Ritorno in armi: 3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i

Maccarani

In quel torno di tempo arrivò a Roma Bidaud.[1] Alla qualifica di segretario di ambasciata univa quella di procuratore dei Barberini, il che non lo metteva in buona luce a Palazzo. Innocenzo non lo volle neppure ricevere sostenendo che se c’era qualcosa da trattare lo avrebbe fatto con i rappresentanti del Re in quanto tali e non in veste di procuratori dei Barberini.[2] Col passare dei giorni, mentre riprendevano minacce e angherie contro gli amici e i servitori dei Barberini, a Bidaud venne fatto molto apertamente capire che la sua permanenza a Roma non era gradita.[3]
L’irrigidimento del Papa non era solo effetto della sconfitta francese sotto Orbetello. Pare che il Papa avesse ricevuto in luglio nuovi avvisi dalla Francia che gli confermavano, come scriveva Arnauld a Mazzarino, che «il se forme une cabale contre Votre Eminence. Voila, je crois, le principal fondement sur lequel le Pape agit».[4] Tutto come prima, dunque: il Papa tornava a guadagnare tempo in attesa della caduta di Mazzarino.[5] Le trattative, almeno ufficialmente, ristagnavano e sugli affari dei Barberini, che ne costituivano il tema principale, il Papa perseverava nelle sue primitive intenzioni.[6] Innocenzo aveva posto come condizione per qualsiasi eventuale concessione il rientro dei Barberini nello Stato Pontificio, ma l’ambasciatore veneto e Saint Nicolas avevano espresso qualche preoccupazione per la loro incolumità. Avevano proposto, in via di compromesso, che i Barberini potessero fermarsi ad Avignone, dove sarebbero stati relativamente al sicuro. Ma il Papa se ne era risentito aspramente.[7] I negoziatori chiedevano salvacondotti e garanzie scritte, ma non ottenevano dal Papa che scandalizzate proteste: «Che sicurezza vi vuole in questo? è una materia civile». Di che cosa avevano paura? Non bastava la sua parola? «Sono pretesti», diceva. «Sono superbi, li conosciamo...»[8]
La verità è che, accanto ai negoziati ufficiali, a partire almeno dal giugno, se ne stavano conducendo altri, più riservati e diretti, nei quali Mazzarino e Innocenzo si parlavano per il discretissimo tramite di Paolo Maccarani. Paolo Maccarani sembra godesse della fiducia di entrambi.[9] Di certo - forse anche per la sua ostentata indipendenza nei confronti di Mazzarino - si era guadagnata quella del Papa, che gli dettava (o gli faceva compilare) resoconti delle trattative con gli ambasciatori veneti e con Saint Nicolas, gli affidava carte riservate, lo incaricava di stendere o di inoltrare a Mazzarino lettere e memoriali a difesa del proprio operato.[10] Quanto a Mazzarino, lo incoraggiava a non desistere dall’opera di persuasione del Pontefice e a non sopravvalutare gli ostacoli che sembravano continuamente levarsi sulla strada dell’accordo. Così, quando era tornata a circolare la voce di una lega tra il Papa, il Granduca e la Spagna aveva scritto di ridersene. Il Papa lo detestava? Gli Spagnoli la facevano da padroni a Palazzo? Tra i collaboratori del Papa nessuno osava sostenere le ragioni della Francia? «Signor Paolo mio», rispondeva Mazzarino, «volete che Spagnoli parlino bene di me al Papa? Volete che lo faccia Panzirolo?» Ma non per questo, aggiungeva, il Papa si sarebbe deciso a un passo, come la conclusione di un’alleanza formale con la Spagna, che avrebbe distrutto «la principal qualità del Pontefice, che è la neutralità».[11]

«[Se] havessi fortuna», insisteva alla fine di agosto, «che la Santità di Nostro Signore mi credesse un solo quarto d’ora [...] si costituirebbe appresso tutti il più riguardevole e riverito Pontefice del nostro secolo e senza far attione alcuna disdicevole ad un Padre comune e della quale il partito austriaco potessi ragionevolmente dolersi haverebbe questo Regno intieramente alla sua devotione nel qual caso li Spagnoli medesimi se ne trovarebbero meglio. Queste non son chiacchiare, gli effetti palesaranno al istante mentre Sua Santità così voglia».[12]

All’improvviso i negoziati precipitarono verso la conclusione. Forse su Innocenzo le proteste di amicizia di Mazzarino, come scriveva Maccarani, avevano avuto qualche “buon effetto”. Ma soprattutto i Francesi tornavano in forze [13] e a Roma si temeva che questa volta il colpo fosse diretto, per rappresaglia, contro Castro, da dove era partita l’ultima riuscita puntata spagnola contro gli assedianti di Orbetello. Avrebbe significato avere i Francesi alle porte. Il Papa diventò repentinamente condiscendente:

«finalmente io non voglio niente di questa robba dei Barberini», disse ad Alvise Contarini, «se la vadino a godere, e pure che si humiliino e mostrino un poco di rispetto, io non mi curo d’altro [...]. Mi pare di havere ceduto assai e quello ch’io potrò (salvo il mio honore) far di vantaggio per questo negocio delli Barberini (il quale pare che la Francia, per quello mi scrive il Noncio, più si curi d’ogni altra cosa) io farò volontieri».[14]

«In soma», concludeva Contarini, «mostrò grandissimo desiderio in tutte le cose di riconciliarsi con la Francia». Cercando di trarre il massimo profitto dal panico che si era diffuso a Corte, Saint Nicolas aveva chiesto licenza di uscire da Roma per andare ai bagni - in realtà per portarsi a Firenze - una mossa a sorpresa che fu generalmente interpretata come una minaccia di interrompere i negoziati. «Sa Saintété estimant que ce fut un pretexte, luy envoya incontinant M. Paul Macarany pour l’assurer qu’il auroit satisfation sur toutes choses».[15] In effetti, racconta Contarini, allontanatosi Saint Nicolas, il Papa aveva convocato d’urganza Paolo Maccarani e lo aveva assicurato che Avignone come sede temporanea dei Barberini andava benissimo e che non appena vi si fossero recati le multe a loro carico sarebbero state sospese e sarebbero state loro restituite dignità e rendite.[16]




paragrafo precedente * paragrafo successivo * inizio pagina


[1] Jacques Bidaud de Mascon, già segretario di Sabran a Genova dal luglio 1636 e fino al 1641 era stato console di Francia a Genova dove aveva suscitato forti malumori nel governo per i suoi atteggiamenti arroganti e provocatori: vedi per es. ASG, AS, 1907, cc. 32v, 37r, 39r, 70r e 1904, c. 3v («Voi conoscete», scriveva nell’agosto del 1642 il governo genovese al suo ambasciatore a Roma, Agostino Centurione, «la natura di questo huono buggiardo e poco inclinato alle cose nostre...»); cfr. Ferretti. Le lettere di Bidaud da Roma al cardinale Barberini sono in BAV, Barb.lat., 8013. Sulla missione di Bidaud Siri, Mercurio, VII, 1667, I, pp. 281 sgg., VIII, 1667, I, pp. 464 sgg.

[2] Vedi tra le carte Maccarani (BAV, Arch. Barb., Indice IV, 223) un resoconto dell’udienza concessa dal Papa all’abate di Saint Nicolas il 30 luglio e alla quale questi aveva cercato senza successo di introdurre Bidaud. Il cardinale Barberini scrivendone al cardinale Antonio mostrava di condividere le ragioni del Papa e si domandava chi avrebbe potuto rappresentarli a Roma con titoli migliori: ivi (ma non in quello che chiamerò “fascicolo Maccarani”), 31 agosto 1646.

[3] BAV, Barb.lat., 8013, cc. 12, 24, 25, Bidaud a Francesco Barberini, 30 luglio, 20 e 27 agosto 1646.

[4] Arnauld, II, p. 446, 30 luglio 1646.

[5] Sul finire di agosto Mazzarino aveva detto all’ambasciatore veneto, Battista Nani: «Le ultime lettere di Roma mi portano che il Papa ancora otto giorni mi dava per la mia sussistenza et col primo corriero attendeva la caduta dal posto, a pena per gratia qualche luoco lasciandomi per far retirata»; forse, aveva ammesso, si trattava di voci malevole e infondate, «ma è vero pur anche che la Spagna e Roma per il precipitio mio fanno voti» e che il Papa, mentre non teneva in nessun conto «quello che con sincerità e verità scrivono lor’altri Signori et che vien comprobato dal fatto», prendeva per buono «solo quello che suggerisce Vandomo o va inventando una turba di frati e de preti perché lusinga più il genio et il gusto». «La verità è», scriveva Nani, alludendo anche alle mene romane, «che tutto quello che sopra Orleans sarà da malcontenti fondato caderà facilmente perché né i Prencipi al torbido sono disposti, né il genio è fermo a bastanza per concepire e portar all’effetto dissegni sì grandi»; quanto alla Regina, su cui il Papa faceva tanto affidamento, «inganna certo Sua Santità chi gli rappresenta il cuore della Regina verso la sua persona propenso» (ASVe, DAS, Francia 105, cc. 9v-10r, 4 settembre e c. 52r, 25 settembre 1646).

[6] «Vi è chi dice che Sua Santità si lascia intendere con li suoi confidenti che a Francesi dà buone parole, ma che non ne vuole far altro di questo negocio de Barberini, che vuole tirar avanti secondo il suo genio e castigarli [...]. Il vedersi anco che non sii mai stato possibile il cavar fuori la dotte di Donna Anna moglie di Don Tadeo, che non ne ha alcuna colpa, che restino sequestrate anco le rendite della primogenitura della Casa, che si vendino tuttavia animali et altro pertinenti a medesimi Barberini a vilissimi prezzi e con grandissimo loro danno fa star molti nella stessa opinione che non vi sii animo determinato di concluder alcun bene». E naturalmente si continuavano a riscuotere le multe (ASVe, DAS, Roma 124, c. 109r, 18 agosto 1646; cfr. anche c. 96, 11 agosto e cc. 125-126, 1 settembre). Visto l’andamento deludente delle trattative, nel seguito dei Barberini qualcuno prese a dubitare di Saint Nicolas. Grimaldi dovette intervenire per tranquillizzare il cardinale Francesco: «io posso assicurar Vostra Eminenza che il Signor Abbate di S. Nicolas ha posto tutto l’affetto e l’industria in ben servire né io havrei saputo far d’avantaggio se non ribatter qualche propositioni del Papa con repliche più risolute da farlo arossir e conoscer l’ingiustitia e la falsità delle sue propositioni [...]. Avertirò i ministri di Vostra Eminenza alcuno de quali ha parlato imprudentemente dicendo che il Signor abbate di S. Nicolas si è lasciato guadagnar dal Papa e che il Papa si burla di lui» (BAV, Barb.lat., 8723, c. 138, 10 settembre 1646). Che il fallimento dell’impresa francese ad Orbetello fornisse a Innocenzo un’ottima opportunità per conciliarsi con i Barberini senza aver l’aria di cedere alla forza fu sostenuto, ma con scarso successo, da Francesco Mantovani, agente di Modena, nella scrittura che comincia: “L’assedio d’Orbetello...” («Il Papa potrebbe fare un bellissimo giuoco», scriveva tra l’altro. «Potrebbe offerire al Christianissimo di rimettere i Barberini totalmente pur che facesse tregua con gli Austriaci per qualche tempo e ch'unisca le sua armate con i Venetiani per debellare il Turco»: BAV, Chig. O. I. 7, c. 553r). Altre scritture a favore dei Barberini Mantovani inviava a un Signor Paolo (che immagino sia Maccarani) nel gennaio del ‘47: «Io ho havuto mira di guadagnare la volontà del Papa», scriveva, «et però ha bisognato che gratti le orrecchie a Sua Beatitudine et che aggravi alquanto li Barberini, et a loro deve bastare che la sostanza et il fine li siano favorevoli»: ASM, CA, Roma 244, 23 gennaio 1647).

[7] BAV, Arch.Barb., Indice IV, 223, Minuta di una lettera di Paolo Maccarani a Mazzarino (incipit: “Fondandome io sopra quello che Vostra Eminenza scrive...”).

[8] Arnauld, III, pp. 17 sgg. Saint Nicolas a Mazzarino, 6 agosto 1646. «Quanto alla sicurezza», protestava Innocenzo, con qualche impudenza, in una nota destinata alla Regina, «non vi era causa di chiederla mentre contro Barberini non si erano intentate se non cause civili et che il Papa non sapeva che havessero commesso delitto alcuno» (BAV, Arch.Barb., Indice IV, 223, Nota de concetti et ragioni...). In verità, come si è visto sopra, il Papa aveva preteso sulle prime che, come premessa di un qualsiasi provvedimento a loro favore, i Barberini si consegnassero prigionieri a Castel Sant’Angelo (ivi, scrittura senza data che inizia: “Che il Papa fin dal principio...”).

[9] «Confidentissimo del cardinale Mazzarino [...] del quale s’è valso l’Abbate di S.Nicolò per trattare simili negozii» lo diceva l’ambasciatore Contarini; forse però a Contarini sfuggiva il fatto che Maccarani, rispetto a Saint Nicolas, come più tardi rispetto a Fontenay, rappresentava il canale principale - non sussidiario - di negoziato (ASVe, DAS, Roma 124, c. 159v, 22 settembre 1646). Che Saint Nicolas si rimettesse interamente ai suoi consigli risulta anche dalla sua corrispondenza. Cfr. per es. Arnauld, IV, 1748, p. 148, 9 gennaio 1647: «Paolo Maccarani avoit été absolument d’avis que je ne passasse pas trop avant dans l’instance que je ferai pour Beaupuy. Je crois qu’il en aura expliqué les raisons à Votre Eminence. Il ne me les a point dites; mais le zéle qu’il a pour l’avancement de toutes nos affaires, joint à une connoissance parfaite de l’esprit du Pape, fait que je ne crois pas pouvoir faillir en suivant ses conseils, ausquels sont conformes les avis de M.rs nos cardinaux». Di Maccarani Mazzarino scriveva al card. Grimaldi il 1° gennaio del 1647 in questi termini: «Io non saprei dire se al presente il detto Sig.re sia più parteggiano di questa Corona che di quella di Spagna. Le sue adherenze sono sempre state al Card. Montalto spagnolissimo, ma confesso ch’egli non ha saputo già mai cosa che non m’habbia detto o scritto. In ogni caso», aggiungeva per tacitare le preoccupazioni di Grimaldi, «quello ho comunicato al Sig. Paolo per mostrar al Papa non haverei fatta difficoltà di rappresentarlo a qualunque altra persona e molte cose si mostra di scrivere in confidenza che si desidera sino publicate» (la lettera non è presente in Mazzarino (Chéruel) e cito per comodità da BAR, ms. 1330, c. 180v). Su Maccarani vedi i già citati Mori 1994 e 1996, Dethan 1968.

[10] Le carte Maccarani (che indicherò con qualche improprietà “fascicolo Maccarani”) si trovano, legate assieme ad altre di diversa natura e provenienza, in BAV, Arch. Barb., Indice IV, 223. Il codice in questione è privo di numerazione sicché non è possibile indicare con esattezza il fascicolo Maccarani. Cerco di descriverlo per sommi capi (ponendo in corsivo quel che ricavo da titoli o note attergate). Si tratta di un insieme di fogli piegati l’uno dentro l’altro, che inizia con la scrittura Sopra il fare una lega contro il Turco (incipit: “Il migliore e più sicuro remedio...”) e termina con un appunto della mano che ritengo di Maccarani relativo all’udienza concessa dal Papa a Saint Nicolas l’8 gennaio 1647. Il fascicolo comprende, tra l’altro, cinque lettere di Mazzarino a Maccarani (in copia) e due minute di lettere di Maccarani a Mazzarino e, inframezzate alle precedenti, diverse carte direttamente o indirettamente provenienti dal Pontefice (tra cui la già citata relazione del Gondi sulle trattative con l’abate Bentivoglio). Delle lettere scambiate tra Mazzarino e Maccarani dò qui di seguito, seguendo l’ordine in cui si presentano nel volume, le date (quando ci sono) e qualche altro elemento utile alla loro identificazione: 1) lettera di Mazzarino senza data di luogo giorno anno capitata però del mese di luglio 1646 con spaccio de’ 13; 2) lettera di Mazzarino, 29 agosto 1646; 3) minuta della risposta di Maccarani alla precedente; 4) lettera di Mazzarino, 25 gennaio 1647; 5) Particola di lettera del card. Mazzarino a Paolo Maccarano in proposito di Piombino, 8 febbraio 1647; 6) lettera di Mazzarino, 30 novembre 1646; 7) copia di lettera di Maccarani a Mazzarino scritta da un amanuense e sua minuta autografa, senza data ma dell’agosto 1646 (incipit: “Fondandome io sopra quello che Vostra Eminenza scrive...”). Tra le carte provenienti dal Pontefice meritano speciale attenzione quelle che, scritte per mano di Maccarani, paiono minute dettate dallo stesso Innocenzo e nelle quali spesso compaiono correzioni che voltano il discorso dalla prima alla terza persona (o viceversa). Traggo qualche esempio dal resoconto dell’udienza a Saint Nicolas del 30 luglio 1646 (tra parentesi le correzioni in sopralinea): «Et entrato da Nostro Signore (Noi) le (ci) disse ch’era seco Monsu di Bidò [...] per rappresentare le cause che impedivano li (cardinali) Barberini di poter venire a Roma nel termine prefisso nella costituzione da Noi publicata [...]. A che fu risposto da Nostro Signore (Noi) di haver sempre inteso con ogni benignità gl’offici interposti [...] come farria(mo) anco per l’avenire, ma che non intendeva(mo) hora di ametterli come procuratori et parte rappresentante li Barberini [...] il che io non voleva(mo) amettere in modo alcuno...». Elenco queste carte con gli stessi criteri sopra indicati per le lettere di Mazzarino. 1) Nota di quello si dice haver scritto in Francia li cardinali Grimaldo, Este et abbate S.Nicolas in proposito della resa di Orbetello et quello si è ordinato scrivere da Palazzo, senza data; 2) Appunto di mano di Maccarani per una relazione da trasmettere in Francia, senza data (incipit: “Si potrà scrivere che il Papa...”); 3) Resoconto di mano di Maccarani dell’udienza concessa dal Papa all’abate di Saint Nicolas il 30 luglio 1646 (incipit: “Domenica 29 luglio l’Abbate di S.Nicolas...”); 4) Minuta di relazione e copia scritta da un amanuense ma corretta più volte per mano di Maccarani, con i consueti salti di persona, senza data (incipit: “Che il Papa fin dal principio del pontificato...”); 5) Appunto senza data, probabile continuazione del precedente (incipit: “Che si deve far distintione fra la Francia et il card. Mazzarino...”); 6) Nota de’ concetti et ragioni da portare in Francia per insinuare alla Regina e suo Conseglio, senza data; 7) Audienza dell’Abbate di S. Nicolas a dì 7 giugno 1646 con la risposta data a dì XI detto, minuta di mano di Maccarani; 8) Appunto relativo alle trattative del Pontefice con gl’Ambasciatori di Venetia, senza data (incipit: “Sempre ho hauto pensiero di dover fare qualche gratia...”); 9) resoconto di mano di Maccarani dell’udienza concessa all’Abbate di S.Nicolas. Martedì 8 Gen. 1647 (incipit: “Parlato seco della pace...”). È da notare come tra le carte che considero provenienti direttamente dal Pontefice ve ne siano alcune (qui contrassegnate dai numeri 4, 5 e 6 e già più volte citate) destinate alla Regina e ai Principi e contenenti violenti attacchi a Mazzarino. Si può immaginare che esse siano finite casualmente o per diversi tramiti tra le carte Maccarani, ma non si può escludere che Maccarani trattasse (o facesse finta col Papa di trattare) oltre che con Mazzarino per la quiete del Pontefice, anche con i Principi ai danni di Mazzarino, il che spiegherebbe la singolare confidenza concessagli da Innocenzo. Tra le restanti carte del “fascicolo Maccarani” segnalo: due lettere (in copia) non firmate, ma con ogni probabilità di Vittorino Siri, datate Venezia 22 giugno 1647 (attergato: Copia di lettera del Padre N. con una sua originale in proposito del racconto de’ Barberini, ma l’originale di cui si parla e che parrebbe riferirsi al volume in stampa del Mercurio, purtroppo non c’è) e Venezia 29 giugno 1647; un memoriale pel C.C. [cardinale Capponi?] circa il modo di fare gratia a Barberini, senza data; una lettera del card. Sforza del 18 settembre 1646 (chiede di poter godere dei frutti del Camerlengato per il tempo nel quale ne ha esercitato le funzioni). Verso la fine del fascicolo una carta senza altre diciture reca: Nota di mano di Paolo Macarano di quello disse per nostro ordine alli Ministri di Sua Maestà Christianissima nel particolare delle gratie che a intercessione di detta Maestà ci siamo contentati di fare alli Barberini et di che siamo poi stati ringratiati dalli Signori cardinali Grimaldo ed Este in nome di Sua Maestà: è con ogni probabilità un attergato, ma le carte con il testo della Nota non ci sono più.

[11] BAV, Arch.Barb., Indice IV, 223, s.d. «capitata però del mese di luglio 1646 con spaccio de 13» incipit: “Tutte le volte ch’io vedo nelle gazzette...”: Mazzarino confermava a Maccarani che delle richieste presentate da Saint Nicolas al Papa solo due contavano davvero: la reintegrazione dei Barberini e la consegna di Beaupuis. A Grimaldi già da maggio Mazzarino aveva scritto che la notizia d’un successo nella questione dei Barberini e in quella di Beaupuis «sarebbe ricevuta con gusto maggiore che quello d’una gran battaglia che si fosse vinta contro Spagnuoli»: Mazzarino (Chéruel), II, p. 302. Sulla questione di Beaupuy o Beaupuis Coville, pp. 61-64. Di Beaupuy Mazzarino (Chéruel), I, p. 265 (seguito da Batiffol e da altri) dice che era figlio del Conte di Maillé, ossia, presumo, di Arnaud Le Dangereux, Signore di Beaupuy, diventato Conte di Maillé per il matrimonio con Marguerite Hurault de Cheverny, vedova di Guy de Laval, Barone di Maillé (morto nel 1591); negli stessi anni, però, il titolo di Conte spettava anche a Charles II di Maillé, morto nel 1628, e a suo figlio Charles-Léonor, di cui non mi risulta alcun legame con i precedenti.

[12] BAV, Arch.Barb., Indice IV, 223, Mazzarino a Maccarani, 29 agosto 1646. «Da quello doverà scrivere il Signor Abbate di Saint Nicolas», rispondeva Maccarani, «vedrà Vostra Eminenza il buon effetto che appresso di Sua Beatitudine ha fatto la lettera che l’Eminenza Vostra si è compiaciuta di scrivermi sotto li 29 del passato...»

[13] ASVe, DAS, Roma 124, c.157r, 15 settembre 1646: «In grand’apprensione ha posti il Pontefice e tutta questa Corte la mossa creduta vicina dell’Armata francese verso queste parti».

[14] ASVe, DAS, Roma 124, cc. 149v-151r, 15 settembre 1646. In verità non era agli avvisi del Nunzio a Parigi che Innocenzo dava ascolto, ma a quelli, assai più autorevoli (se non altro perché confermati dagli autografi di Mazzarino) che gli venivano da Paolo Maccarani.

[15] BAV, Barb. lat., 8013, c. 39r, Bidaud a Francesco Barberini, 17 settembre 1646. «Votre départ», scriveva Bidaud il 18 a Saint Nicolas, «a tellement imprimé dans l’esprit du Pape la crainte des armes du Roi» che tutto si era risolto all’improvviso: Arnauld, III, p. 251.

[16] ASVe, DAS, Roma 124, c.159v, 22 settembre 1646. Paolo Maccarani, scriveva Grimaldi a Francesco Barberini il 18 settembre, «si è portato egregiamente». Un mese più tardi ribadiva: «al Signor Paolo si deve la lode e l’obligo d’haver operato con gran prudenza e senza agiuto d’alcuno apresso Sua Santità» (BAV, Barb.lat., 8723, cc. 146-148). Tra le scritture dedicate alla riconciliazione tra Barberini e Pamphili vedi in BAV, Chig. I.III.87, cc. 549 sgg., Li Barberini aggratiati (inc: “È grande la richiesta…”) del 1° ottobre 1645.


Claudio Costantini

Fazione Urbana

*

Indice
Premessa
Indice dei nomi
Criteri di trascrizione
Abbreviazioni
Opere citate
Incipit

Fine di pontificato
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m

Caduta e fuga
2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h

Ritorno in armi
3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i

APPENDICI

1

Guerre di scrittura
indici

Opposte propagande
a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Micanzio
b1 b2 b3 b4 b5
Vittorino Siri
c1 c2 c3 c4

2
Scritture di conclave
indici

Il maggior negotio...
d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7
Scrittori di stadere
e1 e2 e3
A colpi di conclavi
f1 f2 f3 f4 f5 f6

3
La giusta statera
indici

Un'impudente satira
g1 g2 g3 g4 g5
L'edizione di Amsterdam
Biografie mancanti nella stampa

4
Cantiere Urbano
indici

Lucrezia Barberini
h1 h2
Alberto Morone
i1 i2a i2b i2c i2d
i2e i2f i2g i2h
i3 i4

Malatesta Albani
l1 l2


*

HOME

*

quaderni.net

 
amministratore
Claudio Costantini
*
tecnico di gestione
Roberto Boca
*
consulenti
Oscar Itzcovich
Caterina Pozzo

*
quaderni.net@quaderni.net