A colpi di conclavi: f1 f2 f3 f4 f5 f6

La Mal consigliata fuga e Raffaele Della Torre

Il furto dei due quinternetti con la versione originale del conclave di Rapaccioli era caduto nel momento di massima tensione tra Innocenzo X e la Francia, quando, tra la duplice fuga dei Barberini e l’impresa dei Presidi, si era scatenata in Roma una violentissima campagna contro i nipoti di Urbano e i loro seguaci, ai quali veniva comunemente associato Mazzarino. Tra l’ottobre e il novembre del ’45, era apparsa La mal consigliata fuga del Cardinale Antonio,[1] un violento pamphlet di cui era sospettato autore Troiano Maffei. Dopo la fuga degli altri Barberini - Francesco, Taddeo e i figli di Taddeo - era comparsa La giusta statera de’ porporati, anch’essa attribuita a Troiano Maffei, che, sulla scia della incondizionata licenza di diffamare e di sbeffeggiare concessa dalle autorità a chi sparlava dei Barberini, se la prendeva in pratica con l’intero collegio dei cardinali, fatta eccezione, si capisce, per pochi intoccabili amici del Papa.
La Mal consigliata fuga riproduceva fedelmente la sorpresa e l’irritazione di Papa Innocenzo e del suo entourage per la protezione accordata ai Barberini dal governo francese: una decisione di cui a Corte non riuscivano a capacitarsi finendo per farne responsabile, nella logica tutta romanesca di alleanze matrimoniali, ripicche cardinalizie e ambizioni di nobiltà, il solo Mazzarino. A Mazzarino la scrittura alludeva ripetutamente, senza per altro nominarlo, per ricordarne la modestia dei natali e l'inaffidabilità del suo patronato. La sua alleanza con i Barberini, che sembrava preludere a un legame matrimoniale tra le due famiglie, non serviva alla Francia ed era un’onta per

«una Casa Pontificia di molt’anni, che pretese di essere ricercata per regie parentele in Italia e che stimava rendere fortunate quelle illustri prosapie con l’inclinamento de suoi sponsalizii […] ridotta d’apparentare con servitori propri per giungere ad ottenere una protettione senza assicuramento veruno di sollievo e di suffragio…»[2]

I Barberini, anziché affidarsi a lui avrebbero fatto meglio a

«buttarsi in braccio a' Principi, ancorché notabilmente offesi [...] nel che sarebbe in faccia del mondo restata una recognitione degli proprii mancamenti con l'acquisto di tanti amici, non avventurando i nipoti a parentele lontane affatto dalla loro grandezza senza che vi comparischi stabilimento per assicurare le proprie fortune. L'invito solo a nozze tanto dispreggevoli quanto sono le negotiate con Martinozzi doveva tirare questa gente a tralasciare ogni pensiero transalpino».[3]

Non è difficile leggere dietro alle parole sprezzanti l'espressione di una radicata visione politica: quella delle casate principesche italiane, una sorta di grande oligarchia nazionale che si considerava politicamente autosufficiente, garante dell'indipendenza del pontefice e capace di indipendenza proprio in forza dell'autorità pontificia che le era senza contestazioni riservata. La duplice colpa dei Barberini, allora, era stata prima di aver contrapposto nell'affare di Castro gli interessi e l’autorità della Sede Apostolica a quelli dei Principi e poi di aver fatto appello contro la ritrovata colleganza tra questi e quella, ad un parvenu come Mazzarino, senza passato e, vista la precarietà del suo potere in Francia, probabilmente senza futuro.
La Mal consigliata proprio perché, come scriveva Giannettino Giustiniani a Mazzarino, vi si leggevano «chiarissimi mille di quei concetti ch'escono ad ogni hora dalla bocca del Papa» meritava una dura e qualificata risposta.[4] Come ne fosse stato incaricato Raffaele Della Torre è stato raccontato da Barbara Marinelli.[5] Della Torre vi lavorava ai primi di gennaio del 1646 e alla fine del mese, negli stessi giorni della fuga da Roma di Francesco e Taddeo, quando ancora non si sapeva come fosse finita la loro avventura, era pronta.[6]
La Fuga del Cardinal Antonio male interpretata e peggio caluniata, stampata in Francia, uscì anonima nella tarda primavera del 1646, con la falsa indicazione di Perugia.[7] Della Torre vi svolgeva, con dovizia di argomentazioni, di natura soprattutto giuridica, la linea difensiva ufficialmente adottata da Antonio, che mentre rivendicava il buon diritto di ciascuno di sottrarsi alle congiure ed alle persecuzioni dei propri nemici, mostrava, secondo i modi d’obbligo con i sovrani, di salvare le buone intenzioni del Papa (chi oserebbe imputargli una tale ingratitudine - era l’assunto dichiarato della scrittura - da indurlo a infierire sui propri benefattori?) e di addossare ogni responsabilità ai suoi collaboratori. Tra questi c’era in primo luogo («e qui», scriveva della Torre, «non convien dissimulare») il Principe Ludovisi, dalla cui casa pare che fosse uscita la Mal consigliata [8] e a cui Mazzarino, occupandogli Piombino, avrebbe poi fatto pagare carissimo le insultanti espressioni che gli erano state riservate.
Quanto all’autore materiale dello scritto, Della Torre non gli risparmiava gravi minacce, della cui attendibilità Troiano Maffei, giusta o sbagliata che fosse l’attribuzione che a lui faceva della Mal consigliata la voce pubblica, doveva fare amarissima esperienza.[9] Ai Principi d’Italia (e mi sembra che Della Torre pensasse soprattutto ai Medici) era poi dedicata la denuncia del disegno politico che li aveva persuasi nella recente guerra di Castro a portare le armi contro la Chiesa e che li aveva spinti, dopo la pace, a ricercare la rovina ultima dei Barberini:

«Chi ha l’animo spassionato et innamorato del giusto ha ben havuto occasione di scandalizzarsi delle tanto chiare dimostrationi usate in cospetto di tutta la Corte verso i signori Barberini da i ministri più riguardevoli di quei Potentati, che sono arrivati fino a negarli que’ termini communi di rispetto, e di cortesia, che anche fra nemici si accostumano. Onde alcuno potrebbe con maggior fondamento sospettare che i ministri sodetti per conformare alle demostrationi estrinseche i tentativi più occulti, dopo essersi inoltrati nella gratia del Papa, lo instigassero contro i Signori Barberini per ottener forse con la ruina loro quel insegnamento a’ Posteri col quale niuno Ecclesiastico quanto si voglia eminente di grado fosse mai più per haver ardimento di servir da dovero nel maneggio dell’armi contro di loro, quando mosse fossero d’alcun Pontefice per cagioni e diffese quanto si voglia giustificate».[10]

Alla cattiva coscienza del Papa, infine, («sa benissimo il Papa…», «ben sa Sua Beatitudine…», «sa quanto…», «sa che…», «sa come…»:  è il leitmotiv di tutta la prima parte della scrittura) Della Torre riservava una sommaria ricostruzione del Conclave ricca di sottintesi e condotta sulla falsariga, riconoscibilissima per chi avesse la possibilità di confrontare i due testi, della relazione di Rapaccioli,[11] della quale mostrava addirittura di prevedere, prima o poi, la pubblicazione:

«…lo sa bene, ma non ancora intieramente il mondo, che forse un giorno sarà da qualche penna informata più difusamente ragguagliato sì di questo particolare [le trattative con l’ambasciatore di Francia e lo scambio dei biglietti con i Teodoli] come di tutti gli altri del passato Conclave e vedrà in qual maniera e con quali cause seconde habbia Dio promossa l’essaltatione di Sua Beatitudine».[12]




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[1]  Ho ricordato più volte questa scrittura. Utilizzo le copie conservate in BAV, Barb.lat. 5393 (incipit: “Non deve Roma pregiarsi…”) e Vat.lat. 7098, cc. 280-290 (incipit: “Roma deve preggiarsi…”).

[2] BAV, Vat.lat. 7098, c. 377v.

[3] BAV, Barb.lat. 5393, c. 21r. «… col Martinozzi cognato di Mazzarini» si legge nella copia in BAV, Vat.lat. 7098 (c. 288v) ed è, se non sbaglio, l’unica volta che nella scrittura viene fatto il nome di Mazzarino.

[4] Costantini 1990, pp. 726-728.

[5] Marinelli 1995 e 2000.

[6] AAE, CP, Gênes 5, cc. 2-5, 18-21, Giannettino Giustiniani a Mazzarino, 2 e 30 gennaio 1646.

[7] Nel giugno Giannettino Giustiniani, anche a nome di Elpidio Benedetti, sollecitava da Mazzarino l’invio a Genova di quattro o cinquecento copie dell’opera (AAE, CP, Gênes 5, cc. 107-108, Giannettino Giustiniani a Mazzarino, Genova, 3 giugno 1646). Una copia a stampa si conserva in BAV, Capponi.VI.318. Una copia manoscritta si trova in BAV, Chig. O.I.7 cc. 448-508, nello stesso codice che ha a cc. 53-68 la Mal consigliata (una nota alla fine di questa rinvia alla «risposta publicata nelle stampe di Francia a questo et altri discorsi…»)

[8] Linage 1678, p. 69.

[9] «Perché non crederemo noi, che vedemmo con reiterati rigori pagare a tanti meschini il fio del copiare in un foglietto due righe di novelle discare, non s’habbiamo francamente a promettere dalla giustitia, cotanto professata da Sua Santità, il castigo essemplare di temerità senza essempio, e che non tanto obliga il Prencipe a punirla severissimamente, quanto a i calonniati arma la mano di mille ragioni per chiederne, o per portarne il castigo?»: Della Torre, Fuga, pp 16-17.

[10] Della Torre, Fuga, pp. 74-75.

[11] Della Torre, Fuga, pp. 48-67.

[12] Della Torre, Fuga, pp. 62-63.


Claudio Costantini

Fazione Urbana

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Indice
Premessa
Indice dei nomi
Criteri di trascrizione
Abbreviazioni
Opere citate
Incipit

Fine di pontificato
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m

Caduta e fuga
2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h

Ritorno in armi
3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i

APPENDICI

1

Guerre di scrittura
indici

Opposte propagande
a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Micanzio
b1 b2 b3 b4 b5
Vittorino Siri
c1 c2 c3 c4

2
Scritture di conclave
indici

Il maggior negotio...
d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7
Scrittori di stadere
e1 e2 e3
A colpi di conclavi
f1 f2 f3 f4 f5 f6

3
La giusta statera
indici

Un'impudente satira
g1 g2 g3 g4 g5
L'edizione di Amsterdam
Biografie mancanti nella stampa

4
Cantiere Urbano
indici

Lucrezia Barberini
h1 h2
Alberto Morone
i1 i2a i2b i2c i2d
i2e i2f i2g i2h
i3 i4

Malatesta Albani
l1 l2


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