Laura Malfatto, La biblioteca di Anton Giulio Brignole Sale. Schede descrittive

Laura Malfatto

La biblioteca di Anton Giulio Brignole Sale





1. La ricostruzione della biblioteca di Anton Giulio Brignole Sale è almeno in parte possibile grazie alle diverse fonti che sono giunte fino a noi per un caso che è da considerarsi fortunato rispetto alla scarsità e alla difficile accessibilità della documentazione, che di solito caratterizzano le biblioteche appartenute a privati. Le fonti disponibili sono i volumi con annotazioni manoscritte conservati nel Fondo Brignole Sale, che oggi si trova presso la Sezione di Conservazione della Biblioteca Berio, l’inventario a noi pervenuto in un manoscritto autografo contenente appunti di vario genere, conservato anch’esso nel Fondo Brignole Sale della Sezione di Conservazione della Berio, le annotazioni contabili dei registri del Fondo Brignole Sale presso l’Archivio Storico del Comune di Genova. La conoscenza di almeno una parte dei libri che Anton Giulio aveva nella sua biblioteca e delle opere e degli autori da lui frequentati costituisce sicuramente un ulteriore elemento utile per l’approfondimento della sua personalità, della sua formazione culturale, dei suoi interessi e, naturalmente, della sua opera letteraria. I risultati della ricerca possono costituire inoltre un contributo per la ricostruzione della storia della lettura a Genova.[1] Va tenuto tuttavia presente che i risultati di questa ricerca non possono essere estesi in modo indiscriminato e acritico ad altri membri della classe dirigente genovese della prima metà del Seicento, in quanto si riferiscono a una personalità di eccezione – letterato, uomo politico e infine predicatore gesuita –, appartenente a una famiglia di notevole prestigio non solo politico ma anche culturale.
Inoltre, l’esistenza, presso una famiglia del patriziato genovese, di una biblioteca come quella dei Brignole Sale, ricca di oltre 20.000 volumi al tempo dell’Alizeri, che la descrive negli anni immediatamente successivi alla donazione avvenuta nel 1874 [2] – e pervenuta fino a noi in una parte considerevole, stimabile intorno ai 15.000 volumi – dovrebbe contribuire a sfatare il luogo comune che descrive Genova come una città aliena agli studi e alla cultura, pregiudizio molto diffuso, come è noto, tra i viaggiatori stranieri. [3] Si tratta di un giudizio che gli stessi genovesi condividevano, se Angelo Ingegneri nel 1604 scriveva a Giovanni Vincenzo Imperiale nella dedica della Pastorale detta Danza di Venere: « Ma niuna novità o mutatione ho vedut’io più volentieri, né con maggior diletto, di questa: che così agiata nobiltà, altre volte rivolta, dopo ‘l governo politico, solamente al negotio, si sia hora eccitata; e nel colmo dell’oro e nel mezzo delle delicie dia alcuna fiata luoco alle belle lettere, facendo in esse quel profitto che punto non disconviene alla chiarezza del suo nascimento, all’honestà dell’educatione, ned alla benignità di così soave e temperato clima ».[4] Proprio in quegli stessi anni Gio. Francesco Brignole, padre di Anton Giulio, si dedicava in modo assiduo ad acquistare libri anche in città lontane come Parigi o Venezia, più che raddoppiando in poco tempo, come risulta dai registri contabili, il valore dei libri da lui posseduti: il « conto dei libri » da L. 5.812 nel 1611 sale a L. 9.012.5 nel 1619 e a L. 11.571.3 nel 1628 con un forte incremento (pari al 55%) nei primi otto anni.[5]
L’indagine sulla biblioteca di Anton Giulio supera pertanto l’interesse per il personaggio specifico e consente di entrare nel mondo culturale di una delle famiglie patrizie genovesi appartenenti a un ristretto entourage dallo stato sociale paragonabile a quello di una corte principesca, addirittura all’inizio del Seicento, vale a dire più di un secolo prima del periodo in cui si comincia a disporre di notizie più dettagliate sulle biblioteche genovesi sia di istituzioni ecclesiastiche (Missionari Urbani, Operai Evangelici, Collegio Gesuitico) che di privati (Giacomo Filippo Durazzo, abate Berio, Giacomo Gentile, Carlo Cambiaso, Carlo Leopoldo Doria, per ricordarne solo alcune).[6]


2. Passiamo all’esame delle fonti a disposizione. Prima di tutto prendiamo in considerazione i volumi conservati nel Fondo Brignole Sale presso la Sezione di Conservazione della Biblioteca Berio. I libri, infatti, possono recare tracce della loro storia, dei passaggi di proprietà, dell’uso cui sono stati sottoposti. Va tenuto presente che il patrimonio librario che oggi costituisce il Fondo Brignole Sale conservato presso la Biblioteca Berio è quanto resta, dopo le distruzioni belliche, della Biblioteca Brignole Sale De Ferrari, che la Duchessa di Galliera lasciò al Comune di Genova nel 1874 insieme con il Palazzo Rosso di Strada Nuova.[7] L’incendio del Palazzo Rosso, causato dal bombardamento del 22 e 23 ottobre 1942, colpì duramente le collezioni librarie che solo in minima parte erano state collocate altrove. Parte dei volumi andò distrutta completamente, altri ebbero gravi danni alle legature e ai fogli di guardia, provocati non solo dal fuoco ma anche dall’acqua usata per spegnere l’incendio. Proprio queste sono le parti del volume che più spesso presentano elementi utili a ricostruirne le vicende (cartellini, ex-libris, note manoscritte ecc.). Occorre inoltre tenere presente che la stessa biblioteca donata al Comune dalla famiglia, come gli altri beni mobili conservati nel Palazzo, era frutto di passaggi ereditari, acquisti e alienazioni e anche di eliminazioni di materiale deteriorato o ritenuto inservibile, vicende in gran parte ancora da ricostruire. In base a queste considerazioni è evidente che nell’attuale Fondo Brignole Sale si può rintracciare solo una parte dei volumi costituenti la biblioteca di Anton Giulio Brignole Sale.
Tra le annotazioni manoscritte presenti sui volumi del Fondo Brignole Sale ben poche, purtroppo, risalgono ad Anton Giulio. In parte probabilmente esse andarono perdute con il rifacimento della legatura che comporta l’eliminazione dei fogli di guardia appartenenti alla legatura precedente.[8] Infatti, parte dei volumi del Cinquecento e del Seicento, che, in base ai riscontri effettuati sui libri contabili e sull’inventario, risultano aver fatto parte della biblioteca di Anton Giulio, hanno legature di robusta fattura, dal colore sobrio, con il dorso decorato da fregi dorati, in mezza pelle e carta decorata. Esse, come attestato dai « Libri di spese di casa », furono commissionate da Antonio Brignole Sale, padre di Maria, Duchessa di Galliera, tra il 1830 e il 1863 a legatori di fiducia. Fornitori abituali erano Giovanni Villa e Sebastiano Bruzzo.[9] Questo rinnovamento della veste esteriore dei libri, che obbediva a ragioni di decoro e di prestigio, simili a quelle che portarono alla riaffrescatura delle stanze del Palazzo Rosso in occasione dell’VIII Riunione degli Scienziati Italiani del 1846, ha senz’altro eliminato elementi documentari utili per ricostruire la storia della biblioteca.


3.Un altro importante nucleo di testimonianze proviene dai libri contabili di famiglia. La serie, conservata nel Fondo Brignole Sale presso l’Archivio Storico del Comune di Genova e costituita da circa cento libri contabili, manuali e cartolari, compresi tra il 1514 e il 1782, rappresenta una preziosa fonte di informazione sulla gestione economica della casa Brignole Sale. Nei registri, accanto a tutte le altre spese relative alla conduzione delle aziende familiari e agli acquisti dei beni più diversi, da quelli di lusso, come gioielli, dipinti, stoffe preziose,[10] a quelli di consumo quotidiano, come le derrate per l’alimentazione, sono annotate le spese per acquistare libri.
Le annotazioni dei registri contabili sono molto utili per ricostruire la consistenza e le vicende della biblioteca, in quanto possono fornire elementi sulle opere che ne facevano parte, sulla provenienza dei volumi e sulla gestione economica. Sono stati presi in considerazione, prima di tutto, i libri contabili intestati ad Anton Giulio, la cui serie, dal 1637 al 1662, tuttavia, è lacunosa. Inoltre, poiché, come risulta dagli stessi libri contabili, Anton Giulio ereditò la biblioteca paterna, l’indagine è stata estesa ai registri di Gio. Francesco, che si sono rivelati utili per la ricerca, perché riportano alcune annotazioni relative in modo specifico ad Anton Giulio. Sono risultate particolarmente interessanti quelle risalenti agli anni 1627 - 1631, in quanto, come vedremo, corrispondono alla redazione dell’inventario manoscritto e quindi attestano un interesse concreto del Nostro per i libri, intesi anche come bene da possedere e amministrare. I pagamenti avvenivano mediante Colombano Campi, amministratore di Gio. Francesco, e Gio. Lorenzo Vigeivi (o Vigevi) che risulta intermediario in molte occasioni, anche per acquisti di dipinti.[11] Tra i fornitori genovesi risultano spesso indicati i librai Murchio, Antonio Orero e Stefano Moronese.[12]
Di solito l’annotazione relativa all’acquisto di libri è generica: accanto all’importo speso complessivamente e all’eventuale fornitore è citato soltanto un riferimento a « libri diversi » e si rimanda a una lista nella maggior parte dei casi andata perduta o, comunque, allo stato attuale delle ricerche non rintracciata; in altri casi, meno frequenti, sono date indicazioni più precise: titolo e/o autore, talvolta anche il formato e il prezzo specifico dell’opera; talvolta compare l’annotazione « sciolto » o « legato », che si riferisce alla presenza o meno della legatura, per lo più eseguita su commissione dell’acquirente e, se di particolare pregio, personalizzata con emblemi o motti. In alcuni casi sono registrati veri e propri elenchi delle opere acquistate, che indicano, oltre al prezzo, l’autore, il titolo, il formato e anche il luogo di stampa e il numero dei volumi.
Se si considerano nel complesso le somme spese per i libri annotate nei libri contabili della famiglia Brignole Sale, risulta che nel settembre del 1611 il conto dei libri ammonta a L. 5.812, che salgono nel 1612 a L. 6.119.16.6.[13] Su un importo di L. 294.244.7.8, annotato a chiusura del registro il 1° marzo 1612, le spese per i libri equivalgono a poco più del 2% del totale. Le spese per argenti nello stesso periodo sono di L. 26.086, più di quattro volte la spesa dei libri, e quelle per suppellettili varie sono di L. 46.863.6.6, più di sette volte. Nel 1619 [14] il conto dei libri sale a L. 9.012.5. Nel 1627 la somma spesa complessivamente per acquistare libri ammonta a L. 11.571.3 [15] e al 30 dicembre 1634 a L. 12.351.9.9.[16] Il valore complessivo della biblioteca lasciata in eredità da Gio Francesco ad Anton Giulio nel 1637 è di L. 12.351.9.9.[17] Nel 1643 risultano acquistati libri per un importo di L. 111.1.[18] Nel 1653 il conto dei libri ammonta a L. 12.463.0.9 [19] e nel 1662 alla morte di Anton Giulio a L. 12.519.8.9.[20] In corrispondenza delle suddivisioni ereditarie nei registri contabili sono indicati inventari di libri, che sarebbero preziosi per la ricostruzione della biblioteca della famiglia Brignole, ma che, purtroppo, finora non sono stati ritrovati.
Il conto dei libri comprende, oltre al costo vero e proprio dei volumi, altri costi accessori. Prima di tutto quelli per la legatura. I volumi con annotazioni risalenti ad Anton Giulio sono prevalentemente rilegati in pergamena molle e recano manoscritti sul dorso il titolo e l’autore dell’opera. Alcuni volumi sono rilegati in piena pelle con impressioni dorate sul dorso. Sono legature sobrie, robuste, ornate da pochi decori, prive di fregi personalizzati. Per quanto riguarda la biblioteca in generale – e non in riferimento soltanto ai libri posseduti da Anton Giulio – nei libri di conti sono annotate somme spese per la rilegatura dei volumi presso librai e legatori genovesi: Battista Pagano (tra il 1620 e il 1625), al quale nel 1625 venne fornito un numero non precisato di « pezzi ... di ferro per dorare » per un valore di L. 31.7.6,[21] e la bottega degli eredi del libraio Antonio Orero, già ricordato;[22] a questi si aggiunge Stefano Moronese, che nel 1629 vende libri per L. 44 e nel 1632 esegue semplici legature in cartone al prezzo di L. 22.19.[23] In qualche occasione i volumi, acquistati fuori Genova, vennero fatti rilegare nella città di provenienza. Così furono rilegati in pelle direttamente a Parigi i volumi là acquistati nel 1609 e nel 1611 da Gio. Francesco Brignole mediante intermediari di fiducia (Camillo Guidi, ambasciatore residente per il Granduca di Toscana dal 1607 e il 1610, e Scipione Ammirato, dapprima segretario del Guidi e poi, dal 1610, ambasciatore reggente del Granduca).[24] Questo, tuttavia, non era l’uso più frequente. Di solito i libri erano acquistati sciolti e trasportati senza legatura. In questo modo il carico era meno pesante e ingombrante e si evitava di esporre legature costose e fragili ai danni che si verificavano frequenti durante il trasporto via mare o via terra. La legatura era poi commissionata ad artigiani specializzati che la eseguivano secondo il gusto e le disponibilità economiche del cliente. Le legature delle famiglie patrizie erano spesso personalizzate con l’arma di famiglia o motti. Nella biblioteca Brignole Sale quest’uso si affermò soltanto nel Settecento. All’epoca di Gio. Francesco e di Anton Giulio le decorazioni dei piatti o dei dorsi sono limitate a fregi o filetti dorati. Soltanto in qualche caso si ritrova il nome di Gio. Francesco impresso a caldo sul dorso in pelle. Il confronto cronologico tra le commissioni di rilegatura parigine e quelle genovesi (1609-1611 e dopo il 1620) e la nota risalente al 2 gennaio 1620 secondo la quale i libri acquistati fino ad allora « sono la piu parte venuti da Parigi e legati qui »[25] inducono a ritenere che dopo l’esperienza parigina, forse negativa per il prezzo e per il risultato finale, i Brignole abbiano scelto di rilegare i libri a Genova presso legatori locali.
Un altro fattore di costo, nel caso di libri acquistati fuori Genova, era il trasporto. Le spese di trasporto comprendevano imballaggio ed eventuale reimballaggio della merce in caso di incidente e il pagamento di gabelle e pedaggi. Una volta arrivati a destinazione, i libri dovevano essere sistemati. Occorreva pertanto un arredo adatto allo scopo. Dall’inventario dei « paramenti da stanza eletti et altri arnesi di più sorte » redatto al momento della morte avvenuta il 5 marzo 1605 risulta che Antonio, padre di Gio. Francesco e nonno di Anton Giulio, aveva due armadi per libri, di cui uno poi trasformato in armadio « da arme ».[26] Qualche anno dopo, nel 1609, in occasione di un incremento cospicuo del patrimonio librario in seguito agli acquisti già ricordati effettuati a Parigi (243 opere in tutto), Gio. Francesco comprò per L. 502.3 un « armario grande o sie di quattro insieme per reporre essi libri fasciato di noce ».[27] Anton Giulio a sua volta disponeva di due armadi in tre corpi ciascuno, quindi diversi da quello comprato dal padre, suddivisi in ripiani.[28] Un’altra spesa che faceva parte della gestione di una biblioteca familiare era la redazione di un inventario. Nel 1620 è annotata l’intenzione di fare « un inventario » dei libri, che non ci è noto se venisse poi compilato.[29] Ad Anton Giulio risale il lungo inventario già ricordato, al quale tuttavia a tutt’oggi non risulta corrispondere un’annotazione di spesa nei libri contabili.


4. Veniamo quindi alla fonte più interessante per la nostra ricerca: l’inventario conservato alle cc. 140v-145r del manoscritto B.S.104.E.3 del Fondo Brignole Sale presso la Sezione di Conservazione della Berio, indicato nel « Catalogo dei manoscritti e libri rari » del 1875 sotto il titolo di Estratti di autori vari. Nel corso del riordino del Fondo dopo il passaggio alla Sezione di Conservazione (1983) è stato riconosciuto come autografo di Anton Giulio.[30] Probabilmente era già stato notato dal Valle, che nella prefazione al Catalogo delle pubblicazioni relative al Risorgimento italiano della Biblioteca Brignole Sale De Ferrari pubblicato nel 1925 osserva che « Anton Giulio Brignole Sale possedeva già un discreto numero di volumi ».[31]
In base a vari elementi di datazione interni il manoscritto risulta risalire al periodo 1626 - 1640.[32] In particolare, la redazione del nucleo centrale dell’inventario va collocata intorno al 1629. L’inventario venne poi aggiornato, aggiungendo altre notazioni, per altro non numerose, presumibilmente fino al 1635. Una di queste è relativa alle Cartas di Antonio Perez, la cui spesa per l’acquisto è registrata in data 30 dicembre 1628.[33] La datazione proposta è confermata dall’assenza di opere edite successivamente al 1635. E’ particolarmente significativa l’assenza dell’Arte historica di Agostino Mascardi (Roma, Facciotti, 1636), dedicata a Gio. Francesco, all’epoca doge, che risulta acquistata l’8 agosto 1636 presso Antonio Orero al prezzo di L. 2.19.[34] Il Mascardi, infatti, in modo coerente con l’influenza da lui avuta sull’evoluzione morale e letteraria di Anton Giulio, è un autore presente nell’inventario con diverse opere.[35] Un altro importante elemento di datazione è fornito dalla data, 31 dicembre 1629, apposta su uno dei due elenchi di libri imprestati, trascritti nello stesso fascicolo che contiene l’inventario.[36] L’inventario pertanto fotografa, per così dire, lo stato della biblioteca di Anton Giulio, e quindi ne mette a fuoco indirettamente la personalità, nel periodo immediatamente precedente l’inizio della sua attività pubblica, sia politica che letteraria, e dà elementi di riferimento per la sua formazione culturale.
L’inventario è una fonte di particolare importanza per vari motivi: il numero delle opere elencate (480 in 570 volumi), la ricchezza informativa delle annotazioni (autori, titoli, formati; mancano il luogo di stampa e il tipografo oltre al prezzo), la tipologia stessa dell’inventario (un inventario topografico organizzato approssimativamente per materia). Esso consente pertanto di abbracciare con uno sguardo d’insieme la biblioteca di Anton Giulio, completando i dati contabili, nel complesso frammentari e dispersi in numerosi registri in mezzo a notazioni eterogenee.
Forniscono ulteriori informazioni i due elenchi di libri imprestati, già ricordati. Da essi risulta che Anton Giulio era solito prestare libri e tenere nota del prestito e dell’avvenuta restituzione. Nell’elenco ricorrono i nomi di persone legate da vincoli di parentela, come una delle due sorelle, Maddalena,[37] il marito di lei Giacomo Filippo Durazzo e il cugino Gio. Carlo Brignole, ma anche di altre, forse amici o conoscenti, come Francesco Goano,[38] Bartolomeo Imperiale,[39] Agostino Pinelli, Agostino Grimaldi, Paolo Serra, Filippo Spinola, e ancora l’amministratore della famiglia Brignole Colombano Campi, Federico Federici, Francesco Merello e Pietro Paolo Bombino.[40]
Uno studio più attento degli elenchi darebbe elementi per la ricostruzione di quella storia della lettura cui accennavo all’inizio. Da una scorsa, anche rapida, di essi emerge comunque che alcune opere vennero prestate più volte, segno di un interesse maggiore: ad esempio, una delle numerose edizioni delle opere di Seneca indicata come « Seneca morale », l’Historia de Hipolito y Aminta di Francisco de Quintana, I furori di Giovanni Battista Manzini, libri di commedie non sempre precisati, dizionari spagnoli.[41]


5. Vediamo più nel dettaglio la struttura dell’inventario. L’inventario fornisce i dati di 480 opere – per un totale di 570 volumi – appartenute ad Anton Giulio. Le opere sono indicate con sufficiente precisione: autore e/o titolo, formato e numero dei volumi nel caso di opere in più volumi. Come la maggior parte degli inventari dell’epoca, esso non dà indicazioni sull’edizione delle opere elencate (luogo di stampa, tipografo, data), rendendone più difficile l’identificazione con i volumi conservati nel Fondo, soprattutto per le opere e gli autori che sono stati pubblicati molte volte. Va tenuto conto infatti che i titoli sono trascritti in modo sintetico e talvolta approssimativo. Si tratta di un inventario topografico. Le opere sono elencate nell’ordine in cui sono collocate in due armadi, ognuno dei quali diviso in tre parti: « parte grande » al centro, circa il doppio di quelle laterali, « parte a banda destra » e « parte a banda sinistra ». Ogni armadio è ripartito in « scanzie », cioè ripiani o palchetti, cinque per la parte centrale e sei per le due parti laterali. Le « scanzie » sono contraddistinte da un numero ordinale (« prima », « seconda » ecc.). La distribuzione dei volumi negli armadi corrisponde a una suddivisione molto generica e approssimativa per materia. Anche se in molti casi, infatti, è possibile individuare la materia prevalente (ad es. la « scanzia quarta » della parte destra del primo armadio contiene libri scientifico-matematici, la « scanzia terza » della parte centrale del secondo armadio libri di carattere giuridico, le « scanzie quarta », « quinta » e « sesta » della parte sinistra del secondo armadio libri di argomento storico), tuttavia l’ordinamento dei volumi negli scaffali non corrisponde a un rigido schema classificatorio, ma sembra piuttosto seguire assonanze di titolo e associazioni di argomenti simili.
Scorriamo materialmente l’elenco delle opere e idealmente le scanzie degli armadi. Nel primo armadio troviamo opere di autori antichi e moderni, prevalentemente profane e in gran parte di argomento letterario: opere di linguistica e grammatica (latina, greca ed ebraica), dizionari, trattati di retorica e di poetica, dialoghi (a cominciare dal Cortegiano e poi il Dolce, lo Speroni, il Possevini), autori classici soprattutto latini (Orazio, Ovidio, Virgilio, Plauto, Terenzio, Lucano, Seneca) – i greci sono assenti quasi del tutto –, trattati di erudizione mitologica. Non mancano le opere più importanti della nostra letteratura a cominciare dalla Commedia di Dante, che tuttavia non godette di buona stampa nel Seicento, e dall’opera di critica dantesca fondamentale per gli sviluppi successivi della polemica secentesca sulla Commedia, vale a dire la Difesa di Dante di Jacopo Mazzoni (Cesena 1587); di questa è annotato con precisione il possesso della sola Prima parte, la sola edita fino ad allora; non mancano, inoltre, Boccaccio e in particolare il Decamerone – punto di riferimento obbligato per l’autore delle Instabilità dell’ingegno –, Petrarca, Sannazaro e soprattutto Tasso (ma non la Gerusalemme). Non mancano neppure opere di varia erudizione, come il Teatro de’ cervelli di Tommaso Garzoni e i Mondi di Anton Francesco Doni, e trattati sugli emblemi (ad esempio, le Imprese di Girolamo Ruscelli). Molto meno numerose le opere di argomento scientifico e tecnico: matematica e astronomia (Giovanni Antonio Magini, Federico Saminiati, Giovanni Sacrobosco con più edizioni della Sfera, tra gli altri), architettura e fortificazione (Leon Battista Alberti e Buonaiuto Lorini), medicina (Galeno, la Scuola Salernitana, Alessandro Massaria), agricoltura (Columella e Palladio), equitazione (lo splendido Ordini di cavalcare di Federico Grisoni). Le opere sacre e religiose sono presenti in numero cospicuo, ma non prevalente. Alle Sacre Scritture e ai loro commenti si aggiungono, più che testi teologici, trattati di morale pratica di impostazione controriformistica (Angelo Grossi, Luis de Granada, Teresa d’Avila, Francesco Panigarola).
Nel secondo armadio prevalgono le opere di storia e di politica, di filosofia e di morale accanto ad altre soprattutto di argomento letterario. Tra queste ultime molte edizioni di lettere di vari autori (Cicerone, Ovidio, Paolo Manuzio, Tasso, Ansaldo Cebà, Giovan Battista Guarino, Pietro Bembo, Annibal Caro), che occupano ben due ripiani della parte sinistra dell’armadio, e numerose opere di retorica e di grammatica. Tra gli autori più rappresentati spiccano Tacito e Aristotele: il primo non solo in latino, ma anche tradotto in italiano e in spagnolo; il secondo, che risulta ancora una volta l’autore fondamentale per la cultura del tempo, è presente con la raccolta completa delle sue opere e con edizioni dell’Etica, della Politica, della Retorica e delle opere scientifiche arricchite dalle note di vari commentatori. Le opere di storia annoverano testi antichi (Tacito, come abbiamo visto, Velleio Patercolo e Livio) e soprattutto moderni (i Guicciardini – Francesco e Lodovico –, Agostino e Pompeo Giustiniani, Giovanni Tarcagnota, Francisco Lanario y Aragon, Girolamo Conestaggio). Accanto ai classici e alle generiche, e poco significative, storie universali dal principio del mondo all’epoca dell’autore troviamo le ben più interessanti narrazioni di carattere politico-militare vicine al tempo di Anton Giulio, che si dimostra attento agli avvenimenti contemporanei, come è evidente anche dalle numerose notazioni relative a fatti di attualità presenti nel manoscritto. Prevalgono gli autori di politica della Controriforma, come Pedro de Ribadeneyra, Giovanni Botero, Francesco Sansovino e Paolo Paruta. Si rileva, inoltre, la presenza di opere di Giusto Lipsio, in accordo con le intense relazioni culturali tra Genova e le Fiandre, con Anversa e l’Università di Lovanio in particolare.[42] La mancanza di opere di Machiavelli, in contrasto con la diffusione che esse ebbero nonostante la condanna e la messa all’indice, ci riporta comunque all’atteggiamento antimachiavellico di molti autori controriformisti, primo fra i quali il Ribadeneyra, al quale il Brignole si ispirerà per delineare l’ideale del principe cristiano nel Tacito abburatato. Nello stesso Tacito abburatato affermerà la propria predilezione per il Guicciardini, le cui opere, come abbiamo visto, compaiono nell’inventario. Un ripiano soltanto (il primo della parte sinistra) è occupato da opere religiose, tra cui due catechismi.
Nel complesso, intorno al 1630, la biblioteca di Anton Giulio è prevalentemente di argomento letterario e storico-politico con qualche limitato interesse scientifico e risulta aperta alla cultura europea del tempo. L’orientamento generale è conforme ai dettami culturali predominanti: aristotelismo, antimachiavellismo e controriformismo. L’indirizzo aristotelico, evidenziato, come abbiamo visto, dalla forte presenza di opere di Aristotele, sia filosofiche che scientifiche, contrasta con l’atteggiamento polemico assunto successivamente da Anton Giulio contro « il filosofare confuso degli aristotelici » e con l’apertura dell’Accademia degli Addormentati alla scienza moderna, e in particolare alla fisica galileiana, proprio su suo impulso. E’ evidente, inoltre, l’interesse del Brignole per la morale, dal punto di vista sia filosofico che religioso. Sugli altri aspetti della filosofia prevale infatti lo studio dell’etica attraverso autori antichi e moderni, in modo coerente con l’impegno di rifondazione politico-morale della società, da lui perseguito per tutta la vita fino alla vocazione religiosa. Lo studio della storia, poi, per Anton Giulio, come per gli altri nobili del tempo, era strumento necessario all’apprendimento dell’arte di governo, alla quale, proprio negli anni di redazione dell’inventario, egli andava preparandosi in modo conforme agli obblighi e ai privilegi del suo status sociale. La presenza piuttosto numerosa di trattati di retorica e di testi letterari, che probabilmente sono visti soprattutto come esempi di stile, è d’altra parte del tutto confacente a chi, come il Brignole, avrebbe svolto di lì a poco un’intensa attività letteraria e, al tempo della redazione dell’inventario, era alle sue prime prove.


6. Quella delineata nell’inventario (integrato dai dati contabili e dai volumi giunti fino a noi) è la biblioteca di colui che sarebbe divenuto un intellettuale raffinato, autore di un’opera come le Instabilità, nella quale, come è stato osservato da Q. Marini, confluiscono tutti i generi letterari, vale a dire novellistica, trattato, poema epico, lirica amorosa, poesia politico-encomiastica, oratoria, teatro.[43] E’ anche la biblioteca dell’autore della Colonna per l’anime del Purgatorio (1635), del Santissimo Rosario meditato dedicato a suor Maria Geronima Durazzo, fondatrice delle Suore Turchine (1636), della Maria Maddalena (1636), considerato il « capolavoro del romanzo religioso italiano ». E’ infine la biblioteca del Principe dell’Accademia degli Addormentati, impegnato nel rinnovamento dello Stato non solo attraverso il distacco dalla Spagna e l’armamento navale, ma soprattutto attraverso l’“unione” delle famiglie nobili e la moralizzazione della classe dirigente. Su opere come quelle del Ribadeneyra o di Juan de Santa Maria Anton Giulio formò la sua concezione politica, che egli, consapevole delle responsabilità che avrebbe dovuto assumere nel governo della Repubblica, avrebbe espresso, già precedentemente al Tacito abburatato, nelle Instabilità e nella Maria Maddalena, auspicando il recupero del potere in senso oligarchico e delineando le qualità del principe cristiano affabile e virtuoso, modello da imitare per i sudditi in una gara di emulazione positiva, quasi una trasfigurazione della dissimulazione barocca. Il quadro non può dirsi certamente completo; si notano, infatti, nell’inventario e nelle annotazioni dei libri contabili, come già accennato, vistose assenze: ad esempio, i poemi epici in generale, a cominciare dalla Gerusalemme liberata, edita proprio a Genova più volte da Bartoli e da Pavoni, e dal Furioso, ben noto al Brignole. Tuttavia, i numerosi dati a disposizione consentono di tentare una ricostruzione, sia pure approssimativa, della biblioteca di Anton Giulio. Per il periodo successivo invece le notizie sono scarse. I registri contabili, la cui serie, come si è visto, è lacunosa proprio per il periodo relativo ad Anton Giulio, sono avari di informazioni dettagliate sulle opere acquistate (l’incremento della biblioteca è comunque più limitato) e i volumi editi in anni posteriori, ritrovati nel Fondo Brignole Sale presso la Sezione di Conservazione della Berio, sono troppo pochi per fornire elementi significativi. Forse Anton Giulio, preso dagli impegni politici e letterari, non dedicò più alla sua biblioteca l’attenzione e la cura dimostrate all’epoca della redazione dell’inventario, quando possedeva già un buon numero di libri, si preoccupava di acquistarne altri, li metteva a disposizione di amici e conoscenti, provvedeva a tenerli in ordine, curando appunto la redazione di un inventario e tenendo conto dei prestiti fatti e delle restituzioni avvenute.[44]  




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[1] Sull’argomento cfr. Histoire de la lecture. Un bilan des recherches. Actes du Colloque de 29 et 30 janvier 1993, Paris, Paris, IMEC Editions, 1995.

[2] L’Alizeri, descrivendo il Palazzo Rosso, accenna al « continuo di pulite camere » della biblioteca e ai « bene acconci scaffali » e si sofferma sulle decorazioni delle sale (cfr. F. Alizeri, Guida illustrativa del cittadino e del forastiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova, L. Sambolino, 1875, p. 168).

[3] Tra i giudizi dati da viaggiatori stranieri si ricordano tra gli altri quelli di Charles de Brosses (Viaggio in Italia. Lettere familiari, Milano-Roma, Parenti, 1957, vol. I, Lettera V, pp. 61-62), Charles-Marguerite-Jean-Baptiste Dupaty (Lettres sur l’Italie en 1785, Lausanne, Jean Mourer libraire, 1796, 3. éd., tomo I, pp. 93-94), J. W. Archenholtz (England und Italien, Carlsruhe, C.G. Schmieder, vol. IV, p. 156).

[4] Il passo è citato da G. Ruffini, Libri e letture nella dimora degli Spinola. Con un contributo di F. Simonetti, Genova, Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Liguria, Tormena editore, 1996, p. 36 n. 9. La Pastorale detta Danza di Venere fu edita nel 1604 da G. Pavoni (cfr. Id., Sotto il segno del Pavone. Annali di Giuseppe Pavoni e dei suoi eredi. 1598-1642, Milano, Franco Angeli, 1994, p. 165 n. 67).

[5] Sugli acquisti librari di Gio. Francesco cfr. L. Malfatto, Alcuni acquisti di libri effettuati da Gio. Francesco Brignole tra il 1609 e il 1611, in “La Berio” XXXIV-1994, n. 2, pp. 33-66.

[6] Per le biblioteche di Girolamo Franzoni poi dei Missionari Urbani, di Paolo Girolamo Franzoni poi degli Operai Evangelici e dell’abate Berio cfr. L. Marchini, Biblioteche pubbliche a Genova nel Settecento in “Atti della Società Ligure di Storia Patria”, n.s. XX-1980, pp. 40-47. Sulla biblioteca del Collegio Gesuitico cfr. ibidem, pp. 42-47. Brevissime segnalazioni di biblioteche di ordini religiosi e di librerie di privati, come quelle di Carlo Cambiaso, Carlo Leopoldo Doria, Giacomo Gentile, si leggono in C.G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura ... Nuovamente ampliata, ed accresciuta in questa seconda edizione dall’Autore medesimo, Genova, Ivone Gravier, 1780 (rist. facs.: Sala Bolognese, Forni, 1976, vol. I, pp. 115, 132, 267, 292). Sulla biblioteca di Giacomo Filippo Durazzo cfr. A. Petrucciani, Gli incunaboli della Biblioteca Durazzo, in “Atti della Società Ligure di Storia Patria”, n.s. XXVIII-1988, fasc. II, pp. 7-191.

[7] Sulle vicende della biblioteca cfr. L. Malfatto, La Biblioteca Brignole Sale-De Ferrari: note per una storia, in I Duchi di Galliera. Alta finanza, arte e filantropia tra Genova e l’Europa nell’Ottocento, vol. II, pp. 935-989; Id., La biblioteca di una famiglia patrizia genovese: il fondo Brignole Sale, in Da tesori privati a bene pubblico. Le collezioni antiche della Biblioteca Berio di Genova. Catalogo della mostra, Pisa, Pacini, 1998, pp. 107-130. La biblioteca, pervenuta alla Berio nel 1983 dopo una permanenza in casse di legno durata trent’anni per la maggior parte dei volumi, era diventata di proprietà del Comune con tutto il Palazzo Rosso dove aveva sede nel 1874 mediante l’Atto di cessione stipulato dalla Duchessa di Galliera e dal figlio Filippo. Sulle vicende della cessione si veda in particolare Id, La Biblioteca Brignole Sale-De Ferrari, cit., pp. 981-982, n. 90.

[8] E’ quasi superfluo osservare che la pratica di conservare risguardie e fogli di guardia, in quanto elementi ricchi di valore documentario, è stata adottata solo di recente nel restauro ed è tuttora sconosciuta nelle operazioni di rilegatura intese come semplice rifacimento della cucitura e della coperta di un volume danneggiato.

[9] La serie dei « Libri di spese di casa », compresa tra il 1818 e il 1865, è conservata presso l’Archivio Storico del Comune di Genova; essa corrisponde alla gestione di Antonio Brignole Sale, padre della Duchessa di Galliera. Sulla gestione della biblioteca da parte di quest’ultimo cfr. L. Malfatto, La Biblioteca Brignole Sale-De Ferrari, cit., pp. 943-946, p. 978 n. 53, Id., La biblioteca di una famiglia patrizia genovese, cit. pp. 112-114.

[10] Sugli acquisti di beni di lusso della famiglia Brignole Sale si veda il documentatissimo studio di L. Tagliaferro, La magnificenza privata, Genova, Marietti, 1995.

[11] Il ruolo di intermediario svolto da Campi e da Vigeivi per l’acquisto di libri e di quadri è stato evidenziato dal ricercatore diplomatista dott. Stefano Patrone che vorrei qui ringraziare per le indicazioni fornite.

[12] Antonio Orero risulta maestro di bottega con vari dipendenti e fu deputato dell’arte nel 1609 insieme con Ottavio Talignano e Francesco Borlasca (cfr. G. Ruffini, Sotto il segno del Pavone, cit., p. 31, nota 53; vedi anche: Archivio Storico del Comune di Genova (d’ora in poi ASCG), Fondo Brignole Sale (d’ora in poi FBS), reg. 49, cc. 24, 136, 147). Stefano Moronese, dapprima « huomo della bottega » di Antonio Orero, divenne poi cartaro in proprio (attestato nel 1629). Segnaliamo in particolare alcune delle annotazioni relative a pagamenti di libri su ordine di Anton Giulio. Nel 1627 Anton Giulio compra libri per L. 40.14 (ASCG, FBS, reg. 53, pt. I, c. 41, in data: 30 dic. 1627). Nel 1628 Anton Giulio ordina libri per L. 46.8 a Murchio librario e paga tramite Gio.Lorenzo Vigeivi (ibidem, in data: 8 genn. 1628); paga poi L. 19.10 a Gio.Batta Trotto per legature di un certo numero di volumi (ibidem, in data: 30 dic. 1628). L’amministratore Colombano Campi paga forniture di libri al “cartario” Stefano Moronese nel 1628 per L. 36.13 e nel 1629 per L. 44 (ibidem). Nel 1630 sono pagate per libri L. 60.2 « d’ordine d’Anton Giulio » a un non precisato “libraro” e da Colombano Campi L. 31.6 al giovane d’Urbano Senarega « sopra biglietto di Anton Giulio » (ibidem, in data: 30 dic. 1630). Nel 1631 Campi paga L. 30 di libri (ASCG, FBS, reg. 53, pt. II, c. 51, in data: 29 genn. 1631) e Anton Giulio ordina libri per L. 9 a Murchio “librario” (ibidem, in data: 17 dic. 1631), per L. 24 a Stefano Moronese (ibidem, in data: 30 dic. 1631).

[13] ASCG, FBS, reg. 44, c. 139, in data: 1 ott. 1611; reg. 45, c. 21, in data: 1 mar. 1612.

[14] ASCG, FBS, reg. 48, c. 9, in data: 2 genn. 1620.

[15] ASCG, FBS, reg. 50, c. 9, in data: 2 genn. 1628.

[16] Ibidem, in data: 30 dic. 1634.

[17] In data 9 settembre 1637 si legge: « ... libri diversi per quanto sono in debito nel libro del s. mio padre valeno per l’eredità L. 12.351.19.9 » (ASCG, FBS, reg. 57, c. 37).

[18] Ibidem

[19] ASCG, FBS, reg. 58, c. 39, in data: 1° genn. 1653.

[20] ASCG, FBS, reg. 59, c. 18, in data: 19 apr. 1662. L’incremento tra i due importi corrisponde alla somma pagata il 1° gennaio 1653 a Bernardo Gervaso. L’importo indicato di L. 12.519.8.9 è il valore dei libri lasciati in eredità da Anton Giulio e registrato nel libro ad essa relativo per cura di Gio. Carlo, cugino di Anton Giulio e tutore del figlio Gio. Francesco II, e del figlio maggiore Ridolfo Maria. Ai figli Ridolfo Maria e Gio. Francesco II, da parte della madre di Anton Giulio, Geronima Sale, spetta un’eredità in libri di L. 900 più L. 5.634, che viene divisa in modo diseguale: L. 3.271.10 a Ridolfo Maria e L. 2.355.3 a Gio. Francesco (reg. 61, cc. 91 e 93, in data: 30 mar. 1668, c. 94, in data: 12 apr. 1668). Il 1° luglio 1670 la valutazione dei libri è aumentata di L. 907.7 (reg. 61, c. 94).

[21] ASCG, FBS, reg. 49, c. 147, in data: 30 dic. 1625.

[22] Nel novembre 1636 furono pagate L. 16 di legature (ASCG, FBS, reg. 53, pt. III, c. 88).

[23] ASCG, FBS, reg. 53, pt. I, c. 41, in data: dic. 1629; reg. 53, pt. II, c. 51, in data: 30 dic. 1632.

[24] Dei libri acquistati a Parigi nel 1609 e nel 1611 sono pervenuti due elenchi dettagliati. Nel primo è precisato che i volumi furono « fatti legare in Parigi », il secondo è preceduto dall’annotazione « legati in cuoio » (ASCG, FBS, reg. 44, cc. 117v , 120r). Alcune delle legature fatte eseguire da Gio. Francesco si conservano ancora nel Fondo Brignole Sale oggi presso la Sezione di Conservazione della Biblioteca Berio. L’esame di alcuni elementi, come i comparti identici a quelli utilizzati nelle legature “à la fanfare”, i motivi a rotella e quelli a losanga di alcuni dorsi, conferma infatti che si tratta di legature francesi dell’inizio del Seicento. Alcune delle legature recano la dicitura « Io. Francisci Brignole ». Sull’argomento cfr. L. Malfatto, Alcuni acquisti, cit., pp. 34-36; ulteriori indicazioni mi sono state fornite da Fabienne Le Bars, Conservateur presso la « Réserve des livres rares » della « Bibliothèque Nationale de France », che qui ringrazio.

[25] ASCG, FBS, reg. 48, c. 9.

[26] ASCG, FBS, reg. 44, c. 115, in data: 4 mar. 1606. La data della morte di Antonio, padre di Gio. Francesco, si ricava dall’annotazione apposta da Gio. Francesco stesso su un libro di conti conservato presso l’Archivio Storico del Comune di Genova (ibidem, c. 1r).

[27] ASCG, FBS, reg. 44, cc. 106, 125, in data: 30 dic. 1609.

[28] I dati sull’arredo della biblioteca di Anton Giulio si ricavano dall’inventario contenuto nel Quaderno di appunti, conservato presso la Sezione di Conservazione della Berio (BCB, BS.104.E.3, cc. 140v-145r).

[29] ASCG, FBS, reg. 48, c. 9.

[30] Sull’attribuzione ad Anton Giulio cfr. L. Malfatto, L’inventario della biblioteca di Anton Giulio Brignole Sale, in “La Berio”, XXVIII-1988, n. 1, pp. 5-34.

[31] Biblioteca Brignole Sale - De Ferrari, Catalogo delle pubblicazioni relative al Risorgimento italiano, a cura di L.Valle, Pontremoli, 1925, p. 5.

[32] Sono utili per la datazione i numerosi appunti di vita quotidiana e le molte minute di lettere, come, ad esempio, quella alla cognata Emilia Adorno andata sposa a G.B. Raggi il 10 gennaio 1634 e morta pochi mesi dopo (cfr. M. De Marinis, Anton Giulio Brignole Sale e i suoi tempi, Genova, Libreria Editrice Apuana, 1914, pp. 79-81); di particolare rilievo risulta il diario, redatto da Anton Giulio in occasione della visita di Ferdinando d’Austria a Genova, avvenuta il 3 maggio 1633, e contenuto nel manoscritto citato a cc. 74v-75r; il diario è stato studiato da: R. Gallo Tomasinelli, Il passaggio a Genova del Cardinale Infante Ferdinando d’Austria, in “La Berio”, XXX-1990, n. 1, pp. 3-21. Determinanti, poi, i passi delle Instabilità dell’ingegno, edite nel 1635 e definite “giovanili” dall’A. nella Colonna per le anime del Purgatorio edita nello stesso 1635. Per ulteriori informazioni cfr. L. Malfatto, L’inventario, cit., pp. 9-10.

[33] L’opera è citata come « Carte di Anton Peres » in un breve elenco di libri acquistati presso Stefano Moronese per un costo complessivo di L. 36.13 (ASCG, FBS, reg. 53, pt. I, c. 41, in data: 30 dic. 1628).

[34] Cfr. ASCG, FBS, reg. 53, pt. III, c. 88.

[35] Nella « parte a banda sinistra scanzia sesta » del primo armadio della biblioteca si trovavano appunto Le Pompe del Campidoglio (Roma, erede di B. Zannetti, 1624) e le Orationi (Genova, Pavoni, 1622) (cfr. G. Ruffini, Sotto il segno, cit., p. 289, n. 325).

[36] BCB, B.S.104.E.3, cc. 146r, 148v-149r. Il primo elenco (ibidem, c. 146r) è molto breve, di appena sei linee e attesta prestiti soprattutto a religiosi. Il secondo elenco (ibidem, cc. 148v-149r), molto più lungo del precedente (circa settanta linee complessive), riporta alla fine della prima carta la data già ricordata, 31 dicembre 1629, e cita numerose opere e molte persone destinatarie di prestiti, in più della metà dei casi cassate a indicare probabilmente l’avvenuta restituzione del libro. I due elenchi di libri prestati sono stati studiati, limitatamente ai libri spagnoli, da: G. Mazzocchi, Schede spagnole per Anton Giulio Brignole Sale, in “Omaggio a Rinaldo Froldi” (in corso di pubblicazione presso il Centro di Studi sul Settecento spagnolo dell’Università di Bologna). L’A. osserva che, benché la citazione di titoli di opere spagnole sia prevalentemente in italiano, al contrario i passi riportati nel Quaderno di appunti sono in spagnolo a dimostrare il Brignole « avido annotatore delle sue letture spagnole » (ibidem, p. 6).

[37] Maddalena Brignole, sposata a Giacomo Filippo Durazzo, era considerata donna di eccellente cultura; a lei Anton Giulio dedicò la prima edizione della Maria Maddalena peccatrice e convertita; cfr. M. De Marinis, Anton Giulio Brignole Sale, cit., pp. 12-13; A.G. Brignole Sale, Maria Maddalena peccatrice e convertita, a cura di D. D’Eusebio, Parma, U. Guanda, 1994, p. LXXXV.

[38] Particolarmente legato alla famiglia fu Francesco Goano, che in occasione dell’incoronazione a doge di Gio. Francesco Brignole fu autore di un’orazione celebrativa (cfr. M. De Marinis, Anton Giulio Brignole Sale, cit., p. 180).

[39] A Bartolomeo Imperiale Anton Giulio dedicò una delle canzoni delle Instabilità dell’ingegno; a lui e ad Anton Giulio nel marzo del 1634 il governo affidò l’incarico di ricevere e onorare a proprie spese il principe di Polonia di passaggio a Genova (ibidem, pp. 77, 158).

[40] Pietro Paolo Bombino, che risulta prendere in prestito delle « Istorie di Spagna » e un calendario, è autore di una storia spagnola (Breviarium rerum Hispanicarum) edita a Venezia da Pinelli nel 1634. L’esemplare conservato nel Fondo Brignole Sale presso la Sezione di Conservazione della Berio reca sul frontespizio una nota manoscritta di appartenenza ad Anton Giulio (B.S.XVII.B.199).

[41] Se il « Seneca morale » è di difficile identificazione date le numerose edizioni uscite, l’opera del Quintana prestata dal nostro (BCB, B.S.104.E.3, cc. 146r, 149r) può essere quella pubblicata a Madrid nel 1627, ma non è stata ritrovata nel Fondo; « I furori della ragione » o « Furori » di Giovan Battista Manzini annotati nell’elenco dei libri prestati (ibidem, c. 149r) sono probabilmente da identificarsi con I furori della gioventù, pubblicati a Bologna presso Giacomo Monti e Antonio Zenero nel 1634, dei quali un esemplare è conservato in biblioteca (B.S.XVII.B.3).

[42] Al successo del Lipsio nell’ambiente culturale genovese va collegata l’edizione pavoniana del De constantia (Pavoni, 1608; cfr. G. Ruffini, Sotto il segno, cit., p. 195, n. 121); nella biblioteca del Nostro si trovava un esemplare dell’edizione plantiniana del 1599, ancora oggi conservata nel Fondo Brignole Sale (B.S.XVI.B.127). Sull’importanza del Lipsio nella cultura genovese del Seicento e in generale sull’apertura europea dei patrizi genovesi cfr. R. Savelli, Genova nell’età di Van Dyck. Sette quadri con un epilogo, in Van Dyck. Grande pittura e collezionismo a Genova. A cura di S.J. Barnes [e altri], Milano, Electa, 1997, pp. 23-24).

[43] Cfr. Q. Marini, Anton Giulio Brignole Sale, in La letteratura ligure. La Repubblica aristocratica (1528-1797). Parte prima, Genova, Costa & Nolan, 1992.

[44] A margine di queste note è opportuno ricordare che l’interesse per il mondo del libro portò Anton Giulio molti anni dopo a occuparsi di tipografia: intorno alla metà del ‘600 fu proprietario di una stamperia per la quale aveva acquistato attrezzatura all’avanguardia. Essa fu gestita dal mercante e scrittore Gio. Domenico Peri. Sull’argomento cfr. M. Maira, Gio. Domenico Peri, scrittore, tipografo, uomo d’affari nella Genova del Seicento, in “La Berio”, XXVI-1986, n. 3, pp. 3-79; Id., La tipografia a Genova e in Liguria nel XVII secolo, Firenze, Olschki, 1998, pp. 311-318.




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Anton Giulio Brignole Sale.
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