30. Ottone a Sandra. 11 ottobre 1915. Cartolina illustrata: paesaggio alpestre: O picchi ignudi che l’aquila veglia ecc. Matita copiativa. TP: PM 4° C.d.A., 12.10.15.

11-10-915

Gent.ma Sig.na

Sono spiacente di averle dato modo di essere preoccupata e mentre la ringrazio della bontà sua che la porta ad interessarsi di un meschinissimo fra tante migliaia, la rassicuro che ora io sto bene. Certo non fu così per il passato, ma... il passato è... passato e qui è tutto. La ns. nuova posizione è ridente e ventilata di aria purissima e frizzante, ma di orizzonti meravigliosi. Le altre cose (la guerra) son sempre le stesse. Salutissimi. Ossequi in famiglia. Obb.mo Ottone Costantini

31. Ottone a Sandra. 14-15 ottobre 1915.

14-10-915 ore 11 e 1/4 sera.

Gentilissima Signorina

Eccomi a lei dopo la terza notte di traino,[1] ma questa sera, al contrario delle precedenti, mi sento ancora in forza... e ne approfitto. Ho ancora il cervello esaltato dalla visione del lavoro compiuto: strade improvvisate su per costoni infernali e impraticabili quasi ad esseri umani sono state le vie per i ns. pezzi da 149.

Tonnellate e ton[n]ellate portate a forza di braccia, su tutte le più dolorose asperità[2] del terreno, e fango e acqua!

Ieri si iniziò il traino di un grosso affusto di 149 alle 5 3/4... la via crucis cessò alla mezza notte e mezza. Quasi 7 (sette) ore attaccato, inchiodato ad una fune con le mani rattrappite, il respiro grosso e goccioloni di sudore su tutto il viso. Ma il pezzo saliva, saliva sempre, lento, lentissimo, ma saliva. Quando a Dio piacque si ritornò, stanchi, zoppicanti, muti, fradici!

Mi gettai quasi su di un tavolato (coperto da una tela e rifatto a modo di giaciglio) e cercai di riprendere i sensi quando suoni indistinti e strani mi fecero sollevare: esco e nell’oscurità perfetta, sonora di mille scoppi lontani (ma non troppo ve’!) dolcissimo il suono di un mandolino e chitarra cantava un’arietta festosa paesana. Le confesso in quel momento non ebbi neppure la forza di commuovermi ed esclamai: “Siamo incorreggibilmente Italiani!”. Pensi alle sette ore di traino in montagna! ai piedi e mani sanguinanti, all’acqua di sopra (immancabile in ogni nostra azione!) e al fango e pietre di sotto che ci martirizzavano e poi mi sappia spiegare la loro volontà musicale a quell’ora e in quel disarmonico concerto di scoppi non del tutto lontani!

Mandolinisti! mandolinisti!

15-10-915 ore 10 1/4. Ho scritto questa data ed ò dovuto sospendere subito ché un caporale munito d’un prezioso “Giornale d’Italia” si è messo a leggere il resoconto della serata di Novelli al Nazionale per i feriti di guerra. La commozione era in fondo al ns. animo e il desiderio d’un premio tanto gentile ci sorrideva: la lettura seguitava ed io pensavo a quelle che forse avran fatte le nostre famiglie e gli amici, pensando un po’ anche a noi... la lettura seguitava ancora... ad un tratto un arresto... un colpo formidabile nella notte ci richiamò alla realtà; ci guardammo in viso e... si rise! Quanto è lontana Roma... e non Roma sola!

Quanto son brevi i momenti di illusione!

Ma tremino le aquile austriache! Stiamo preparando un altro pranzetto per loro.

Ho ricevuto poco fa la lettera di mio fratello con le fotografie. Quanto mi son gradite! quanto non mi so saziare di riguardarle! É proprio un angolo della diletta Roma, ch’è venuto fino su queste rocce nevose!

Signorina, ò tante cose da dire che sono spaventato di dover lasciar monche per la stanchezza. Anche questa sera dovrò rimandare ad altra volta: sono tanto stanco e sebbene non mi attenda che il nudo tavolaccio e due coperte, pure mi sorride e mi promette un lungo colloquio con lei, mentalmente, così come si fa dai tagliati fuori dal mondo... mi ascolterà ugualmente con attenzione?

La saluto la saluto la saluto

tanto tanto

Ottone Costantini

Buona notte

32. Ottone a Sandra. Foni 22-23 ottobre 1915.

Foni[3], 22-10-915 ore 21 3/4

Gentilissima Signorina

Non so se sia più addolorato che vergognoso di questa mia pausa nello scriverle. Certo che al dolore di restar privo di gradite sue è da sommare lo sconforto di non [cancellato: poter] aver potuto intrattenermi con lei come il consueto e specie in quelle ore che più ci richiama il pensiero alle persone care. Consideri poi quanto maggiore e vivo questo desiderio sia ora che l’immagine sua e dei luoghi famigliari m’è resa fresca e palpitante dalle fotografie inviatemi.

L’ò guardate tante volte e sempre che scrivo le considero di nuovo. Mi sembra allora che il mondo non sia così lontano da me e dimentico tutto quanto mi circonda.

Che dirà di me leggendo queste espressioni? Le sembreranno un po’ strane, dica la verità.

Le assicuro non so credere che le mie lettere siano da lei ricevute solo con la metà del contento che mi procurano le sue. Naturalmente in[4] lei sarà un po’ di curiosità benevola che attraverso il suo animo molto sensibile e gentile prende il colore e il calore di un sentimento profondo. Questo è tutto, però, non è vero?

Ebbene sia! l’uomo vive di tante illusioni e fa bene a non svelarle. Vi rimetterebbe di tranquillità.

Quanto sono strano questa sera! saranno forse le emozioni della giornata che mi danno un sentire così scontroso ed enigmatico.

Può darsi; difatti quanto vien succedendo da un paio di giorni in queste contrade, è cosa tale da far vibrare dalle più profonde fibre dell’animo.

Ho assistito fremente a combattimenti epici indescrivibili. I rombi di cannonate, gli scoppi, la fucileria avevano per questi valloni la sonorità di un gigantesco cantiere navale – là dove milioni di mazze percuotessero enormi lastroni. Era un canaio[5] continuo incessante. Vampate fulminee e nuvoloni di fumo tempestavano il cielo, velando il profilo dei monti.

La preparazione fu un bombardamento metodico di tutte le posizioni, poi l’avanzata preceduta e guidata dalla ns. artiglieria. I ns. sdrapnels grandinavano falciando ovunque. Le trincee nemiche espugnate son trovate zeppe di cadaveri e feriti. Il nemico resiste in qualche punto tenacemente poi vien cacciato impaurito decimato. La violenza di questa avanzata e la sua meravigliosa organizzazione non à precedenti. Veramente degne degli ostacoli e delle forze che abbiamo di fronte. Da un posto telefonico odo rapporti di generali sull’azione. Il... bersaglieri avanza risolutamente avendo già raggiunto il suo 1° obbiettivo. Il ... alpini[6] ànno [sic] conquistato l’a[l]tura ... dove erano forti nuclei e mitragliatrici nemiche; abbiamo fatto una cinquantina di prigionieri. Settore... il... bersaglieri ànno [sic] fatta prigioniera un’intiera compagnia nemica con ufficiali... ecc. ecc. ecc.[7]

Insomma su tutto il fronte si avanza! Dopo aver visto e udito, e mentre ferve la lotta, sentir passare certe comunicazioni, con grossi nomi di generali, le assicuro che è roba da impazzire dalla gioia. Bisogna esser qua da molti mesi e conoscere quali ostacoli abbiamo innanzi per immaginare la nostra giusta esultanza. Oggi si avanza, si avanza sempre e domani si seguiterà. Il pericolo non à più valore. L’artiglieria nostra è la regina dell’azione. Tu[tt]o è possibile per essa. Il nemico è massacrato, disorientato.

23-10-915. La nostra nuova posizione è quanto di più incantevole si possa immaginare. Il paesaggio che si gode in questi giorni di bel sole (sole un po’ freddo ma splendido) è al di sopra di ogni pittura, di ogni più fantastica composizione. Il tetro monte nero che si erge gigante innanzi a noi à preso un aspetto gaio e solenne di un’imponenza straordinaria. L’aria rigida e asciutta, ma finissima mette nelle vene un fuoco gagliardo che inebria. Tutto è gaio qua, ora. Anche la lotta che ferve non à l’aspetto nero della morte, ma il color vivace d’una festosa avanzata. Chi pensa più oggi che da un momento a l’altro questo paese può saltare in aria? Ci sentiamo forti e il mondo è nostro.

La sua gentilezza la spinge a chiedermi dell’utilità dei pettorali: ebbene le assicuro che sono utilissimi e tutt’ora ne porto in dosso. Però devo dirle che uno l’ò messo fuori uso in un sol giorno quando si fece l’ultimo traino. Lo tenevo proprio sotto la giubba e cioè sopra due maglie, gilet e camicia, ma il sudore in quei momenti di sforzi continui, enormi, à l’abitudine di passare anche la giubba e inzuppare il cappotto. Sicché il pettorale lo trovai tutto impastato e lacero da non potersi più utilizzare. Questo però non deve scoraggiarla perché sudate di quel genere non si fanno tutti i giorni e i pettorali fanno ottimo servizio sempre. Le sarò veramente grato di riceverne un altro paio. Alla presente accludo una meschina fotografia che le servirà per riconoscere il suo casco e la mia barbetta (le cose più interessanti).

In questo momento dei soldati per scherzo son venuti fuori della ns. casetta a fare una serenata con chitarre, armonica e canto: “Addio mia bella addio l’armata se ne va... ecc.” É stata una bella e gaia sorpresa specie per la bell’armonia dell’assieme. E pensare che attorno a noi le granate fanno gli scherzi più atroci! Sempre mandolinisti!!!

Riceva tanti saluti, ma tanti e ossequi infiniti anche ai suoi di casa. Obb.mo Ottone

33. Ottone a Sandra. 27 ottobre 1915.

27-10-915 ore 22 1/2

Gentilissima Signorina Sandra

Per quanto io possa partecipare, e sinceramente, al suo contento la prego di abolire gli Urrah! Urrah! Non sa che questo è l’antipatico grido di guerra di quelle marmotte austriache?! Peraltro è ben vero che lo fanno sentire di rado e spesso gridato dalle trincee senza avere il coraggio di uscirne. Dunque: evviva i due b..., pardon la scialla del valoroso ufficiale, che (sia detto in segreto) m’è discretamente antipatico[8]. Che! si meraviglia? Ma certamente!... non è quella la maniera di trattare una buona signorina! Rubarle delle preziose ore di sonno, che è così necessario e delizioso. Sa, io me ne intendo ora! e come!

Ricordo (ma è passato da diversi mesi) quando una notte di traino caddi, durante il montaggio del pezzo, e mi addormentai istantaneamente così come restai, sul terreno bagnato. (Sembrerebbe una sparonata). Quando fui svegliato a forza, poco dopo, allora riconobbi tutta l’immensa preziosità del sonno. Ma lei, sempre cortese, non nega mai sacrifici ai soldatini d’Italia, come io non le negherò mai qualche rimbrotto per queste sue scappate e per tutta l’altra eccessiva assiduità all’Ufficio. [...]

Delle nostre fortunate ma faticose azioni non ne riparlerò che quando il cannone nemico ci risponda. Ora ci lascia troppo tranquilli ed io ne sono vergognoso. Le giuro non c’ero abit

Signorina! non creda che sia uno stupido scherzo a sensazione, ma ci veda piuttosto la fatalità e stranezza del caso: uno scoppio terribile à fatto sobbalzare tutta la casetta e svegliare i miei amici prima che terminassi la parola tanto sicura. É stato uno scoppio vicinissimo al paese e terribile. Si risvegliano quei tangheri! Saluti ossequi saluti ossequi saluti ossequi ecc... Ottone Costantini

Oggi è venuta la prima neve da noi! che delizioso freschetto!

Grazie per la proposta dei giornali, ma si à poco tempo da leggere e qualche giornale vecchio giunge ogni tanto. Saluti aff.mi

34. Ottone a Sandra. Senza data. Cartolina illustrata: foto di cannone da 149 con inserviente; di mano di Ottone: “Saluti dal ns. 149... nei suoi tempi patriarcali”. TP: PM 8a Divisione, 31.10.15. TA: Roma, 3.11.15.

Gentilissima

Questa sera si parla con insistenza di licenze, quindi grande chiacchierare... ma per me ancora tre mesi! Sembra che saranno concesse solo dopo sei mesi di permanenza al fronte.

Allegri lo stesso! Qua il tempo passa abbastanza celermente, giacché gli avvenimenti che si susseguono ànno un certo interesse... e ci riguardano molto da vicino. [...]

35. Ottone a Sandra. 31 ottobre-2 novembre 1915. Scritta con inchiostro rosso e, limitatamente alla prima parte, in corsivo.

31-10-915

Gent.ma Sign.na

La mancanza d’inchiostro nero mi costringe servirmi di questo, che à la proprietà... di darmi il ghiribizzo di fare dell’eleganza (sarà vera... eleganza?). Lei mi darà il suo parere in proposito; ad ogni modo non si può negare che almeno il colore sia di circostanza. Come dissi a mio fratello, io sto benissimo e attendo tranquillo il mio turno per la trincea. Ma effettivamente andrò agli avamposti, dove abbiamo due cannoncini revolver da 37 m/m. Per dirle qualche cosa di questo ns. servizio[9], che disimpegnamo già da due mesi, comincerò col precisare che i ns. piccoli pezzi sono posti a trenta metri di fronte alle profondissime trincee nemiche, e che non abbiamo veri trinceramenti ma solo parapetti di terra e roccia, di modo che restando i 10 giorni di turno raggomitolati in terra (immagini se si può dormire!) abbiamo il libero passaggio a tutte le grazie nemiche sul capo. Son bombe a mano, granate, sdrapnel ecc. ecc. che volano. Ma fino ad ora i ns. bravi artiglieri ànno destato l’ammirazione degli alpini, che stanno accanto e che ci guardano con immensa simpatia per i servigi che rendiamo loro, dividendone tutti i rischi e le sofferenze (immagini, capita di mangiare... settimanalmente o quasi!) La sparutezza di quelli che ritornano di là ne fa fede. Ma sono allegri e alteri d’aver tenuto un posto, che dovrebbe sembrar pazzia conservare.

Se avrò l’onore di partire presto per gli avamposti la prego scrivermi tutti i giorni per quel periodo. L’avvertirò.

À ricevuta la fotografia in gruppo? Qui le accludo una copia meno infame della brutta fotografia a solo. A mio fratello sarebbe sufficiente per classificarla (ironicamente) di effetto artistico!

2 novembre. Ho ricevuto poco fa, ed ò letto ora, nel silenzio di questa casupola, la carissima sua del 29. Stavo meditando profondamente: il mio buon amico, scultore-telefonista, entra inosservato e mi si pianta innanzi (ancor bianco di un lavoro funerario) e brontola la sua osservazione, sempre singolare: “Amleto!” Ho il torto di non conoscer troppo questo drammatico personaggio, ma certo doveva avere nell’animo, come io riflesso sul viso, lo sbigottimento d’un enigma, d’un’incertezza grande. Vi sono momenti solenni nella vita, in cui l’approssimarsi d’una gran gioia o d’un gran dolore danno [sic] esitazioni timorose: e pare quasi insensato credere alla realtà o non piuttosto a un giuoco della fantasia. Ero in quel momento immerso in una contemplazione quasi dolorosa, in uno di quei sogni sublimi che danno la sofferenza dell’emozione.

Signorina! ò veduta allora laggiù in fondo alla valle sul costone della montagna, proprio di fronte a una linea di trincee nemiche una roccia scura. Là è il mio posto. Là c’è la gloria, ma là è l’incognita. Signorina, le scriverò alla mia partenza e tanto al ritorno. Mi vorrà scrivere sovente in quei giorni? Le invio saluti dal cuore. Ottone Costantini. Ossequi ai suoi

36. Ottone a Sandra. 5 novembre 1915. Cartolina illustrata: foto di amazzone e cavallo. TP: PM 4° C.d.A., [6?].11.15. TA: Roma Centro, 8.11.15.

... 5-11-915

G.ma

Perdoni se devo approfittare d’una cartolina non d’ordinanza: è la fotografia del comandante la legione amazzoni, che si costituirà ben presto per la nostra guerra. Non dubito che anche lei vorrà dare il braccio per la salvezza della patria. Così potrò augurarmi di salutarla da buon camerata, su queste nivee regioni. Le sembrano pazziate di poveri eremiti?... Invece sono i ns. pensieri quasi seri, dovuti a lunghe ore fredde di attesa. Che cosa si potrebbe pensare e dire quando ci manca il conforto migliore: la corrispondenza dei nostri cari? Ora siamo in nuova preparazione, e se il tempo non ci sarà più tanto nemico faremo delirare i buoni italiani. Riceva le migliori espressioni della mia stima e simpatia. Obb.mo Ottone Costantini

37. Ottone a Sandra. 7 novembre 1915.

[...] Nella sua graditissima (anzi carissima) si lamenta di essere stata dimenticata durante la malattia. Io non ò ben compreso se ella si riferisca alla mia o alla sua indisposizione. Se alla sua devo dire a mia giustificazione che più volte le chiesi notizie e le feci quelle preghiere di aversi cura, che il cuore mi dettava imperiosamente, anzi direi tormentosamente e se non più potei fare deve attribuirlo alla vita anormale che qua si mena (e non lo creda una scusa vile!) per la quale accade spesso di dover troncare per giorni e notti intiere ogni rapporto col mondo, che non sia di solo pensiero. Se poi ella si riferisce alla mia indisposizione, allora purtroppo dovrei dirle[10] cose che forse la censura non permetterebbe. Pensi solo questo, che con più di 38[11] g. di febbre dovevo fare corse pazze sotto il fuoco nemico, a digiuno, sotto la pioggia, con le gambe nel fango, sia di giorno che di notte. La mia debolezza era a tal punto che cadevo ogni cinque minuti, nell’oscurità più profonda e mentre pallottole filavano da tutte le parti. Col febbrone avevo un raffreddore cane e mi trovavo, per le tante cadute, ignudate le gambe e zuppe di fango. Questa musica durò molto, ma molto tempo e cioè fino a quando seguitai ad essere malato. (Sembrava la cura!). Mi dica se in quelle condizioni di spirito e di fisico potevo aver modo di essere assiduo nel corrispondere a mezzo posta. Quando arrivavo su quel doloroso pagliericcio, mi vi lasciavo cadere e restavo così: sbalordito, agghiacciato, incosciente. Che potevo fare io? Signorina! lei non conosce e non conoscerà mai tutto il rovescio della medaglia!...

Se io posso essermi espresso qualche volta con poca chiarezza, dando motivo a falsa interpretazione, me lo perdoni e pensi che in pochi attimi di riposo non si può badare né a ortografia, né alla differenza fra l’intenzione e la realtà grafica dello scritto. Ed ora signorina mia ombrosetta e diffidentuccia, vorrà serbare il broncio od anche il sorriso impostosi? o non piuttosto restituirmi una certa fiducia? la sua cartolina ultima me lo fa sperare. [...]

Lo sfortunato scoppio di granata che mi tagliò la frase a metà, non à avuto seguito. Deve essere stato un colpo sbagliato... d’indirizzo e caduto fra noi, mentre apparteneva (tante grazie!) agli amici d’artiglieria da campagna della posizione soprastante le nostra.

La ringrazio infinitamente della spedizione dei pettorali, che spero ricevere prima della mia partenza: ne porga tante espressioni di riconoscenza anche alla sua buona mamma per il benevolo suo interessamento.

Ho sempre spedito lettere aperte a causa della censura e non so spiegarmi come mai, prima, arrivassero chiuse. Ora proverò a chiuderle! Vedremo! [...]

38. Ottone a Sandra. 8 novembre 1915. Cartolina illustrata: A. D. Campestrini, Avanti Savoia! La conquista del Monte Nero. Giugno 1915. TP: PM [?], [?].11.15.

8-11-915

Gentilissima

Ò ricevuto questa sera il pacco dei pettorali... con complicazione. Non le descrivo la mia gioia, giacché fu sopraffatta da quella di tanti e tanti altri che misi a parte di quelle squisitezze. Questa di stasera è una gioia ed una allegria che non à pari. Se avrò la fortuna di ritornare mi deve rimostrare la presente che rivedrò con commozione. Mille soldatoni gridano Avanti Savoia ed Evviva la patria bella... ed io... Evviva ... lei! in più. Infiniti saluti. Obb.mo Ottone Costantini

Fuori tuona il cannone e sibilano le pallottole e il vento del nord. Salutissimissimi.

39. Ottone a Sandra. 11 novembre 1915.

11-11-915

G.ma Sig.na Sandra

Leggo[12] in questo momento la carissima sua del 6-7 corr. e già prima di cominciarne la lettura (che rimisi ad ora di tranquillità) dissi a un mio caro amico: Comprerei col sangue ogni lettera di queste! Crede ch’io possa scherzare? eppure è la realtà più che sincera. Quest’ultima sua m’è giunta, poi, in un momento psicologico eccezionale e favorevole. É la vigilia! Domani all’alba vado agli avamposti coi cannoncini da 37 m/m! Sono meno di 90 metri dai nostri avversari, compagni d’arme! La via per giungervi è piena di... dirette fucilate, ma queste passate, si torna buoni amici... a schioppettarci vicendevolmente. È una schermaglia che farà la grandezza d’Italia e rinsalderà l’amicizia fra noi e i nemici. Le sembra strano? eppure sapesse[13] quanti bei episodietti di cameratismo succedono fra noi umili. Certo è che solo fra loro si trovano le eccezioni, di quei che sparano sui poveri, costretti a passare in punti molto scoperti con carichi non micidiali. In questi casi il nostro cannoncino fa le vendette, con somma letizia degli “alpinoni” nostri buoni vicini. Ieri un reduce dagli avamposti raccontava che questi avevano le massime attenzioni per i ns. artiglieri e non li facevano mancare di nulla. Un ordine d’un ns. semplice soldato è vangelo per loro!

Parto con la letizia nel cuore e... le sue lettere sopra, a protezione! Che direbbe, signorina, a vedersele tornare trapassate da un foro? Speriamo che non sia, tanto più che la mole di esse è tale da non potersi trapassare facilmente. Quanto mi rincresce non avere una macchina fotografica per fermare qualche punto di quelle regioni vietate! Sarebbe un bel documento per il suo album!

Quanto è bella quella funzione del 2 novembre sull’altare della patria! Qua si era stabilita una funzione religiosa, ma la nostra batteria (al solito) non poté parteciparvi[14]. A tal proposito voglio rispondere a un’antica sua domanda che non potei evadere altrove, per mancanza di opportunità. Da che sono in guerra solo una volta potei assistere ad una messa di campo. Fu nei primi giorni, quando mi trovavo nella tranquilla Golobi. Una domenica splendente di sole. La piccola cappella fra le piante annose sembrava una cappella votiva di cimitero fiorito. L’interno era zeppo stipato di soldati di tutte le armi. Gli ufficiali sulla balaustra e nel piccolo coro. Un soldato stava all’armonium. S’iniziò la funzione. Quanti ricordi in quei momenti di pace divina! quanta commozione! Veramente non v’è cosa più gradita e solenne d’una messa da campo, in mezzo a morituri prossimi. Ma questa gioia c’è tolta ora, che le nostre posizioni avanzate non permettono il lusso di funzioni, così prossime al nemico. Sono mesi e mesi che tutto è fuori del normale e nessuno si cura di considerarlo. I nostri sacrifici (se non fossero le sue lettere) mi sembrerebbero dimenticati e sconosciuti. Domani all’alba sarò a pochi metri dal nemico (e sarà fortuna ar[r]ivarci sani). Quanto desidererei aver una parola di pace d’un buon sacerdote, che dall’infanzia imparai ad amare, ma dove trovarlo in questi paraggi? Non che non vi sia, ma noi siamo tanti e lui dove si trova? Partirò così, con la speranza che l’eternità non mi sarà grave nel caso d’una disgrazia, solo per il desiderio e la rettitudine che mi guida. Poi confido sempre in lei e so che la sua Madonnina l’ascolta molto. Per la più grande Italia, le mando un affettuoso saluto. Scriva spesso spesso. Addio! Ottone

Ho ricevuto questa sera una dimostrazione d’affetto, per la mia partenza, che non à eguali. Sono troppo contento!...

Mio nuovo indiri[z]zo: 4a Batteria d’Assedio, 8a Divisione, 2a Armata[15].

40. Ottone a Sandra. 13 novembre 1915. Matita copiativa.

Avamposti[16] 13-11-915

Gentilissima Signorina

Eccolo qua il suo amico artigliere, seduto sotto una roccia, che le scrive appoggiando la carta al fucile tenuto sulle ginocchia. Come vede il fido 149 è diminuito di calibro, parecchio! Sono ai famosi avamposti. Vi ò già passata una notte... quasi insonne per l’incomodità del giaciglio. (La posizione è quella di seduti, sia la notte che il giorno).

Il can-can [cancellato: durato] cominciato con le tenebre e durato tutta la notte non mi à impedito quel po’ di sonno che ò potuto strappare a Morfeo. C’è stato qualche momento di pericolo più prossimo, che mi fece riaprire gli occhi, ma non cercai ripararmi di più; le giuro ò veduto di peggio. Però devo confessare che tanti suoni diversi negli scoppi e sibili non lo credevo possibile. Ce ne sarebbe da fare un’orchestra meravigliosa. C’è ad esempio la bomba, non a mano, che à un duplice e formidabile scoppio della tonalità della grancassa da banda: ad una certa distanza ci sarebbe da confondersi.

Rileggevo ora la sua ultima del 7 e le attrattive che à su lei la musica m’à[n] fatto ricordare con gioia la mia passione, ora quasi sopita. Ho pensato tante volte con desiderio alle belle ore di buona musica gustate a Roma e altrove, e sempre il cuore mi à lusingato che potrò sentirne ancora.

I bei notturni di Chopin ne à più uditi? Se ne avrà occasione pensi in quei momenti ad una buia notte di tempesta, sulle pendici rocciose e fredde d’un bur[r]one alpino. Scruti bene col pensiero e tenda le orecchie: chissà che fra i tanti soldatini d’Italia non si riconosca anche me!

Mi parli tanto della musica e delle impressioni che ne riceve; m’è tanto gradito.

Smetto per darmi una fregatina di mani; fa un po’ fresco (ma non tanto, ve’) e si sente il bisogno di rianimare la circolazione del sangue. I piedi in specie soffrono, ma ci vuol pazienza. Io li tengo molto coperti, ma bisognerebbe muoversi.

Qua piove sempre, e anche ora che scrivo, ma sotto la roccia c’è possibilità di non bagnarsi. Io non ò ancora aperto il fuoco coi miei 37 m/m; le descriverò altra volta le emozioni e gli effetti. Non voglio lasciare senza un sommario accenno le fatiche del raggiungere la posizione avanzata. Non sono mai stato un alpinista, lo sapevo, ma ora giuro anche che non lo sarò mai. Un chilometro e mezzo di aspra montagna, dovuto fare in tanti punti allo scoperto e di corsa! Non sentirsi più la forza di proseguire e gettarsi a terra incuranti delle pallottole che potevano venire da poche decine di metri, ecco quanto oggi ò dimenticato a metà e solo ieri credevo impossibile sorpassare. Sarebbe necessario descriverlo nei suoi numerosi incidenti questo viaggio, ma ora non posso e la saluto caramente. Ottone Costantini [...]

41. Ottone a Sandra. Senza data. Cartolina illustrata: O prode! sarà premio al tuo sacrificio la Vittoria della Patria, fotoscultura di D. Mastrojanni. Matita copiativa. TP: PM 8a Divisione, 15.11.15.

Gent.ma Sig.na

Le sembrerebbe che la presente possa provenire dagli avamposti? eppure sono in una autentica trincea con gli alpinoni, nostri buoni amici. Godere la fiducia degli alpini non è cosa facile! Mi trovo qua già da tre giorni e due notti e malgrado Giove pluvio non ci risparmi, Marte è con noi. Quindi Evviva l’Italia e Avanti Savoia! Saluti a tutti. Ottone Costantini

42. Ottone a Sandra. Avamposti, 16 novembre 1915. Cartolina militare. Matita copiativa. TP: PM 8a Divisione, 18.11.15.

16-11-915

G.ma Sig.na

La salute è sempre buona malgrado il freddo e l’insonnia. Agli altri incidenti non si pensa: basta un po’ di buon umore. Scriverò a lungo appena mi sarà possibile. Salutoni. Ottone Costantini

43. Ottone a Sandra. 16-17 novembre 1915. Matita copiativa.

Avamposti 16-11-915

Gent.ma Sig.na

Ho ricevuto ieri, qui in trincea, le carissime sue del 9 e cartolina 11 corr. Il contenuto mi mise in dosso un’allegria ed un calore che valse a neutralizzare gli effetti del rigore invernale. Mi giunsero sul tardi e leggevo con ansia vedendo scomparire il giorno. E così fu che dovetti sospendere più tardi per mancanza di luce. Il rincrescimento di quella pausa era compensato dal pensiero che all’alba, come un saluto augurale, avrei avuto ancora la sua parola simpatica e fresca di vivacità. [...]

Le nostre ore di azione e di attesa passano spesso allegre e ieri specie (dopo aver sospesa la lettura) noi 5 artiglieri, rincattucciati sotto la roccia presso il cannone, intonammo a bassissima voce un allegro coro e più tardi si cominciò a narrare le favole di fate e maghi restando pigiati l’un contro l’altro, ravvolti alle coperte, mentre intorno a noi il concerto era al completo.

17-11-915. Non ò potuto terminare ieri la presente e inviai una cartolina con saluti. [...] Nella sua ultima si mostrava curiosa di sapere a quale posizione sarebbe giunta quella lettera e quali cose avrebbe vedute: ecco accontentata.

Sul costone d’un’aspra montagna che domina una vallata strettina, un groviglio di trincee amiche e nemiche. Sotto una roccia e riparato da sacchetti di terra, il ns. posto col cannoncino in mezzo a questo caos. Era poco prima dell’imbrunire; avevamo scorti degli austriaci che lavoravano in trincee sottoposte e vi sparammo colpi ben aggiustati. Nel successivo riposo presi a leggere la gradita sua, mentre scendeva la neve e mi bagnava la carta, in vano protetta dalla mia persona. Il freddo in quel momento non lo sentivo! Più tardi cominciai la presente, ma ebbe un arresto brusco. La nostra azione deve aver dato sui nervi, parecchio, a quei gaglioffi, e così cominciarono il cannoneggiamento contro la nostra roccia. I sacchetti cominciavano a saltare, io dicevo ai miei soldati attendiamo ancora, non andiamocene, ma i tiri incalzavano e si facevano più precisi; scheggie da tutte le parti! Allora, scappa a ripararci in una trincea di Alpini facendo salti e ruzzoloni indiavolati. Il suo guanto della mano sinistra si è leggermente stracciato. Di male nulla, paura niente, ma certo, un po’ d’emozione.

Più tardi andammo a verificare. Che putiferio! tutto sottosopra. Anche blocchi di roccia erano saltati, ma il pezzo intatto. Faremo le vendette! Come vede il momento che vide la sua lettera è stato veramente emozionante, però lei non se ne impensierisca, ché ò fiducia di non ritrovarmi a momenti simili. [Aggiunto a margine: Non parli per ora di questo a Ivan.]

Signorina, non faccia caso se a volte dimentico di rispondere a delle sue domande: capirà, scrivo a scatti e con nessuna comodità. Il ferimento del dito non à nessunissima importanza. L’ò fatto notare a mio fratello esclusivamente per far constatare l’inefficacia del bianco della benda nella mia fotografia “artistica”. L’incidente avvenne durante l’ultimo traino, ma non si deve a proiettile, quindi nulla d’interessante né di pericoloso. [...]

Che cosa posso dirle ancora? Le vorrei dire di non affaticarsi a scrivere, giacché mi accorgo che le mie richieste sono ingorde, ma come rinunziarvi? starei più volentieri senza mangiare. [...]

44. Ottone a Sandra. 18 novembre 1915. Cartolina militare. Matita copiativa. TP: PM 4° C.d.A, 19.11.15.

18-11-915

Gent.ma Sig.na

Ancora dagli avamposti saluti cordiali. Questa sera avremo azione[17], spero poter narrare belle cose. Il freddo ci fa sempre poco lieta compagnia e le membra aggranchite protestano, ma non è sufficiente questo ad abbassare il ns. buon umore. Oggi abbiamo veduto il sole per tutta la giornata; naturalmente un sole alpino.

Cordialissimi saluti a tutti Ottone Costantini

45. Ottone a Sandra. 21 novembre 1915. Cartolina militare. TP: PM 4° C.d.A., 21.11.15.

21-11-915

Gent.ma Sig.na

In settimana sarò a Roma![18] Finalmente! Qualche giorno di disinfezione poi partenza.

Voglia sospendere ogni invio di corrispondenza.

Salutissimi in fretta. Ottone

46. Ottone a Sandra. Svina, 22 novembre 1915. Matita copiativa.

Svina 22-11-915

Gent.ma Sig.na

Il secondo giorno di quarantena non passa più. Abbiamo già fatto troppo chiasso: ora il tedio dell’attesa è insopportabile.

Oggi, perché il tempo passasse, eravamo in giro per la ricerca di qualche soggetto fotografico, quando la nostra attenzione fu attirata da un congegno piantato nella campagna.

Ci dirigiamo da quella parte e vediamo una fune d’acciaio, che, fissata alla sommità di un monte, veniva a terminare su di una armatura posta lì in mezzo al prato. Per questa fune (della lunghezza di due chilometri) i boscaioli lasciano correre fasci di legna tagliata a monte. Proprio in quel momento due tronchi d’albero erano stati abbandonati alla discesa e venivano giù con una velocità ed un ululato simile a quello di un grosso proiettile. Noi eravamo a rispettosa distanza ad ammirare lo spettacolo interessante. I due blocchi arrivano indemoniati; un tonfo e... impreveduto da tutti, un rimbalzo verso di noi. Istantaneamente ci gettiamo da parte, ma ahimé! troppo tardi. Un tronco colpisce alla mano un caporale e quindi mi sbalza a terra colpendomi alla schiena (dalla parte bassa). Fu una enorme pedata! Fui subito sollevato e trasportato, fino al riprendere dei sensi (pochi secondi). In quel momento vidi giungere correndo, affannati tre ufficiali degli alpini. Io li rassicurai (e anche un dottore ch’era tra loro confermò) ma non può credere quanta commozione mi procurasse la squisita premura dei buoni ufficiali alpini. Questi alpini non sono mai a sufficienza encomiabili. Quando sarò costì potrò parlarne per delle ore. Io sto benissimo e domani non sentirò più nulla, ma l’impossibilità di restare ancora seduto mi costringe a salutarla brevemente. Ossequi infiniti Ottone

Durante il trasporto... funebre mi fecero la fotografia: vedremo!



[1] L’8 ottobre il Comando dell’Artiglieria, d’intesa con quello dell’8a Divisione, aveva deciso il trasferimento della sezione di Gabrje della 13a B a Foni “onde poter battere efficacemente le artiglierie nemiche del Rudecirob” (AUSE, DS., 113/S. 22d, DS. Com. Artiglieria 4° C.d’A. cit., 8 ottobre 1915). I traini, come risulta dal diario della batteria, erano però iniziati il 6 e durarono sino al 15 ottobre. Il 7 il comandante della batteria annotava: “Traino sulla strada di Foni. Strada pessima. Il traino ha luogo nelle ore notturne. Per l’oscurità e lo stato della strada il traino si presenta difficile. Tempo sereno.” Nei giorni seguenti il traino fu reso più difficile dalle avverse condizioni atmosferiche. Il primo affusto arrivò a Foni il 10 e il cannone il 12. Il 13 iniziò il traino del secondo pezzo - quello di Ottone - che si concluse il 14 (AUSE, DS, 144/D. 391a, DS 4a Batteria d’Assedio, alle date).

[2] É scritto: asperrità.

[3] L’indicazione della data topica è evidentemente una distrazione di Ottone non rilevata dalla censura. Analoga, anche se meno grave, quella del 22.11.15 (n. 46).

[4] É scritto: il.

[5] É’ scritto: canato

[6] É scritto: alpinini.

[7] Quello descritto da Ottone è il tentativo del 4° C.d’A. di impadronirsi della conca di Tolmino. Il fuoco di preparazione era iniziato il 18. Il giorno precedente il Comandante della batteria aveva annotato sul diario del reparto: “Giungono ordini per una prima azione sul Merzli. La batteria ha il compito di battere i pezzi nemici del Rudesci rob. Il fuoco dovrà aprirsi domani appena ne sarà possibile l’osservazione e continuare solo durante le ore del giorno. Disponibili 30 colpi per pezzo”. I colpi disponibili salirono a 40 il 18 e a 50 il 19. L’azione iniziò il 20 ottobre con un violento fuoco di artiglieria. Sul Mrzli le fanterie dell’8a Divisione attaccarono nella tarda mattinata del 21. “Seguito il fuoco interrompendolo dopo le 10 - annotava il comandante della batteria. - Alle ore 11 la nostra fanteria entra nel trincerone e lo sorpassa di poco. Il fuoco dei pezzi contro i pezzi del Rudesci è aggiustatissimo. Però i pezzi nemici sono sei e sparano alternandosi. Così mi riesce impossibile con due pezzi di medio calibro [quelli postati a Foni, ndr] di controbatterli tutti. Per ottenere un risultato pratico decido di continuare il fuoco solamente su due di essi”. E l’indomani: “Mi viene comunicato dal Comando Artiglieria Divisionale che il suo osservatorio del Mrzli ha constatato che il tiro della batteria ha smantellato la postazione di un pezzo avversario”. Contemporaneamente all’azione sul Mrzli si era sviluppata quella - infruttuosa - della 7a Divisione contro le alture di S. Lucia e S. Maria (AUSE., DS, 144/D. 391a, DS 4a Batteria Assedio, 17-25 ottobre 1915. Cfr. AUSE., DS, 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., cit., 8-31 ottobre 1915). Il 21 ottobre Ottone si era fatto fotografare sullo sfondo delle montagne teatro dei combattimenti. Sulla foto - assai confusa - Ottone aveva messo in rilievo la cresta della montagne con una serie di puntini in inchiostro rosso e sul retro aveva annotato: “21-10-915 eseguita in un giorno di lotta accanita sul nostro fronte di sinistra. [I] puntini rossi indicano la catena dei nostri, all’assalto”.

[8] Dopo quella per Ottone, Sandra aveva intrapreso la lavorazione di una seconda sciarpa di lana destinata a un ufficiale amico della signora che le stava insegnando a lavorare a maglia. Il 21 ottobre 1915 Sandra comunicava a Ottone di aver concluso l’opera: “Urrah! Urrah! questa sera ho terminato la famosa scialla... la mia professoressa è venuta a prendersela in Ufficio e per regalo del riuscito lavoro mi ha dato due bei bacioni... Sono quindi contenta: e vie crucis di negozio in negozio, affanni, pensieri, telefonate ed ore di sonno perdute, tutto è stato dimenticato. Posso perciò allegra e soddisfatta mettermi a tavolino e intrattenermi alcun tempo con lei.” Più avanti Sandra riprendeva il tema dello sfinimento da cui Ottone era palesemente afflitto: “Ma lei sta veramente bene ora, nevvero? Se no a me avrebbe potuto dirlo, non le pare? [...] Non ha freddo con due sole coperte?... Ha perduto niente nel nuovo traino?” E qui Ottone annotava in sopralinea: “la fede nell’impossibile”.

[9] Ai pezzi da trincea di cui Ottone aveva già parlato a Sandra il 30 settembre se ne erano aggiunti diversi altri con l’arrivo al C.d’A. di una batteria di cannoni da 37 m/m e di una seconda batteria da 75 b (montagna). “Di queste batterie - precisa il diario del Comando Artiglieria del 4° C.d’A. - sono mandati solo i materiali”, i quali perciò furono affidati al personale delle batterie d’assedio (AUSE, DS, 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., 30 settembre 1915). La 13a B (poi 4a) ebbe stabilmente una sezione da 37 m/m a Dolje e una sul Mrzli a quota 1100 (AUSE, DS, 144/D. 391a, DS 4a Batteria d’Assedio, dicembre 1915 e sgg.).

[10] È scritto: direle.

[11] È scritto: 48.

[12] Cancellato: Ricevo.

[13] È’ scritto: sappesse.

[14] Sandra gliene aveva scritto il 6 novembre: “In che modo avete commemorato il giorno 2 novembre? A Roma una buonissima e nobile idea è stata quella di lasciare aperto al pubblico il monumento a Vittorio Emanuele perché ogni cittadino potesse ricordare con un fiore tanti eroi caduti... e fiori erano infatti dovunque [...]. Il mesto pellegrinaggio dura ancora e la scalinata che conduce all’Altare della Patria sembra un giardino fiorito... tutto un tappeto di fiori e in fondo, sotto alla statua, corone e croci... Vedesse con quanto sentimento sincero e profondo e con quale venerazione grande e commovente ci si reca in quel luogo!”

[15] Non si tratta di un cambio di reparto né di fronte, ma solo della nuova denominazione assunta dalla batteria di Ottone. Il Diario del Comando Artiglieria del 4° C.d’A. registra il 7 novembre 1915 la decisione di dare una numerazione progressiva a tutte le batterie d’assedio (AUSE, DS 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A.). Il mutamento era previsto per il 15 novembre, ma la nuova denominazione figura nel diario della batteria già nell’ottobre (AUSE, DS 144/D. 391a, DS 4a Batteria d’Assedio, ottobre 1915. La 4a Batteria d’Assedio di cui si trovano nello stesso pacco i diari relativi ai mesi di agosto, settembre, ottobre e novembre 1915 non aveva nulla a che fare con il reparto di Ottone: apparteneva al 6° Reggimento Artiglieria da Fortezza e operava nella zona del Tonale agli ordini della 6a Divisione).

[16] Si tratta delle Trincee Dolje, come risulta da un’annotazione della posta militare su una cartolina di Sandra del 13 novembre recapitata a Ottone agli avamposti.

[17] Dopo qualche giorno di calma quasi assoluta, il 18 segnò su tutto il fronte la ripresa dell’offensiva. Il 4° C.d’A., però, aveva solo il compito di effettuare azioni dimostrative. I pezzi da 149 della 4a Batteria avevano come obbiettivo le trincee austriache sul versante sud-orientale del Mrzli e le posizioni di quota 1360 (AUSE, DS 113/S. 22d, DS Com. Artiglieria 4° C.d’A., 16 novembre e sgg; AUSE, DS 144/D. 391a, DS 4a Batteria d’Assedio, novembre 1915).

[18] Non però in licenza. Nel diario di reparto alla data del 25 novembre si legge: “N° 2 sergenti, 4 caporali maggiori, 3 caporali e 3 allievi caporali sono trasferiti alla sede del 3° Fortezza ed 8° Fortezza per la formazione di nuove unità”. Il 19 novembre erano stati preceduti alla sede del 3° Fortezza dal capitano C. (AUSE, DS 144/D. 391a, DS 4a Batteria d’Assedio, alle date).

 

O. Costantini

Lettere dal fronte


Indice

F. Cataluccio
Prefazione

C. Costantini
Un contabile alla guerra
Note e avvertenze

Il primo fronte
1-15 16-29 30-46

Asiago-Bainsizza
47-70 71-94 95-119 120-141

L'ultimo anno
142-163 164-184 185-204 205-222

 

 
 

HOME

 
 

quaderni.net

 
amministratore
Claudio Costantini
*
tecnico di gestione
Roberto Boca
*
consulenti
Oscar Itzcovich
Caterina Pozzo

*

quaderni.net@quaderni.net