16. Ottone a Sandra. 14 agosto 1915. A partire da Stamattina mentre strapnel la grafia si fa scomposta: con la stessa grafia è stata aggiunta in ultimo l’intestazione. Ricevuta il 24.8.15 (Sandra a Ottone 23-25 agosto 1915).

14 Agosto 1915

Molto gentile Sig. Sandra

Le scrivo in un momento, che la storia passerà tra le glorie d’Italia.[1] Il cannone che da 13 ore non à smesso il rombo fatale, à oggi raggiunto un’intensità di fuoco catastrofica. Dopo due notti insonni mi trovavo questa mattina a riposare dall’una, quando verso le quattro un formidabile cannoneggiamento mi desta di nuovo. Era l’atteso, il sospirato principio dell’azione.

Chi non à assistito allo svolgersi di una guerra moderna non può rendersi conto della grandiosità dello spettacolo. Spettacolo certo più auditivo che visivo, ma spettacolo meraviglioso sempre.

Tutti i toni della rude e possente voce metallica erano nell’orchestra vulcanica. L’aria offesa di continuo dai rombi, dai boati e dalle eco [cancellato: delle mille] delle esp[l]osioni continue, risuonava con un brontolio immenso, continuo di tuoni. Pareva di essere in una bolgia, e pure il più bel sole splendeva in un cielo di cobalto. In questa cornice di sonorità il quadro del nostro lavorìo era dei più interessanti. La batteria al completo, brevi ed energici comandi muovono uomini ed istrumenti immani. Incrociarsi di colonne di porta-proiettili e spari, spari, sempre nella più perfetta calma. Intanto, dopo qualche tempo, le prime notizie giungevano dagli osservatori. La fanteria e bersaglieri avanzano speditamente, gli austriaci sono già in fuga. Queste erano notizie aspettate anzi certe, ma il sorriso più raggiante [cancellato: era] è sui volti di tutti e una corrente di elettrica commozione si scorge in fondo agli animi di soldati e ufficiali. Un battaglione di fanteria che [cancellato: era] è accampato presso le ns. batterie per avanzare, chiedeva notizie spiegazioni ed intanto, malgrado avesse dormito sul terreno bagnato, sotto fitta nebbia e dopo lungo cammino con zaino, assecondava con entusiasmo alla mia richiesta di trasportare granate a spalla per sentieri infernali. Era un brulicare di uomini curvi sotto quei neri massi carichi di morte, che andavano, incitati dalla mia voce e dalla volontà di servire l’Italia. Cominciò poi il passaggio de’ feriti: erano bersaglieri di fango e sangue (tanto erano sporchi), che passavano soli, trotterellando su una gamba fasciata, con la testa o con le mani bianche di bende, sorridenti e burloni che narravano le fasi dell’avanzata e delle loro ferite in modo burlesco che provocava le risa fra noi. Poi tutto finiva con uno scambio di auguri. Le notizie più buone ed entusiastiche venivano dall’estremo fronte per quegli eroi, i quali, sudici e scapigliati, erano ciascuno buon soggetto da fondere in bronzo, per la gloria di un popolo. Signorina creda, mai, mai avrei creduto che si potesse mantenere lo spirito così alto, sprezzante e burlesco sotto un fuoco nemico ben giusto. Questa forza d’Italia non è artifizio di giornali; è verità, vera, verissima. Mentre scrivo, ora, odo il racconto dell’ultime azioni del momento da un osservatore di batteria. Numerose posizioni prese, altre accerchiate con azione definitiva alla baionetta, cavalleria avanzata su... e il cannone seguita, seguita...

Stamattina mentre sdrapnel[2] nemici scoppiavano regolari sulle ns. posizioni d’artiglieria e noi si trasportavan proiettili, un compagno ci fece una fotografia interessante che, se verrà bene, le invierò quanto prima. Documento vivo d’un fulgido momento storico. Le nostre perdite insignificanti veramente. In artiglieria pochi feriti leggeri, io sto benone se si eccettua una cefalea causata dal gran lavoro di questi momenti d’eccessiva attività.

Signorina Sandra oggi son restato senza posta; non mi faccia disperare, scriva, scriva tanto. Saluti aff.mi. Ottone Costantini

I nostri meravigliosi aeroplani sono passati ieri ed oggi sopra di noi e su posizioni austriache.

17.Ottone a Sandra. 15 agosto 1915. Cartolina militare. TP: 8a Divisione, 17.8.15.

15-8-915 ore 14

Gent.ma Sig.na

Sono nascosto nella capanna dove dormiamo ed aspetto con altri miei compagni che... termini a piovere (?).

Il nemico si vuol vendicare delle perdite di questa notte ed ora una delle ultime batterie restate in piedi ci fanno [sic] dei solleciti presenti, poco graditi.

I soldati di turno controbattono e noi in attesa cerchiamo di schivare i regali teutonici conversando, ridendo, ma arrestandoci spesso, quando il miagolio è più vicino, per poi riprendere commentando. L’Italia vince, vince sempre.

Porgo saluti aff.mi a lei ed alle colleghine augurandomi di rivederle e quanto prima possibile. Dev. Ottone

18. Ottone a Sandra. 22 agosto 1915. La seconda parte della lettera (da: ore 7 1/2 alla fine), la data e l’intestazione sono scritte con inchiostro e pennino diverso dal resto. Unito un fiore. Ricevuta il 26.8.15 (Sandra a Ottone, 27 agosto 1915).

... 22 Agosto 1915

Gentilissima Sandra

Ogni sua à il potere di darmi una forza, d’infondermi un contento che non è facilmente descrivibile. Le sue premure, le belle e buone parole piene di sincerità sono preziosissime per me. E come se ciò non bastasse lei vuol sempre arricchire le sue con qualche novità graditissima. Ora c’è la sciarpa, che mi dà [la] febbre dell’attesa e mi fa dimenticare le piccole e grandi noie del giorno. Non so come ringraziarla e come sdebitarmi. Una sciarpa lavorata tutta da lei deve proteggere anche da’ freddi del polo. Io l’attenderò giorno per giorno e creda che presto si renderà indispensabile. Qua il clima di giorno, se non piove (ed è raro) è caldo, ma la notte umidissimo e rigido. Oggi per esempio mentre scrivo piove e fa freddo, tanto che ò le mani gelate e le articolo male. Ciononostante la salute va bene e quei famosi raffreddori non si son fatti più vedere, anche in circostanze criticissime. Immagini [3] che ò dormito più notti sotto la pioggia, allo scoperto e che una volta mi svegliai dopo [cancellato: mi si era] aver placidamente dormito sopra una pozza larghissima d’acqua che aveva passato il cappotto. Ma che vuole, la vita à altre insidie per restar impressionati da queste bagatelle. I giorni passati in batteria ci faceva caldo parecchio... e più volte nel cuore ò invocato l’immagine che porto al collo.

ore 7 1/2. Riprendo dopo parecchie ore di sospensione e purtroppo (per la prima volta) depresso di spirito. Non ò tremato quando le granate e gli sdrapnel piovevano in batteria ed il buon umore parea anzi sorgere dal pericolo. Ma ora mi si è affacciata alla mente l’idea torva del [scritto in caratteri “cabalistici”: colera]. Sono triste, triste e fumo per ubriacarmi, fumo come un turco: fino alla sofferenza.

Che serata grigia!... fa un freddo cane e tremo malgrado il cappotto, due maglioni di lana e abiti pesanti. Prendo un po’ di sollievo sentendomi protetto dalla medaglietta e dalle sue preghiere. Mi calco sul capo il casco cifrato e quel dolce tepore in tanto gelo mi pare una carezza materna. Son tanto avvilito che non mi sento forza di proseguire (e avevo deciso di scrivere tanto). Cercherò di dormire, fino a che mi sarà consentito, parlando mentalmente con lei come un pazzo. Mi sembra già di sentire la sua voce dolce e buona farmi tanto coraggi[o]. Ah! perché non è qui davvero per un istante solo. Son certo ritornerei tranquillo. E pensare che poco fa ammiravo con entusiasmo un tramonto meraviglioso! Ironie!

Addio addio. Aff.mo Ottone

Trascriva la parola cabalistica e la faccia leggere a mio fratello.

19. Ottone a Sandra. Senza data, ma un’annotazione tarda di Ottone, a matita, reca: 25 agosto 1915.

Gentilissima Sig. Sandra

Sono umiliato per la mia imperdonabile villania e vorrei riparare a qualunque costo, ma non m’è concesso che di chiederle perdono. Creda, fu un momento di sconforto che mi dettò la frase sospettosa ed ingiusta[4]. Lei à fatto e fa troppo per me: con qual diritto chiedo e chiedo sempre di più? Io son certo che la sua bontà le avrà suggerita una parola di perdono, ma comunque voglia considerare che solo il desiderio grande, insaziabile di leggere suoi tanto graditi scritti mi à tratto all’involontario fallo. Sentivo, sì, certo che stavo per chiedere una cosa ingiusta e appunto sembrandomi naturale il fastidio, fui cattivo a non vedere quanto già faceva per me.

Ora ricevo spessissimo sue carissime ed il portafoglio si riempie. Le ore di quiete son dedicate alla lettura di queste: e vado centellinandole con una soavità indescrivibile.

Signorina! se lei immaginasse solo lontanamente quale godimento, quale salto verso il sublime  significhi un’ora di quella lettura, perdonerebbe con slancio la mia mancanza. La diversità grande, l’anormalità della vita che sto vivendo ora, tutte le antiche abitudini abbandonate per diventare simile all’uomo dei boschi, al tipo della favola preistorica: ecco cosa si dimentica in quei momenti sublimi. E in massima parte lo debbo a lei, alla sua benevola attività.

Quando vedo quella calligrafia ben nota e ben tornita (à fatto meravigliosi progressi!) che spicca fra il fascio delle corrispondenze che distribuisco, il sangue mi dà un tuffo. La ripongo immediatamente quasi temendo la profanazione di sguardi curiosi e studio intanto l’angolo ombroso e tranquillo per la lettura. Ma la sua ultima mi à procurato il dolore della mia egoistica cattiveria e la confusione di sentire in lei una giudiziosità ammirevole e insospettabile in una bambina.

Ore 14 1/2. Riprendo ora e non so proseguire, tanto il mio stato d’animo è scosso. La capanna dove dormivo io è saltata all’aria. Io non c’ero per caso e i presenti 7 tutti massacrati – 2 morti e gli altri feriti. La granata nemica è scoppiata mezz’ora fa ed è della batteria che da qualche giorno ci sta facendo dei graziosi presenti. Ah! ma vivaddio! La pagheranno cara! Abbiamo gridato tutti vendetta sui morti. Presto sarà distruzione finimondo. Preghi per me e speriamo nel suo buon augurio di felice ritorno: ma... Aff.mo e obb.mo Ottone

Io sono stato incaricato di sostituire il capo-pezzo scomparso [cancellato: quindi] della squadra distrutta!

20. Ottone a Sandra. 28 agosto 1915. Cartolina militare. TP: PM 8a Divisione, 30.8.15. Ricevuta il 3.9.15 (Sandra a Ottone, 5 settembre 1915)

... 28-8-915

Gentilissima

Ieri ò ricevuto la grad.ma sua cart. che mi rattristò per la notizia della sua malattia. Son certo che la presente la troverà perfettamente ristabilita, ma non sarà inutile ripeterle d’aversi riguardi infiniti e di lavorar meno intensamente. Gradirò conoscere sue nuove ma non si affatichi a scrivermi: basteranno poche righe. Le scrivo in ritardo per il gran lavoro. La presente la compilo fra uno sparo e l’altro: dando comandi e... rifugiandoci al sibilo di importuni visitatori. Che momenti d’ansia da quattordici ore! E continua. Ma il ns. fuoco è efficacissimo [5]. Noi si ride si scherza e si canta, malgrado l’impressione non ancora svanita dell’incidente del 25[6].

La saluto in fretta non potendo continuare; qui... piove. (!)

Speriamo di poterle mandare domani il seguito della presente. Suo dev. Ottone Costantini

Stia tranquilla per me, ma non si stanchi di pregare!

21. Ottone a Sandra. 1-2 settembre 1915.

Gent. Sig.na Sandra

... 1°-9-915 ore 1 e 3/4 notte.

  (parte il colpo-carico-punto e riprendo)

Sono di servizio al pezzo e al chiaro d’una lanterna c[i]eca, fra uno sparo e l’altro rispondo alla carissima, alla bellissima sua ultima. M’è giunta questa sera e l’ò letta ora nella quiete suprema di questa serata alpestre, un po’ rigida ma limpidissima. La pace notturna qua è sempre relativa, ché rari colpi di fucile [7] ora nemico, ora amico o un breve precipitar di mitragliatrice sempre si fa udire. La solennità più imponente è sul paesaggio in quest’ora. La tenue chiarità della luna sugli alberi e sull’erbe danno [sic] al quadro tenebroso delle ombre aspetto lugubre.

La mia lampada rossiccia in tanto pallore richiama alla mente il campo-santo del paesello (riprendo) ed il mio nero cannone, seminascosto da una tettoia di frasche, un imponente monumento funerario venerato e guardato da ombre misteriose. Questo sfondo mistico fu il miglior ambiente per deliziarmi nella lettura della sua gradita immensamente.

Quanti bei richiami, quanti bei quadretti seppe la sua penna e il suo cuore far rivivere a mio gran conforto. La commozione più profonda e serena come un pianto di gioia m’à preso e mi tiene ancora. Quanto è dolce quella (riprendo) visione della famigliola raccolta, di quella testina buona abbassata sul lavoro, assidua.

Oh! anch’io ò udito quella voce, quelle voci che le fanno premura per la cena, sì; e i frizzi delle sorelline per le travagliose vicende della sciarpa? sì, certo ò udito anche quelli e mi par d’averli ancora negli orecchi [8]. Ma lei perché si affatica troppo? perché à lavorato mentre era ancor debole? Questo mi rincresce assai assai. Lei sempre così! di una bontà ed operosità incor[r]eggibili.

(Signorina sparano qua di fronte, in questo momento. Sentisse com’è lugubre la mitragliatrice, sembra la motocicletta della morte. Preghi per i ns. soldati)

(riprendo) Il suo lavoro, signorina, non dubiti, sarà utilissimo e ben lo sento in questo momento che una leggera brezza m’à gelato i piedi e mi fa tremare un po’ il corpo. (riprendo)

È uscito ora dalla sua tana il telefonista (mio buon amico di Roma e scultore emerito) dicendomi “Sei tragico” poi ridendo scomparve nuovamente nell’ombra.

Ed io ben lo comprendo. Immagini nel quadro descrittole avanti me ravvolto in un gran cappottone a bavero alzato e casco tutto calato: un’ombra nera davanti ad una specie di tavolo illuminato sinistramente immezzo ai miei  (riprendo) uomini coricati in terra come morti. Sembro un diavolo che firmi un patto di sangue! Quanto è invece lontana la realtà! il più buon diavolo di questo mondo anziché firmare infamie scrive alla gentile sua colleghina e piccola amica (su di un foglio che va sempre più ungendosi nel contatto con gli strumenti di puntamento, messi a fermacarte) la quale vorrà rileggere questi scritti solo quando il povero Costantini si sarà (se possibile) perduto pel mondo, dimenticato, quasi non mai conosciuto [corretto su: non più riconosciuto]. Le sembra logico questo? Diventerò vecchio, sì. Sarò papà certo, e nonno, me lo auguro, ma non vedo la ragione di perdermi nel buio delle città, restar quasi dimenticata

(riprendo ore 2 3/4 notte) É sempre più fresco; questo puntamento l’ho fatto tanto di cattiva volontà. Comincia a seccarmi questa solitudine, e questo silenzio; mi par d’avere un po’ sonno. Questo brontolio del cannone lontano mi urta, la fucileria che adesso s’è per un attimo accesa mi dà la nausea delle cose troppo consuete. Che vuole! sento ora un po’ la nostalgia di un letto spazioso – ma non soffice (non vi saprei più dormire).

Signorina! perdoni se la disturbo in ora così tarda, ma ò bisogno grande di compagnia. (Queste ore di fuoco cadenzato notturno non passano mai!). Senta! poco fa, appoggiando la testa al braccio, per un momento m’ero quasi appisolato, naturalmente pensando a lei. Ebbene a un tratto la vidi così nettamente e sicura avvicinarsi a me (col passo che ò già osservato tante volte in ufficio) da esser costretto a svegliarmi di soprassalto; e anche riprendendo a scrivere ora mi pare d’averla (riprendo) qui, seduta di fronte a me.

Non son più tanto solo.

Eppure non so immaginare che piede gentile di donna possa mai calcare questo suolo. É così assoluto l’imperio militare, così generale la legge della forza bruta, che pensare ad un trasporto della vita ns. passata, su queste montagne, sembra sia impossibile.

(riprendo) ore 3 1/2. Il topo è uscito nuovamente dalla tana. M’à trascinato (è la parola giusta) ad ammirare l’universo, enumerando e nominando stella per stella. Sotto la Cintura d’Orione mi fece ammirare la nebulosa che si ritiene un “universo” (per così dire) più grande di quello che noi abbracciamo con lo sguardo. Concludeva: “E noi facciamo la guerra!” Il topo è sparito nuovamente nel buio.

(riprendo) ore 4 1/2. Dopo ogni colpo e conseguente altra carica mi rimetto sonnacchioso al tavolo sbadigliando un po’ sgarbatamente. Riprendo a parlare con lei stancamente come con un buon amico che abbia tanta pazienza. Questa notte debbo fare tutto il turno perché gli altri vanno a prelevare altri cannoni che trasporteremo fra due o tre giorni più avanti ancora. Raggiungeremo le linee di trinceramento di fanteria! Non mi meraviglierei dovessimo difendere i pezzi alla baionetta. Figurarsi ora che fuoco sarà rivolto su di noi. Giuro che non darei 100 lire per la mia pelle. Mi assista la sua madonnina e le sue preghiere. Il ns. capitano C[...][9] è un eroe che vuol morire! Salutissimi. Ora le do la buona notte, non voglio disturbarla di più. Ottone Costantini

Ho saputo che le lettere giungono tassate. Mi perdoni, ma non abbiamo francobolli. Scriverò cartoline ora. Saluti.

Le numerose riprese son dovute al caricamento e sparo del cannone.

Ore 7 mattino. Perdoni questa ubriacatura di fatica. La spedisco lo stesso.

22. Ottone a Sandra. 4 settembre 1915. Cartolina militare. Matita copiativa. TP: PM 8a Divisione, 5.9.15.

4-9-915

Gent.ma Sig.na

La carissima sua [10] mi è giunta in un momento solenne e la ringrazio infinitamente per il conforto che mi à arrecato. Le sue corrispondenze mi seguono premurose e benefiche nelle più rischiose peregrinazioni porgendomi quella tranquillità e quella forza morale tanto necessaria. Fra poche ore, col favore delle tenebre, si partirà per la nuova posizione avanzatissima[11]. Di questa non le parlo, le basti sapere che non si dormirà più in baracche nascoste, ma proprio in trincee o buche e che per la prima volta devo pulire il fucile per tenerlo pronto. Io son tranquillissimo ma sono anche quasi sicuro di scriverle una delle ultime cartoline. Potrei aggiungere qualche particolare interessante, ma lo credo inutile. Speriamo in un aiuto superiore. Per ora la saluto in fretta affidandomi alle sue preghiere. Obb.mo e dev.mo Ottone

23. Ottone a Sandra. 6 settembre 1915. Cartolina militare. TP: PM 8a Divisione, 9.9.15. Ricevuta il 13.9.15 (Sandra a Ottone, 13-14 settembre 1915).

6-9-915

Gent.ma Sig.na

Dopo quattro giorni di traini notturni e dure fatiche giornaliere ò potuto avere dodici ore di sonno consecutive ed ora sto benone. L’ultima notte di traino si doveva piazzare il cannone nella nuova posizione. Si prese la via nell’oscurità più profonda. Da lì a poco lampi e vento preannunziarono la bufera che doveva scatenarsi terribile più tardi. Passammo tutta la notte sotto quel flagello celeste e trainando a braccia. Come si incontrasse la via non so. A me non riuscì, in un momento di bisogno, vedermi un fazzoletto quasi bianco che avevo in mano e questa essendo a 5 cent. dagli occhi. Quando si fu presso la batteria il pezzo affondò nella melma (le ns. gambe erano in acqua fino al ginocchio da parecchie ore) con sforzi sovrumani, aiutati da una colonna di bersaglieri, il pezzo faceva brevissimi spostamenti. Intanto proiettili di fucile cominciarono a cadere presso di noi. Non le descrivo il sibilo speciale e il tonfo che danno sulla terra umida: sembra vi si spengano roventi. Eran guizzi e schianti fulminei. Noi tutti ai ns. posti senza fiatare – curvi sulle corde. Poco dopo un cannoncino cominciò a spararci[12] con sdrapnel a zero. Quando fu cessata quella raffica riprendemmo i ns. posti e all’alba la manovra era finita. Io sono di spirito elevatissimo e sano. Saluti aff.mo Ottone

Questa mattina, ritornando solo in batteria, in un punto scoperto della strada, una pallottola stanca di sbalzo mi à procurato l’onore di una lividura allo stinco sinistro.

24. Ottone a Sandra. 8-9 settembre 1915. Matita copiativa su due fogli strappati da un libro di poesie ad uso delle scuole elementari slovene. Ricevuta il 14.9.15 (Sandra a Ottone, 13-14 settembre 1915).

Gent.ma Sig.na Sandra

Ieri ò fatto il primo turno di fuoco nella nuova batteria. I nostri tiri, come quelli del giorno precedente furono meravigliosamente efficaci. Immagini! ben 3 grossi pezzi nemici saltarono in aria (accertato) e furono demoliti blindamenti d’artiglieria. Per contro fu una giornata tranquilla per noi a riguardo del fuoco nemico. Pochissimi furono i proiettili arrivati e il pensiero del gran viaggio non ci turbò per nulla. Nella sera però si rifece vivo il passaggio di proiettili di fucile in batteria. Allora non è più igienico scostarsi anche dieci passi dal pezzo. Noi siamo già abituati a quei fischi saettanti a quei miagolii sconci e ne abbiamo tal conoscenza da potervi riconoscere il calibro e la distanza. Quando ritornerò, se mi sarà possibile, vorrò divertirla molto sull’argomento! Molti di noi portano tracce molto rotonde di questi viaggiatori [per] l’aria nel corredo supplementare. Attualmente il nostro servizio, in vista della posizione troppo avanzata, è stabilito così: nella batteria sono soltanto gli uomini indispensabili al fuoco dei pezzi (due) e questi fanno un turno di 24 ore che si inizia alle 5 ant. Le squadre di cambio stanno al paese, molto indietro (ma sempre avanzatissimo) ed ànno un relativo riposo. É inutile dire che questo paesello come gli altri lungo il fronte è completamente disabitato. Gli abitanti erano in massima slavi e prova ne dà questo foglietto staccato da un libro dei tanti lasciati.

Credo non occorra le spieghi il perché adopero questa carta poco adatta, né sarà necessario scusarmene. Appena ci sarà possibile rifornirci cambieremo... formato, ma oggi il convento passa questo.

L’altro ieri leggendo la carissima sua ultima[13] mi assalì nuovamente il rimorso di affaticarla tanto per me. Vi son dei momenti che questo pensiero mi preoccupa tanto da farmi disprezzare. Eppure non so stare senza suoi scritti; la sua bontà, la sua delicatezza e l’inarrivabile vivacità della sua intelligenza sanno così profondamente le vie del cuore umano che non so saziarmene. E lei benevolmente me ne rimproverava: “grande assetato. Eppure à tante sorgenti alle quali calmare la sua arsura”.

É vero ma vi sono sorgenti che ravvivano il fuoco anziché spegnerlo. Sono sorgenti sublimi di liquidi infiammabili. Ah! quell’inchiostro!

9-9-915 ore 5 1/2. Sono in batteria appena ora montato di servizio. Fra un paio di ore si comincerà un fuoco infernale con avanzata su tutto il nostro fronte. Il mio buon stato d’animo mi fa presagire un ottimo risultato, ma certo che l’incognita è su di noi sempre. E la mia batteria nella sua posizione seguirà le sorti della giornata: sempre coraggio e avanti.[14] Ad ogni modo non voglio iniziare questa giornata di sorprese (certo gradite) senza inviarle un affettuoso saluto.

Non le nego però che molto del mio buon umore lo debbo alla carissima sua del 5 settembre che ò terminato di leggere appena ora. A tal proposito la prego non preoccuparsi della mia attività epistolare che a me già sembra troppo fiacca: pensi che non scrivo per adempiere ad un dovere, ma per il gran piacere di pensare profondamente a chi scrivo e per darmi un momento l’illusione di essere in presenza alle persone care nei luoghi già noti e tanto vagheggiati nelle brevi nostalgie. Pensi inoltre che ogni sua frase è come una sorgente di luce nel mio animo e mai nessuna sua parola poté anche leggermente deprimere il mio spirito. Come mai questi sospetti? Si fidi poi del mio spirito di sacrificio e sappia che ò un noviziato di ben due anni nell’arida e desolata isola La Maddalena.

Signorina, l’ora solenne è vicinissima. Penso che se riesce bene l’azione ci sarà grande onore per tutti e forse per noi un po’ di riposo! Io ò l’onore di essere di servizio oggi e contribuire attivamente alla sorte favorevole della giornata. Preghi anche perché questa giornata sia una bella pagina della nostra storia d’armi. La riverisco e la ringrazio pel bel mazzo di fiori che troverò al mio ritorno. Gradisca saluti infiniti e porga rispettosi ossequi al suo buon papà che mi à già presentato. Obb.mo Ottone Costantini

25. Ottone a Sandra. 10 settembre 1915. Cartolina militare. Matita. TP: PM 8a Divisione, 14.9.15.

10 Settembre -915

Gentilissima Signorina Sandra

Col cuore gonfio di gioia la ringrazio mille e mille volte del pacco magico. Non potevo aspettarmi tanto, né desiderare di più. Quante cose utilissime e belle! Quante dolcezze! e come squisite! Io non so come ringraziare.

Non le dico poi quanto giungesse opportunamente per dare una risollevatina maggiore al morale. Da due giorni non ricevo posta e già mi par mill’anni. Ieri ò riavuto la prova evidente del beneficio delle sue preghiere. Ero della squadra a riposo quando si iniziò un fuoco infernale e proiettili nemici fulminavano in batteria, senza però danneggiare. Ad un tratto per causa non ben determinata un nostro pezzo scoppiò ferendo gravemente un compaesano della Sig.na Cina, un certo Pareto – altri restarono illesi miracolosamente, ma chi sa se sarebbe successo lo stesso a me.

Se vedesse! sembra Avezzano qui: le scrivo di su le macerie scomposte dove tutto parla dell’immane forza dilaniatrice[15]. Circa la fotografia debbo confermare la sua supposizione: non è riuscita, ma ne ò fatte delle altre, sia in batteria, sia durante il traino ed anche oggi sul pezzo rotto, ma non so se mi riuscirà averne dagli ufficiali che le eseguirono. Se mi sarà possibile – come spero – sarà per lei senza dubbio[16].

Rinnovando i ringraziamenti le porgo saluti infiniti ed ossequi alla sua gentile famigliuola. Obb.mo Ottone Costantini

26. Ottone a Sandra. 12 o 13 settembre 1915. Scritta su foglio a quadretti 15,5 x 9,2 strappato da un taccuino. Manca il primo foglio: cfr. n. 29. Ricevuta il 16.9.15 (Sandra a Ottone, 19.9.1915)

[...] Ho chiacchierato troppo e ora non ò più carta, ma mi premeva farle sapere che se l’artiglieria non è invidiata per i suoi rischi da nessuna altra arma, à però dei soldati che sapranno fare il loro dovere anche (ed anzi specialmente...) se ànno con mestizia e rassegnazione fatti gli ultimi saluti (...non potendo fare, per ragioni ovvie, un testamento!)

Con questo, dico, non si rinuncia al bello della vita; e avesse veduto ieri sera, dopo le tre lunghe ore di sospensione, come rifiorì schietta ed esuberante la nostra ilarità, nella calma serale. Ci sentivamo rinati nel vero senso della parola e come bambini si rideva di nulla, si canticchiava con gioia pazza, e si sarebbe fatti de’ salti se non avesse un po’ tradita la gravità della divisa. Ci siamo però sfogati col criticare i tiri tedeschi (che fra parentesi non son troppo criticabili!) [...]

27. Ottone a Sandra. 17 o 18 settembre 1915. Cartolina militare. TP: PM 8a Divisione, 18.9.15.

Gentilissima

É l’imbrunire, e nella casa che occupiamo il giorno di riposo è tutto silenzio attento, un silenzio commosso.

Signorina! abbiamo nientemeno che un mandolino!

Suona, suona interminabile e delizioso, fra l’attenzione commossa dei presenti, ed io intanto scrivo; scrivo nell’oscurità quasi, ma non mi fu mai più agevole e gradito. É atmosfera di patria questa! É l’ora dell’orgoglio, del riposo, degli affetti!

Dovrei vergognarmi a dire che un nodo di commozione è in gola e mi fa desiderare un pianto, che respingo... perché poco marziale!? Questa è la vita nostra. Questi sono i mandolinisti!

S’è fatta luce... di candela. Rotto l’incanto le posso accennare così di volata che ieri provai una nuova emozione interessantissima. Dovevo recarmi ad un osservatorio avanzato e non conoscendo la via mi smarrii in un bosco fittissimo. In dietro non volevo tornare avanti era impossibile quasi. Con una grossa mazza [cancellato: ab]battevo alla meglio i rovi intricati per farmi passaggi brevissimi (e intanto il bosco era frugato da granate austriache, ché per di là erano passati bersaglieri). Dopo due ore e mezza circa non potevo più muovermi da nessun lato. Fui costretto ad una faticosa ascensione[17] su di un albero per riconoscere il terreno e dopo un buon combattimento con sterpi e macchie di spini potei tracciarmi la via del ritorno illeso... e... inglorioso. Avevo oltrepassato le ns. trincee! Sto benissimo. Salutoni... Ottone

28. Ottone a Sandra. 19 settembre 1915. Cartolina illustrata: una valle tra alti costoni di montagna. Ottone vi ha disegnato a penna la propria postazione (un uomo con sciabola: “io”; un cannone che spara: “bum!...”; un proiettile: “149”) e quella nemica colpita (tre cadaveri che saltano in aria: “accidenti che strage!”) con la didascalia: “Fotografie di guerra: eroico episodio del Cap. Maggiore Bombarda!”. Sul fondo una freccia indica: “Tolmino” (che si intravvede appena). TP: PM [?], 20..9.15

19-9-915

G.ma. Sig.na Andenna

Le invio questa interessante e movimentata fotografia di guerra perché veda dalla soddisfazione che brilla nel mio minaccioso sembiante di quanta gloria si può essere coperti su questa terra... quando fa freddo! Difatti il fuoco austriaco ci mantiene una deliziosa temperatura... primaverile quasi: col solo inconveniente di farci credere che il tempo non passi mai. Ma io non mi lascio ingannare e so che il 1920 non è lontano! Vorrei sapere che ne pensa Cecco!

Saluti a tutte le colleghine e specialissimi a lei dev.mo Ottone Costantini

29. Ottone a Sandra. 29-30 settembre 1915.

29-9-915

Gentilissima Sig.na Sandra

Già fin dall’altro ieri ferveva un’attività strana e oscura in questi settori – si sentiva quasi per l’aria qualche cosa di nuovo[18]. Il ns. cerchio di ferro e fuoco sembrava vibrare d’un’emozione viva. Ieri sull’imbrunire file interminabili di neri alpini silenziosi e pesanti s’avviavano (coll’immancabile pipa fra i denti) verso le prossime trincee. Sulla notte (fonda e carica[19] di pioggia) anche un’infinità di fantaccini erano sulla via di T[olmino]. I nostri artiglieri con piccoli pezzi da montagna e cannoncini mitragliere erano già alle trincee. Tutto era pronto – la giornata s’era iniziata con un vivo bombardamento nostro e continuava ancora quando io mi recavo in batteria; vi giunsi come al solito felicissimamente. Il mio pezzo pure faceva fuoco, al comando d’un altro capo squadra, e con molto effetto (un prigioniero riferì che un colpo a sdrapnel della ns. batteria prese d’infilata una loro colonna di rinforzo uccidendo 37 – trentasette! – nemici). Alle 6 di sera partirono le squadre alpine taglia-reticolati, la fucileria nemica si fece allora intensa, ma poco efficace (in batteria era suonata l’ora del non alzar la testa...). Alle 7 le ns. truppe alpine, fanteria e anche gli artiglieri della mia batteria in trincea saltarono fuori alla baionetta. Questa volta non più Savoia!... fucili scarichi e baionette salde sulle canne. Ecco le prime scariche nemiche poi ombre nere spaurite sbucano dalle loro trincee, già scassinate dalle granate. Il massacro dei nemici era imminente, forse in trenta o quaranta secondi sarebbero stati annientati, ma gli ufficiali gridano: fermi! si arrendono!

Gli austriaci gridano parole incomprensibili, i buoni “alpinoni” sono incerti, non vorrebbero il massacro, corrono a prenderli, ne ghermiscono a decine; altri sfuggono: vengono rincorsi e a colpi di calciolo condotti al gregge ormai nostro – due trincee sono prese! I prigionieri affluiscono ancora a gruppi e vengono portati nel paese poco discosto.

Sono le 1 e 3/4 circa di notte, esco dalla batteria un po’ curvo e sollecito: pallottoline sibilanti graziosamente mandano scintille lunghissime urtando sulle rocce e sui sassi. Qualche 105 o 152 si affonda al di qua o al di là della strada e le schegge mi danno il saluto della sera: io mi avvio al paese – faccio la via con un gruppo di alpini conducenti dei prigionieri. Uno di questi ultimi mi porge una loro borraccia di ferro smaltato dicendo: “Dòbro, dòbro”. Nella mia ignoranza riesco a capire l’offerta, giacché il recipiente era vuoto, e rispondo “l’adobro... anch’io” e me la metto in tasca. Il mio museo s’arricchisce!

30-9-915 ore 11. Scrivo solo ora la fine perché questa mattina le notizie della notte passata, incerte e lugubri mi toglievano la volontà di comunicarle; ora la verità finale s’è già affermata attraverso le piccole verità descritte a colori neri. Abbiamo fatto altri venti prigionieri e respinto 7 (sette) attacchi tedeschi alla baionetta. Un pezzo da trincea della mia batteria s’è fatto onore ed à ricevuto dal colonnello degli alpini elogi e... quattro pacchetti di sigarette! Ma chi può descrivere una battaglia notturna sotto la pioggia, nel fango, su ripidi pendii rocciosi, sotto tutte le insidie dell’arte guerresca? La penna è inferiore! Io mi proverò di farlo a voce se potrò e se ne avrò motivo. Ora basta sapere che di più non sarebbe bestialmente possibile fare. E dico bestialmente perché ciò che sia umanamente possibile fare è già stato fatto da molto tempo. Anche ieri alle 12 1/4 ritornavo dalla batteria sotto le solite due specie di pioggia e fu un viaggio un po’ movimentato ma finì bene. Imagini! ero a gambe nude nel fango (cura contro i raffreddori!) e acqua fino alle ossa. Questo è il mio riposo in fureria!...

Ore [manca l’indicazione]. Ricevo in questo momento il suo pacco. L’ò aperto ora, mentre qualche preoccupazione mi teneva accigliato, ed ebbe il potere di spianare la mia fronte.

I cani tedeschi sparano ora sul paese; una casa a trenta metri dalla nostra è saltata in aria ed il ricordo dell’u[l]tima fureria, alla vecchia posizione (distrutta da una granata) è un po’ triste ricordo, ma non fa nulla; vedo ancora una volta quanta attenzione, quanta bontà è riserbata a noi dalla ns. patria. Tutto non è dunque ostile! Che cosa non farei ora per esserne sempre più degno! Io non so elogiare abbastanza le sue abilità ed in specie l’ottima pensata del riparo alla orecchie. Ò subito messo il casco ad uso berretto chirchasso e con la mia barbetta ò anche la fisionomia di quel popolo. La sfiderei riconoscere in me un soldato italiano, specie col fango e le macchie di grasso che mi ricoprono.

Grazie infinitissime della carta, lapis ed in specie della deliziosa cioccolata! Vorrei dirle tante cose di riconoscenza, ma immagino che lei me ne rimprovererebbe, quindi lascio solo indovinarle. Mi giungono sempre desideratissime ed attese le sue lettere.

Io non saprei starne senza un solo giorno, se non vi fosse la possibilità di rileggere. Cosa dire poi di quelle indimenticabili “a spizzico” che mi fanno assistere a tutte le graziose occupazioni domestiche della più simpatica delle mie colleghine? E spesso spesso gaia e birichina la voce di qualche bambino fa capolino di tra le righe od è la voce buona della mamma, per un dolce avvertimento, per una sgridatina affettuosa. Ò letto la sua penultima[20] con commossa compiacenza e mentre l’avrei ringraziata per... l’imperdonabile (ci siamo!) sua bontà, non sapevo che sentirmi orgoglioso della benevolenza della sua buona mamma che (guardi cattiveria!) la sgridò dello smarrimento involontario[21]. Quella mia povera lettera era un’autodifesa un po’ troppo laudatoria, scritta in un momento di risentimento bellico, di cui, certo, avevano più colpa i tedeschi che lei. Anzi escludo assolutamente la sua colpa. Ò letto anche l’ultima sua[22] con quel godimento che non potrò mai significare a sufficienza e mi soffermai con gioia in contemplazione delle scene deliziosamente vive di una realtà per me passata ma pur sempre presente a me. Perché lei teme di spiacermi in quelle narrazioni? Oh no, no, creda! io anzi mi nutro di passato: così diverso e così promettente!...

Amo tanto la musica e quando lessi la sua emozione in quella serata piena di fascini, ricordai altre serate simili e feci sogni anch’io, sebbene il mio orecchio non udisse proprio note di piano armonico ora.

Signorina mia, vorrei continuare per tanto ancora a parlarle confusamente così come le sarà scabroso rileggere, ma la stanchezza non mi permette e seguiterò volentieri sul pagliericcio il colloquio mentalmente. Sono tutto bagnato ed è un po’ freddo! perché non mi dà un po’ di fuoco lei ch’è così buona? Per fortuna la sua lana mi proteggerà ed il casco che porto ora in capo fra poco mi avvolgerà tutto il viso in una carezza. Speriamo non vi siano allarmi né ordini urgenti stanotte, ché piove, piove tanto, vedesse! Buona notte. Ottone la saluta e ossequi a i suoi cari.

Perdoni signorina se non l’ò avvertita prima, lei può affrancare con dieci soli centesimi essendo io militare di truppa. Se talvolta si dimenticasse di affrancare sappia che qua non si pagano multe né affrancature.



[1] I preparativi in vista dell’offensiva fissata per il 14 erano cominciati il 9 di agosto. Il 12 era iniziato il fuoco di preparazione e il 13 il Comandante dell’Artiglieria del 4° C.d’A. si era trasferito all’osservatorio di Vrsno per seguire l’azione da vicino. A dispetto delle prime positive impressioni di Ottone l’offensiva non fu per nulla fortunata. Anche i ripetuti attacchi dei giorni seguenti (alpini e bersaglieri nella conca di Plezzo, l’8a divisione di fanteria sulla linea Mrzli-Sleme, ancora alpini a Dolje, la 7a divisione sulle colline di S.Maria e S.Lucia di fronte a Tolmino) non ottennero che parziali e temporanei successi. I 149 G della 13a Batteria postati a Vrsno e Golobi avevano in particolare il compito di battere le artiglierie avversarie sullo Sleme e sul Rucedirob, che però, come doveva rilevare più volte il Comando di Artiglieria del C.d’A., erano troppo ben postate e protette per essere raggiunte e ridotte al silenzio (AUSE, DS, 113/s. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., 9 agosto 1915 e sgg.)

[2] È scritto: strapnel.

[3] È scritto: Immaggini.

[4] Cfr. n. 15: Perché non scrive più? ecc.

[5] In verità il Comando di Artiglieria del C.d’A. continuava a lamentare la scarsa efficacia del fuoco delle nostre artiglierie. Alla data del 28 il Diario del Comando registra: “Si svolge l’azione d’attacco risolutivo del Mrzliveh per parte dell’8a Divisione col concorso dell’azione di tutte le altre truppe del C.d’A. sui rimanenti fronti. [...] L’attacco dell’8a Divisione però non riesce anche perché le mitragliatrici ed i cannoni del Rudecirob contro i quali si sono concentrati con scarso effetto i tiri di parecchie batterie [...] molto tormentano il fianco sinistro dell’8a Divisione” (AUSE, DS, 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., 28 agosto 1915).

[6] Cfr. n. 19.

[7] É scritto: ficile.

[8] Sandra a Ottone 23-25 agosto 1915 : “Se sapesse!... Ha una storia, sa, questo famoso lavoro, una storia che le voglio raccontare e che lei, paziente come è sempre stato con questa colleghina, si metterà a sentire... “tutt’orecchi” (!?) Questa volta la pazienza di questa colleghina è stata messa a durissima prova: ma mai, mai un sospiro, un pensiero anche lontanissimo di rinuncia, un lamento... Svelta svelta, sorridente, anzi, ai frizzi delle mie sorellaccie (molto buone però) guastavo, guastavo... e daccapo... non so se per ben sei o sette volte. Prima, due o tre volte, perché non ero ancora ben pratica del lavoro. Una sera, anzi, dimenticai addirittura l’andamento della maglia e fui costretta a lasciare ed andare a letto, non le dico con quale cruccio. Mentre pensavo alla mia bestialità, credo di aver ricordato la maglia: salta giù dal letto... prova... e la mattina dopo, appresso un sonno calmo e tranquillo, alzatami prestissimo lavorai con alacrità indescrivibile ed il punto non fu più dimenticato. Ma altri guai sopraggiunsero e seguito quindi nell’enunziarli. Un’altra volta ricominciai daccapo perché man mano che lavoravo la scialla sempre più si allargava... Ancora, l’avevo quasi terminata quando il giornale pubblica un modello, dichiara, molto, ma molto efficace. Lo trovai tale anch’io e senza un attimo di turbamento, aiutata da una mia sorellina, guastai... Adesso, Costantini, è terminata: mancano le iniziali... ed indovini un poco? Bice mi mette il dubbio che specie per lei non debba essere utile... Sarebbe proprio il colmo! É grande grande... alla meno peggio potrà servirsene per coprire i piedi e le gambe nelle ore di riposo: si adatta moltissimo a fare da plaid. Oh, ricordo... un altro guaio... La lana è grigia, sì, ma di due tinte: va a ruba, creda, e specie della qualità da me scelta non ne esiste più un fiocchetto... Ne comperai la quantità giusta per fare la prima forma, ma la seconda ne portava via il doppio e cerca cerca, non mi fu possibile trovarne uguale. Così altro inciampo. Ma Sandra vuole imitare i nostri soldati (di carta - che ne dice, Costantini?) e niente più la spaventa, va avanti impavida, sicurissima che il collega lontano rimarrà sempre soddisfatto. [...]

[9] Il nome del capitano non ha importanza. Ottone e il suo capitano (personaggio di qualche rilievo, che compare anche, ma fuggevolmente, negli Appunti di vita di guerra di Fausto Maria Martini) hanno condiviso quasi per intero l’esperienza bellica nella più completa, reciproca incomprensione. Tornare oggi sulle ragioni del contrasto non avrebbe senso. Basterà ricordare che il capitano C. era ufficiale di carriera e che Ottone faceva la guerra - con convinzione, ma non senza ripugnanza - anche nella speranza di contribuire a rendere definitivamente inutile la professione militare.

[10] È probabilmente la lettera del 27 agosto in risposta a quella di Ottone del 23 (a cui era unito un fiore): “[...] Il suo fiore che per la persona dalla quale venne offerto, per il luogo dove venne colto, per il momento nel quale venne consegnato ha un valore storico inestimabile, sarà da me conservato come una reliquia ed i miei nepotini oltre il racconto di questa storia unica nei tempi, oltre la vista e lo studio di queste lettere sante e vere, di una verità sacrosanta, dovranno considerare che i loro nonni, benché forti ed intrepidi guerrieri, furono sempre animati da sentimenti tanto buoni, tanto gentili. Grazie Costantini, grazie mille di nuovo. [...]”

[11] Lo spostamento della batteria da Vrsno a Gabrje fu deciso il 31 agosto in vista del nuovo attacco della 7a Divisione contro le posizioni austriache sulle alture di S.Maria e S.Lucia fissato per il 9. Iniziato il 2 settembre, il traino dei pezzi - come conferma Ottone nella lettera del 6 settembre (n. 23) - durò quattro giorni (AUSE, DS 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A. 31 agosto e all.34, 2 e 3 settembre 1915).

[12] É scritto: spareci.

[13] Sandra a Ottone, 23-25 agosto 1915.

[14] L’azione - ennesimo sforzo offensivo sul fronte Plezzo-Tolmino - ebbe inizio alle 8,30. Il fuoco delle artiglierie si intensificò alle 13,25 “ora in cui - si legge nel diario del Comando Artiglieria del Corpo d’Armata - le fanterie si dispongono per l’attacco, che non riesce”. Il fuoco fu sospeso alle 19. Ripresa l’indomani, l’azione fallì ancora una volta: AUSE, DS, 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., alle date.

[15] “In seguito a scoppi di granate nell’anima sono messi fuori servizio due obici pesanti campali (uno della 10a ed uno della 5a Batteria del 1° regg.) ed un cannone da 149 G della 13a Batteria”: AUSE, DS, 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A. cit., alla data. Avezzano era stata rasa al suolo dal terremoto il 13 gennaio 1915.

[16] Un’annotazione di Ottone a una foto di traino con buoi reca: “Verso Vurr (Merzli)”. Le foto scattate sul luogo dello scoppio, piuttosto mal riuscite e accompagnate da un disegno che ne facilitava la lettura, arrivarono a Sandra il 4 ottobre.

[17] É scritto: ascenzione.

[18] I preparativi per l’attacco dell’8a Divisione contro il Vodil, fissato per il 28, ebbero inizio il 25. Il fuoco sulle linee nemiche tra Dolje e Rudecirob cominciò alle 19,30 del 27, ventiquattro ore prima dell’attacco delle fanterie. La mattina del 29 gli alpini avevano conquistato alcune trincee che dal Mrzli scendevano su Dolje e la stessa trincea del costone di Dolje (a cui probabilmente si riferisce il racconto di Ottone). L’attacco degli alpini contro il Vodil e quello della fanteria contro il Mrzli riprese all’imbrunire dello stesso giorno, ma non ebbe successo e il 30 gli italiani dovettero abbandonare quasi tutte le posizioni conquistate (AUSE, DS 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., 25-30 settembre 1915).

[19] É scritto: carrica.

[20] Sandra a Ottone, 19 settembre 1915.

[21] Sandra aveva smarrito per strada il primo foglietto del n.26: Ottone vi parlava dei disagi e dei pericoli a cui erano esposti gli uomini dell’Artiglieria, un’arma considerata generalmente privilegiata rispetto alla Fanteria.

[22] Sandra a Ottone, 22 settembre 1915. Sandra raccontava di una serata musicale passata in casa di amici e di un’altra dedicata invece alla confezione di pettorali per Ottone. “Ieri spedii il pacco per il quale questa volta occorre le dia qualche schiarimento. Prima di tutto non rida del modo come è stato eseguito... e della elegante e leggera targhetta opera della mia cara mamma... Quando lo aprirà cerchi di tagliare il filo che lo cuce piano piano, perché ho preso in alcuni punti anche la lana che era dentro e tirando con forza potrebbe rovinarsi la maglia... Nel casco ho messo quella cincilla a riparo delle orecchie: non so se in questi luoghi il freddo è ora sì intenso; in ogni modo potrà staccarla e ricucirla all’occorrenza. Quei due pettorali lei non li metterà a carne, perché sudando la stampa potrebbe nuocerle, mentre mettendoli sopra la maglia il freddo non entra lo stesso. E con questo Sandra ha terminato le sue raccomandazioni. [...] Lunedì sera, riunite nella nostra camera da pranzo con la famiglia della mia compagna fidanzata all’ufficiale di fanteria, abbiamo incominciato ed ultimato i suoi pettorali... ognuna di noi giovinette ha voluto farci qualcosa: chi ha tagliato, chi imbastito, chi cucito a macchina... e tutto questo affaccendarsi gradito tra il racconto di mille episodi di valore ed eroismo, tra le dichiarazioni, semplici ma sincere, di volere a tutti, tutti i soldati d’Italia tanto tanto bene e la lettura, anche, di qualche importante brano delle sue lettere... I suoi scritti hanno costituito il privilegio della serata.” La pettorina di cui qui si parla era “tutta di carta nell’interno (ottimi i giornali distesi dopo essere stati stazzonati). Sopra e sotto può essere di tela leggerissima o pure di carta. É orlata di fettuccia leggera cucita a mano con filo floscio” (Comitato Centrale d’Assistenza per la Guerra, Milano, Lavoriamo per i nostri soldati. Modelli d’indumenti per soldati approvati dalla sanità militare, Vallardi, Milano, 1915, p. 15). Sull’utilità dei pettorali cfr. la lettera di Ottone del 22-23 ottobre 1915.

 

O. Costantini

Lettere dal fronte


Indice

F. Cataluccio
Prefazione

C. Costantini
Un contabile alla guerra
Note e avvertenze

Il primo fronte
1-15 16-29 30-46

Asiago-Bainsizza
47-70 71-94 95-119 120-141

L'ultimo anno
142-163 164-184 185-204 205-222

 

 
 

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