Manlio Calegari, Cara Marietta - Caro Professore: Premessa, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17

Il partigiano Fran





Non si può certo parlare di vostro padre come di un uomo interessato alla politica o a questioni sociali ma seppe anche lui dare il suo contributo alla resistenza.
Appartenente ad una famiglia numerosa fu come tanti ragazzi di allora messo a lavorare tredicenne in una officina della val Polcevera. I tempi erano duri e le famiglie contavano sull'aiuto dei figli, non appena erano in età di lavorare.
Non voleva frequentare la scuola, finì a malapena la quarta elementare distruggendo le illusioni dello zio Carlin che sognava un nipote istruito. Fu messo garzonetto presso vari commercianti finché non ebbe il libretto di lavoro, andandosene allegramente a fare lo "scaldachiodi".
Era volenteroso, "burdelante", prendeva la vita allegramente godendosi quei pochi soldi che gli venivano lasciati della sua paga.
Fu sempre un lavoratore che si adattava a qualunque lavoro e se rimaneva disoccupato si dava subito da fare per trovarne un altro. Fu dopo il servizio militare che conobbe un lungo periodo di disoccupazione e, purtroppo non era il solo perché la terribile crisi economica del 1929, che aveva sconvolto l'economia mondiale, sconvolgeva anche il nostro paese. Trovare un lavoro era difficile, impossibile addirittura se non si risultava iscritti al fascio, cosa che vostro padre non fece mai. Era sì indifferente alla politica, non capiva a fondo cosa era il fascismo, ma c'era in lui un sano istinto di ribellione che fece sì che anche nei periodi in cui si fece maggiormente sentire la propaganda per il reclutamento seppe sempre rifiutare la tessera del fascio.
Poiché nelle piccole officine non trovava lavoro, si raccomandò ad uno zio molto amico del segretario federale di Cornigliano e fu proprio con quella raccomandazione che venne assunto presso lo stabilimento Fossati.
Il fascismo aveva consolidato il suo potere all'interno e si preparava alle conquiste coloniali, le industrie ebbero le commesse per la produzione bellica ed in conseguenza di ciò diminuì la disoccupazione.
L'antifascismo viscerale di vostro padre era alimentato anche dai soprusi che, all'interno della fabbrica, dovevano subire i lavoratori da parte dei "capoccia" in camicia nera. Ricordo bene come si infuriava contro un "operatore", un certo Laconi che lo aveva particolarmente preso di mira. Questo tizio si distinse anche in seguito per aver segnalato gli antifascisti del Fossati per l'internamento in Germania.
Con l'inizio della guerra era entrato al Fossati anche il fratello Carlo che si era sposato da poco. Una massiccia propaganda invitava gli operai a recarsi a lavorare in Germania offrendo contratti di lavoro allettanti per dare al nazismo la produzione bellica necessaria all'enorme fronte di guerra creato in Europa. Qualcuno si lasciò tentare e il fratello di vostro padre fu tra questi. Fu così che partì per la Germania dove non arrivò mai perché il treno che trasportava i lavoratori deragliò e precipitò da un viadotto presso Como.
Vostro padre soffrì molto per la perdita di vostro zio al quale era molto affezionato ch'era un uomo socievole ed estroverso, un po' farfallone in gioventù ma che aveva saputo assumersi la responsabilità della famiglia non appena si era sposato, tanto da prendere quella decisione che gli doveva costare la vita.
Con tutte le vicissitudini della guerra arrivammo al 25 luglio del 1943 con la caduta del fascismo e vostro padre partecipò alla gioia generale vedendo sparire i "camerati" in stabilimento.
Fu una breve illusione perché trascorso quel periodo confuso che dal 25 luglio all'8 settembre, i fascisti tornarono alla luce sostenuti dall'occupazione tedesca.
L'inizio della lotta clandestina coinvolse anche vostro padre, se non direttamente, in maniera sensibile: non bisogna dimenticare che il 25 luglio aveva portato in luce parecchi antifascisti che avevano lavorato all'interno della fabbrica anche durante il regime: forse quello fu il momento in cui egli divenne maggiormente cosciente che il fascismo non era solo i gruppi teppistici.
I repubblichini di Salò rientravano in fabbrica più rabbiosi ed arroganti che mai e per molti lavoratori fu giocoforza allontanarsi anche dalle loro case. Su consiglio di "Luigi" papà andò a lavorare per l'organizzazione TODT che assumeva personale per costruire opere di fortificazione sulla riviera e assieme a lui si trovava anche Ghirelli, il marito della Gigia.
Lavorarono per un po' di tempo a Ventimiglia abbastanza tranquilli mentre a Genova l'organizzazione clandestina aumentava. La polizia fascista e la squadra politica di Veneziani cominciava ad infierire (infliggere) duri colpi, tutti i vecchi antifascisti erano ricercati e sorvegliati. Temendo di essere individuati dovettero quindi lasciare quel lavoro. Tornarono quindi a Genova dove Ghirelli fu arrestato insieme alla Gigia e dovettero subire violenze, processo e campo di concentramento.
Appena arrivato a Genova papà si diresse verso la casa in corso Firenze dove mi ero trasferita con la moglie di Scappini, in quel momento la Clara era già nelle mani dei tedeschi e la nostra abitazione era piantonata da una decina di giorni dai poliziotti che speravano operare di sorpresa qualche altro arresto.
Nel caseggiato i portinai avevano conosciuto papà quando veniva a casa alla fine della settimana. Consci del pericolo marito e moglie facevano la guardia per impedirgli di salire in casa. Fu così che a metà della "crosa" che portava in corso Firenze il portinaio lo avvertiva del pericolo.
I nonni vi avevano portato nei dintorni di Stazzano e papà vi raggiunse sistemandosi presso dei contadini che aiutava nel loro lavoro e dove rimase fino al novembre del '44. In quel periodo avevo avuto notizia dai corrieri e dall'ispettore di Zona che portava notizie da Genova che la squadra politica cercava i miei figli ed io allarmata avevo voluto assicurarmi della vostra sistemazione.
Credetti di impazzire quando giunta alla cascina Diana seppi che i nonni erano tornati a Genova a causa della salute del nonno.
Vista la mia disperazione la Rosetta Capurro si offrì di venire a prendervi a Cornigliano. Le feci tutte le raccomandazioni necessarie per non compromettersi e la vidi partire con il cuore stretto per i disagi del viaggio che affrontava e i pericoli nei quali poteva incorrere. L'attesa fu lunga ma vi vidi arrivare sani e salvi. La Rosetta aveva agito con prudenza: approfittando del fatto che la sua terrazza era tutt'una con quella di vostra zia Nina, si era rivolta a lei che venne a prelevarvi presso i nonni, portandovi senza destare sospetti a casa sua da dove la Rosetta vi prelevò per portarvi sani e salvi a Stazzano. Non mi fu facile esprimere la mia riconoscenza ai Capurro come non posso spiegarvi ciò che provai nel vedervi sani e salvi. Papà che si era incontrato parecchie volte con pattuglie partigiane era stato invogliato ad unirsi a loro (si era spaventato a morte poco tempo prima per il rastrellamento subito assieme ai contadini mentre raccoglievano la legna del bosco. Era stato trattenuto dai tedeschi per una nottata e per fortuna non individuato, era stato rilasciato il giorno dopo, assieme a tutti gli altri).
Partimmo tutti e quattro e ci avviammo verso Cantalupo. Renzo più grandicello camminò a lungo senza lamentarsi; Piero ben presto dovette essere preso in braccio. Il buio ci colse per strada e proseguimmo un bel po' prima di trovare un rifugio. Anch'io ero allo stremo delle forze: Piero mi strappava le braccia e negli occhi mi balenavano scintille. Trovammo un fienile e vi sostammo. Nello zaino avevamo dei generi di conforto, ci rifocillammo alla meglio e sistemata l'erba vi accomodai a dormire. Alla mia partenza da Cantalupo avevo chiesto al SIP qualche indumento per coprirmi decentemente. Tra il materiale delle requisizioni trovai una pelliccia di coniglio che avevo presa in prestito. Fu con quella che vi coprii accuratamente mettendovi le maniche attorno al collo. Ricordo come d'improvviso mi assalì di colpo la nostalgia della casa, di voi così buoni e così cari; vi rividi quando vi lasciavo nel lettone e prima di lasciarvi vi mettevo nello stesso modo la mia vestaglia sopra perché sentiste l'abbraccio della mamma e voi stavate lì, buoni buoni.
Siete stati veramente dei cari bambini, la vera ricchezza della mia vita e rimpiango il tempo perso della vostra infanzia. Non ho che ricordi dolci di voi dei quali vi sono grata.
Anche nel peregrinare sui monti quante volte vi ricordavo mentre vi stringevate e volevate i racconti "du Giuanin" che partiva da Bocca d'ase per le sue avventure. Chissà se vi ricordate il bacio che vi mettevo nel palmo della mano dicendovi di tenerlo stretto fino al mio ritorno. Ma io sento ancora la commozione che mi prendeva quando, tornando, vi trovavo addormentati con il pugnetto chiuso.
Finalmente la notte finì ed appena chiaro riprendemmo il cammino; eravamo ora più sicuri ed arrivammo abbastanza facilmente a Cantalupo. Incontrammo una pattuglia di partigiani che si recavano in vedetta (si parlava di un concentramento di fascisti e tedeschi) e poiché Falco non aveva giubbetto per coprirsi e per ripararsi dal freddo gli consegnai la giacca di pelliccia che avevo addosso.
Da Cantalupo arrivammo a Cabella dove trovai l'intendente di brigata Terzo che mi assicurò che vi avrebbe sistemato presso una famiglia. Ciò che fece presso la Marinoni, una vedova con una figlia che abitavano in una bella casetta all'inizio del paese.
Io raggiunsi Carrega, dove si trovava il comando della Sesta Zona Operativa, nonché la missione alleata che era stata paracadutata per partecipare e seguire la lotta di resistenza e le formazioni partigiane. Era formata da ufficiali inglesi ed americani, tra i quali il colonnello Davidson scrittore e storico.
Papà venne inviato alla brigata di Croce che amava poco coloro che, secondo lui, non erano soldati… così che trovandosi a disagio si rivolse a Scrivia che lo incaricò dell'intendenza di un distaccamento.
Certo non fu un uomo da compiere gesti eroici ma lo fu nelle piccole cose dedicandosi alla ricerca di quanto occorreva a quel gruppo di partigiani, spostandosi da una zona all'altra e anche questo poteva essere pericoloso. Fece bene il lavoro che gli era stato assegnato e fu congedato come sergente.
Partecipò anche ad una azione militare: guidò il gruppo sulle tracce di quel Laconi che era stato segnalato in zona partigiana come repubblichino e responsabile dell'internamento di parecchi operai del Fossati. Fu sempre grato a Scrivia che gli aveva dato quell'opportunità ed io penso che il suo contributo sia da considerarsi tutt'uno con quella che fu la mia partecipazione.




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Manlio Calegari

Cara Marietta, Caro Professore

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Indice
Premessa
4 marzo 1987
12 marzo 1987
20 marzo 1987
Il partigiano Fran
Caro Piero
4 maggio 1987
5 maggio 1987
Pro-memoria
Sestri 8 maggio
13 maggio 1987
Sestri 12 maggio
Sestri 26 maggio
3 giugno 1987
16 giugno 1987
17 giugno 1987
25 agosto 1987
10 ottobre 1987


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