11. Mainstream (Of Unconsciousness?)
Ci sono alcuni gesti, alcuni momenti di epifanica autoconsapevolezza,
che non possono essere tralasciati, una volta che si sbarca in America.
Uno di questi è stare la mattina sulla fermata dell'autobus di
una delle avenue più trafficate, in cui lo sfrecciare delle macchine
sembra amplificare le sferzate gelide del vento trascinando schiumate
di foglie secche e fari, e nell'imperscrutabile lasso di tempo dell'attesa,
osservare i gabbiotti bassi, verdi e blu, dei giornali. Guarda che ti
riguarda la tentazione viene, in fondo si tratta solo di 35 cents per
il Pittsburgh Tribune-Review e 50 per il Pittsburgh Post-Gazette. Di fronte
a cotal nomi altisonanti e al suono titinnante delle mie tasche sempre
ripiene di spiccioli, decisi che avrei dovuto pur guardarli, una volta
o l'altra, uno di questi quotidiani e mi accinsi al rito. La prima fase è rovistare e graspare ben bene nelle tasche, racimolando
le monetine con la punta delle dite anchilosate dal freddo (operazione
difficilissima); la seconda consiste nel contare le monetine sul palmo
della mano, e in base all'ammontare, decidere per il quotidiano. Nel mio
caso, manco a dirlo, optai per il 35 cents newspaper e mi avvicinai al
gabbiotto malefico. Perché, a leggerlo può anche essere
facile, ma quando non lo si ha mai fatto e si tenta la prima volta, specie
se ci sono altre persone alla fermata che ti stanno guardando, e fare
tutto con disinvoltura, come se lo si facesse tutte le mattine, be', non
è facile per niente. Allora, leggo le istruzioni ed eseguo velocemente:
le monetine cadono (una mi si incastra per un secondo ma la faccio cadere
con un pugno ben assestato quando nessuno mi vede) e io tiro la maniglia.
Il gabbiotto scricchiola, sembra ribellarsi alla mia presa italiana, ma
alla fine cede (sai com'è, lo charme latino). La sua bocca si spalanca
beffarda e vuota. Non ci sono più giornali! la vergogna, non so
perché, è più forte del disappunto. So che è
importante agire nel più breve tempo possibile per non dare nell'occhio.
Afferro la copia-campione del giornale che è infilata in una tasca
interna sul vetro del gabbiotto, tiro con tutte le mie forze, mollo lo
sportello con l'altra mano e questo si richiude. Slam. In mano mi resta
solo una parte del giornale, il supplemento intitolato "Quartieri".
Eccitante. Con aria indifferente mi allontano dalla gabbia infernale e
inizio comunque la lettura. La prima pagina è occupata da un articolo sull'iniziativa di una
chiesa episcopale del luogo, che ha deciso di alleviare le sofferenze
dei piccoli pazienti del Children Hospital, portando in corsia gli strumenti
e il materiale per disegnare e dipingere. Protagonista della storia è
la piccola Danielle, che, in attesa di un trapianto, esprime se stessa
in dipinti. Ora la piccola Danielle, e come lei gli altri bambini ricoverati
nell'ospedale privato avranno a disposizione un set di disegni, materiale
e spunti assemblato da altri bambini nelle scuole, una specie di carrello
di arte e speranza ufficialmente battezzato l'Arca di Noè. L'articolo
è incorniciato da due grandi foto a colori. Nella prima, la piccola
Danielle, linguetta fra i denti, impegnata a costruire un'arca di cartone,
con tanto di bandierina recante la scritta "Mayflower. 1620":
sullo sfondo, disegni e dipinti vari. Nella seconda abbiamo la piccola
Danielle (bionda slavata, colorito pallido, sorriso un po' raggelato,
posa plastica) sul suo lettino, il copriletto è' la bandiera americana
(con tanto di frangia), accanto a lei tre orsacchiotti, come precisa la
didascalia, sullo sfondo tendine colorate e mobilio in legno. |
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