino, Torino, F.Casanova libraio-editore, 1884 e Attraverso alla Svizzera (Da Chiasso a Sciaffusa). Note di taccuino, Genova, Tipografia del R.Istituto sordo-muti, 1886. Il primo volume, dedicato ad Antonio Carestia e Pietro Calderini, "naturalisti esimi, onore di Valsesia", ebbe una seconda edizione "con aggiunte ed itinerari" nel 1892, riprodotta anastaticamente nel 1973 dalle Edizioni Palmiro Corradini di Borgosesia. Il secondo, corredato di belle vedute di J. Weber, è dedicato al padre Luigi e alla madre, Maria Bertone; è in questa dedica che compare la dizione "lavoruccio scritto nelle vacanze". Pare che in gioventù Carlo si fosse dilettato (sotto pseudonimo) a scrivere e pubblicare romanzi popolari nel gusto della "buona stampa" cattolica. A detta di un pronipote, sarebbe suo l'Adolfo Nelli. Racconto, pubblicato nel 1872 a Padova, come estratto del "Giornale di Padova" e sotto il nome di Carlo Rusticini, dalla Tipografia F. Sacchetto. A render plausibile l'attribuzione c'è, tra l'altro, il fatto che l'azione comincia e in buona parte si svolge proprio nell'Alta Valsesia.

[2] Quando morì la cittadinanza riconoscente gli dedicò a Staglieno un busto in bronzo, che però qualcuno, in tempi più recenti, si è portato via. Resta il basamento con la dedica.

[3] Non so poi, ma almeno all'inizio Luigi Gallo insegnò Procedura civile e Ordinamento giudiziario e non Diritto canonico come vorrebbe la leggenda. Del corso tenuto nel 1876-77, si conserva ancora all'Archivio di Stato di Genova, Fondo Università, n. 1495, il registro delle lezioni. Cfr. L'archivio storico dell'Università di Genova, a cura di Rodolfo Savelli, "Atti della Società Ligure di Storia Patria", n.s., vol XXXIII (CVII), Genova, 1993 (dove si trovano diverse indicazioni che interessano altri membri della famiglia, come l'avvocato Carlo Gallo, figlio di Luigi e il medico Giuseppe Elia, suocero di Carlo) e gli Annuari dell'Università dall'anno accademico 1864-65 al 1875-76.

[4] I titoli principali: Il cav. Segre. L'insegnamento religioso nelle scuole. Le imminenti elezioni comunali e la necessità di accorrere alle urne, Genova, Tipografia della Gioventù, 1877; Sul compendio dei doveri e dei diritti del cittadino del prof. Girolamo Bagatta, Genova, Tipografia della Gioventù, 1878; Non vera onestà senza religione, con appendice sul Collegio Negrone Durazzo, Genova, Tipografia della Gioventù, 1885; Sulle violazioni statutarie fatte commettere a S.M. il Re d'Italia nel 1888 dai ministri della P.I. Coppino e Boselli, Genova, Tipografia della Gioventù, 1888.

[5] Bersaglio preferito di Luigi era in ogni caso il noto Jacopo Virgilio che aveva osato proporre niente meno che l'abolizione dell'insegnamento religioso nelle scuole comunali. Tra le famiglie Gallo e Virgilio, in forza della comune appartenenza al notabilato borghese, finì poi per stabilirsi una buona amicizia.


Romola Gallo

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