14. American Cops
In America la polizia è ovunque, ma prima di tutto
è sui media. Basta accendere la tv sul telegiornale per ricevere
il resoconto di una cattura in un sobborgo della città: un uomo
"nero" che terrorizzava e rapinava le donne della zona è
stato agguantato dopo un avventuroso inseguimento con elicotteri e raggi
infrarossi. Segue, nella stessa edizione, la storia di un'altra cattura
alla spaghetti-western, a cui fanno da appendice le immagini di alcuni
poliziotti premiati per non so quali imprese. Cambio canale: si discute
di una proposta di legge per rendere obbligatori i lucchetti per pistole.
Sul dibattito aleggia il sorriso biondo del rambo quindicenne di Oklahoma
(già famosa per la strage nazista di Timothy Veigh, la bomba che
uccise più di 150 persone) che ha sparacchiato su una dozzina di
studenti, e quello dei suoi più scialbi imitatori sparsi in tutto
il paese. Ancora zapping: è appena iniziato un nuovo episodio di
Cops, "sbirri", in cui la macchina da presa segue fedelmente
e in tempo reale una pattuglia notturna su una qualche strada di qualcheduno
dei 50 stati-unitensi. Stasera lo sbirro di turno ha individuato una macchina
rubata. Dentro ci sono due ragazze bianche, in jeans stracciati e top,
fumate di crack. La macchina è del cugino, spiegano, loro l'avevano
presa in prestito ma si sono dimenticate di dirglielo. Piangono, sedute
sul marciapiede della stazione di servizio dove si erano fermate. Mollo il telecomando e apro il giornale dell'università, a distribuzione
gratuita e giornaliera. Casualmente mi cade l'occhio sulla rubrica intitolata
"Ultime notizie dalla polizia" - la polizia del campus naturalmente,
ché ogni college ha la sua - una serie di trafiletti piuttosto
noiosi del tipo: studentessa molestata sessualmente da una email; giovane
non-studente trovato a dormire di notte in un edificio universitario;
persona liberata dopo essere rimasta intrappolata nell'ascensore al 36esimo
piano
ecc. È la dimensione alla camomilla della polizia-da-campus,
rassicurante immagine di uomini tuttofare, con un raggio d'intervento
che va dal gatto sul cornicione allo stupro, in una quieta riedizione
di superman. Basta infatti schiacciare uno dei bottoni rossi disseminati
dentro l'università per vedere materializzarsi l'uniforme salvifica.
In effetti, avventurarsi di notte nei sempre aperti labirinti universitari
quando non si è in periodo d'esame - ché altrimenti brulicano
a tutte le ore - magari per raggiungere l'ufficio, è meno raccomandabile
che passeggiare alla stessa ora in uno dei quartieri malfamati. Almeno
in quest'ultimo caso ci sono più vie di fuga. Tuttavia la polizia-da-campus può fare molto di meglio, fino a
sfiorare il sublime. Il comando del quartiere dove la maggioranza degli
universitari abita e si ubriaca il giovedì-venerdì-sabato
sera ha deciso infatti di suonare musica classica ogni fine settimana.
Gli studenti gonfi di Becks e Coors, uscendo dal frastuono fumoso dei
pub, saranno così immersi nelle liquide sonorità di un Listz,
nelle sinfoniche illuminazioni di un Mozart, nel vai-sempre-sul-sicuro
Beethoven, e come per incanto, se non i vapori alcolici, si dissolveranno
quanto meno i cattivi pensieri, in un afflato new-age di amore universale.
Siccome la notizia eccedeva le mie facoltà immaginative, sono andata
a verificare di persona. Sulla porta della piccola stazione di polizia,
proprio di fronte a una sfilza di pub e localini, pendono due casse nuove
di zecca: in mezzo, lo stemma e la scritta "Devoti alla Comunità".
La devozione delle forze dell'ordine spicca maggiormente quando si va
a sbirciare negli angoli dimenticati dei giornali cittadini, dove si può
trovare la notizia che due neri sono stati uccisi dalla polizia in uno
dei quartieri che nessuno nomina e tanto meno attraversa. Un poco più
visibile è, accanto, l'articolo sulla tregua decisa dai capi delle
gang rivali che dominano quegli stessi quartieri. Negli ultimi anni erano
infatti aumentate le sparatorie al punto che la gente aveva paura a uscire
di casa dopo le sette di sera. C'è anche la parola dell'esperto,
che fa la distinzione sociologica fra gang della costa ovest, tipo quelle
di Los Angeles, dove non c'è gerarchia, e le gang della costa est,
o del Midwest (l'ovest di mezzo? In ogni caso, quello di cui Pittsburgh
sarebbe la porta), dove ci si può fidare di più del controllo
del territorio da parte dei leader. Il servizio giornalistico più interessante della settimana viene
però da un'altra testata a diffusione studentesca. Si tratta di
un reportage su come diventare bounty hunter, cacciatore di fuggitivi,
di chi, uscito su cauzione, si è eclissato. La giornalista è
una donna che sfida il terreno tutto testosteronico delle ex-guardie carcerarie
e dei parapoliziotti, gli studenti tipici di questa moderna scuola di
cacciatori di teste. Di dubbio gusto la sua citazione da Hemingway: "Non
c'è caccia come la caccia all'uomo; e quelli che hanno cacciato
uomini armati abbastanza a lungo, e gli è piaciuto, non hanno interesse
per nient'altro, dopo". L'autorità del bounty hunter deriva
da un contratto tra il finanziatore (bondsman) che si è fatto garante
dell'imputato e l'imputato stesso. Se questi scappa, il bondsman ha il
diritto di sguinzagliargli alle calcagna i cacciatori, che possono anche
irrompere in una casa alle tre di notte senza alcun mandato e trasportare
fuori la preda in catene. Non c'è bisogno di licenza per essere
bounty hunter, anche se il capo della scuola ne auspicherebbe l'obbligatorietà,
dato che in giro ci sono troppi dilettanti che rovinano il prestigio della
professione. Inconvenienti? Quando s'incontra un altro cacciatore che
caccia la stessa preda, o quando la si contende con l'FBI. In questi casi
è sempre meglio cooperare. Basta così. Concludo la mia rassegna stampa con il più rassicurante
Amore Selvaggio, la posta del cuore di Dan Savage, un gay scatenato che
sviscera dalla sua colonna trans-americana gli ultimi problemi (nel senso
inglese di ultimate) della sessualità postmoderna. |
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