Alberto Morone: i1 i2a i2b i2c i2d i2e i2f i2g i2h i3 i4

Lettere di Alberto Morone
dirette al Nunzio di Spagna fatto cardinale in questo tempo (7)




Alberto Morone a Giovanni Giacomo Panciroli, Roma, 22 agosto 1643. BEM, Camp. 549, gamma.G.4.30, cc. 27-31.

[c. 27r]  Emin.mo e Rev.mo S.r e P.ron Colen.mo
Tre vittorie habbiamo havute in una settimana (Eminentissimo Signore) vegga se io comincio bene. Una contro Venetiani e due contro il Gran Duca. Ma prima di raccontarle io ricapitulerò in breve il passato delle guerre. Furono i Venetiani rotti a Crevalcore vicino a Cento dal Mastro di Campo Generale Valenzé, mentre il Mattei, l’altro Generale, scorreva vittorioso il Modenese e gli tolsero un cannone che laureato fu condotto in Bologna. La mortalità loro fu in verità più di mille, se bene al principio fu scritta di 200. Un’altra volta furono rotti nel Modenese dal Mattei. I Venetiani erano numerosi di 11 mila in circa. Il Proveditore Generale è il Pesaro. Gli altri [27v] primi capi di guerra sono il Valletta et il Principe Luigi d’Este e Don Camillo Gonzaga che in Germania era attualmente Generale dell’artigliaria.[1] Lascio di nominare i Colonelli et i Maestri di Campo tutti veterani. Del Duca di Parma era Generale Monsù di Saubuf, gran soldato veramente, di Modena il Montecuccoli venuto da Germania dove era stato Sergente Generale di battaglia. Il Mattei corse fin sotto le porte di Modena prese Vignola, S. Cesario, Spilimberto e molti altri castelli. Il Valenzé similmente da un altra parte in maniera che lo stato di Modena era diventato la troia. Parma stava alla Stellata et al Bondeno non vi havendo trovato presidio da resistere, ma i nostri non attesero quivi non lo stimando pregio dell’opera. Mentre le cose caminavano con continue scaramuccie, il Duca di Parma pensò di scorrere fino a Bologna, ma a S.Pietro in Casale gli fu ferito mortalmente il Generale Saubuf in una gamba che poi gli è stata tagliata et hora sta in Parma. I nostri esserciti [c. 28r] fra tutti due erano numerosi di 14 mila fanti e 5 mila cavalli ma bisognava che attendessero a molte parti. Il Sig. Card. Antonio si è sempre ritrovato in persona a tutte le fattioni et in tutti i squadroni. (V. Em.za avverta che io mi terrei dishonorato se una cosa scrivessi che non fosse verissima, perché con V. Em.za non è necessario di lodare alcuno e so che posso parlare liberamente.) Fece [...?] [2] intendere al Duca di Modena et a Venetiani che entrando nello Stato Ecclesiastico non desse fuoco perché il simile havrebbe egli osservato. I Venetiani se ne risero perché non si guerreggiava sul loro et accostatisi con una grossa armata di mare al Cesenatico di notte smontarono, saccheggiarono quella misera terra poscia le diedero fuoco con gran barbarie. Presero similmente il Forte di Primaro, ma poscia Monsù di Cotré Governatore delle armi ecclesiastiche in Romagna lo ricuperò gloriosamente. Vi restò ferito il Cavalier Filicaia gravemente. Lascio per brevità molti combattimenti grossi di Lombardia. Il Gran Duca uscì con undici mila fanti e 2 mila e 500 cavalli, molte compagnie de quali eran venute dall’Impero bravissime. Il Generale è il Prencipe Mattias, Mastro di Campo Generale il Burro [c. 28v] venuto di Germania dove haveva havuto i primi carichi. I Maestri di Campo tutti veterani. Venne alla Pieve e poscia s'accampò sotto Castiglion del Lago, dove commandava il Duca della Cornia per Pirro Caetano. Haveva havuti molti favori il Duca della Cornia da Nostro Signore et in primis tradì Sua Beatitudine dando per occulte intese al Gran Duca il Castiglion del Lago. Si è fatto il processo e comparso il monitorio et intimato che si impiccarà per un piede la sua figura con l’inscritione de traditori se in persona non comparirà essendosi ritirato doppo la resa a Firenze. Mandò Nostro Signore il Savelli con 8 mila fanti e 1500 cavalli a Perugia. S’accampò a Mont’Alera, vicino Castiglione et al nimico. Ma non ha riportato gran gloria il Savelli per non haver fatto niente e per non essere andato egli sotto Castiglione con celerità, perché così impedita havrebbe la sceleraggine del Duca della Cornia. S’ammalò poscia il Duca Savelli et il nostro essercito assai languiva. Torniamo in Lombardia mentre in Toscana essendo i due esserciti a fronte si stavano otiosamente riguardando. A 22 di Luglio volle il Sig. Card. Antonio prendere a forza la Nonantola a Modena [c. 29r] per attaccare poscia il Finale dove stavano i Venetiani molto grossi. L’impresa fu ordinata al Valenzé, ma non successe con felicità se bene havessimo in sostanza la vittoria. La mattina adunque Don [3] Francesco Gonzaga Sergente Generale di battaglia nostro ordinò ad un[a] [4] compagnia di dragoni che andassero inanzi a riempire un fosso per trasmettere il cannone. Questi rovinarono l’impresa perché riempirono il fosso di fango et arrivato il cannone e non lo potendo sostenere, bisognò votarlo e poscia riempirlo di materia soda si che si perse più di due hore di tempo. Il nemico in tanto fu avvisato e mandò un grosso nella Nonantola e due altri per alcune imboscate con la presenza del Duca di Modena e del Pesaro. Passò Don Francesco Gonzaga col suo reggimento e s’impegnò generosamente sotto la Nonantola. Dietro seguitò il Card. Antonio con un altro reggimento e con la cavalleria e si diede principio ad una terribile battaglia perché già tutto l’essercito modenese di 4 mila e venetiano era sopragiunto. Il Card. Antonio stette in grandissimo rischio e fu cinto dal nemico, ma in questo mentre sopragiunse con un altro grosso di ca[c. 29v]valleria e lo liberò. Ma un colpo di sagro che portò via la testa al povero Don Francesco Gonzaga Sargente Generale di battaglia turbò le cose, tolse animo alla fanteria nostra et animò i nemici. La risolutione del Mattei di morire lo liberò dalla morte: come egli scrive, s’avanzò con un grosso di cavalleria e fece dare adietro il nemico. Ma questi rinforzando disordinò le compagnie di cavalleria del Mattei et il Mattei restò priggione. Ma un dragone portato a caso dalla furia di un cavallo sfrenato urtò nella truppa che conduceva il Mattei di 7 persone e andando col cavallo fra quelli sviluppò il Mattei e presa la spada in mano e spronando il cavallo si portò alle truppe nostre e rimessesile in ordinanza si principiò di nuovo la battaglia ferocemente e fu disordinato alla fine il nimico et i nostri restarono padroni del campo. Morì Don Francesco Gonzaga, il Sergente maggiore Franfanelli cugino dell'altro e 4 capitani, da 100 soldati 70 prigioni de nostri furono fatti. Altri dicono che non furono 100 ma meno. De nimici morirono più di 300. La morte del Gonzaga fece [c. 30r] credere che loro havessero vinto per esser persona principale nell’essercito fu scritto [5] il Conte Testi [comp...(?)] [6] in lode del Duca di Modena et a Venetia si fece una gran festa. Il Card. Antonio mentre gli nimici stavano in allegrezza fece preparare alcuni barconi al Po e segretamente per varie bande col Valenzé fece marciare 4 mila fanti di notte e 1200 cavalli e rinchiusi in Ferrara con le porte serrate tutto il 30 di Luglio. La notte del 31 passarono nel Polesine presero un forte nel Polesine fatto da Venetiani con una battaglia di 6 hore. Venne doppo la presa Parma e dal Baron Mattei fu rotto. Vennero li Venetiani da Lendinara grossi di 4 mila e dal Valenzé furono disfatti. I nostri rinforzati hanno scorso il Polesine di Rovigo, sacchegiando quasi tutto perché molti commandanti di guerra abbrugiarono più di 12 terre. Il danno de Venetiani importa più di uno millione di scudi e si sono arrichiti i nostri e condotto molto grano in Ferrara dal Venetiano. Hora vengo alle tre vittorie. I Venetiani ingrossati et uniti al Duca di [c. 30v] Parma vennero con 7 mila combattenti dall’altra parte ad un altro forte detto il Forte di Granara Uscirono 4 mila de nostri condotti da Monsù di Griglione Avignonese e furono rotti con grande mortalità.
La 2a. Il Gran Duca con 4 mila fanti e 600 cavalli haveva assediata Citerna, passò per andare all’assedio di Città di Castello posta vicino il Borgo di S. Sepolcro. Stette assediata 15 dì non vi essendo più di 200 soldati e fu battuta con più di 600 cannonate. Finalmente a 12 di agosto capitolò per rendersi alle 12 hore de i 13 di agosto. Ma Tobia Pallavicino genovese bravo soldato di Fiandra, Mastro di Campo, stando in Città di Castello senza sapere della capitolatione, prese 1000 fanti e 300 cavalli in Città di Castello et andò al soccorso, ma gli riuscì di più, perché attaccò gli assedianti, gli ruppe, gli pose in fuga prendendo un cannone al nemico e liberò la terra con morte di 300 di loro e 13 soli de’ nostri.[7]
La terza è de 19 di agosto. Il Prencipe Mattias era uscito con 2 mila fanti e 700 [8] cavalli per prendere un posto, ma Don Vincenzo Della Marra, venuto 6 dì prima di costì e fatto Mastro di Campo Generale, gli uscì contro e gli disfece con morte di molti. [31r] In somma le cose vanno prosperamente. La lega crolla: la riputatione delle armi e del valore de soldati pontifitii è grande per tutto. Il Sig. Prefetto è al campo di Perugia adorato da tutti. Io son stato male un mese, ma però ho scritto a V. Em.za e poche lettere ho ricevute da V. Em.za; dubito che si perdano. Finisco perché ho scarsezza di tempo stando per partire il corriere e le fò col P. Arcolino humilissima riverenza. Roma 22 di agosto 1643
Di V. Em.za Rev.ma
Hum.mo e dev.mo servo
Alberto Morone della Compagnia di Giesù.


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[1] Camillo Gonzaga figlio di Ferrante I, Marchese di Gazzuolo, generale dell'artiglieria veneta, fu poi Governatore generale delle armi venete in Dalmazia e morì a Spalato nel 1658. Don Luigi d'Este, figlio del Duca Cesare, era stato tra i negoziatori della Lega. Entrambi erano stati nominati da Morone già nella lettera del 17 maggio. Ho ricordato il cavaliere de La Valette. come corrispondente di Vittorio Siri in Guerre di scrittura, Don Venturino.

[2] Illeggibile per corrosione dell'inchiostro.

[3] Segue una parola cancellata.

[4] È scritto: un.

[5] Seguono in sopralinea diverse parole illeggibili per corrosione dell'inchiestro.

[6] Corrosione dell'inchiostro

[7] Sull'episodio vedi Fazione Urbana, Guerra generale. Di Tobia Pallavicino si parla diffusamente, oltre che per il suo ruolo nella guerra di Castro, per i suoi successivi, stretti rapporti con i Barberini, in diversi luoghi di Fazione Urbana.

[8] Sembra corretto su 500.


Claudio Costantini

Fazione Urbana

*

Indice
Premessa
Indice dei nomi
Criteri di trascrizione
Abbreviazioni
Opere citate
Incipit

Fine di pontificato
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m

Caduta e fuga
2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h

Ritorno in armi
3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i

APPENDICI

1

Guerre di scrittura
indici

Opposte propagande
a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Micanzio
b1 b2 b3 b4 b5
Vittorino Siri
c1 c2 c3 c4

2
Scritture di conclave
indici

Il maggior negotio...
d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7
Scrittori di stadere
e1 e2 e3
A colpi di conclavi
f1 f2 f3 f4 f5 f6

3
La giusta statera
indici

Un'impudente satira
g1 g2 g3 g4 g5
L'edizione di Amsterdam
Biografie mancanti nella stampa

4
Cantiere Urbano
indici

Lucrezia Barberini
h1 h2
Alberto Morone
i1 i2a i2b i2c i2d
i2e i2f i2g i2h
i3 i4

Malatesta Albani
l1 l2


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