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Teoria e pratica della clausura

Ho usato, a proposito di Conclavi, il termine “avvisi”. La cosa esige qualche parola di spiegazione. In teoria dal Conclave non poteva uscire alcunché, meno che mai avvisi. Per le costituzioni di Pio IV, che per altro riprendevano norme preesistenti e che sarebbero state confermate e rese più rigorose da Gregorio XV era proibito

 «scriver lettere o mandar alcuna altra sorte di cosa scritta, mandar o ricevere ambasciate, note, o segni a quei che stanno in Conclave, né così possino scriverle o mandarle a quei di fuori sotto pena a tutti che contravverranno etiam che siano cardinali della scommunica latae sententiae riservata al Papa da cui doveranno esser puniti conforme alla qualità del delitto».[1]

Con molto ottimismo l’agostiniano Girolamo Ghetti riteneva che la riforma di Gregorio potesse mettere definitivamente fine alle vociferazioni che regolarmente accompagnavano e seguivano l’elezione del Papa:

«Con occasione dei trattati che si facevano per congregar il numero dei voti e degli accidenti che occorrevano, ogniuno si faceva lecito, e forse ancora quelli che manco vi si dovevano ingerire, di far il menante, il novellista, il parnasista e con troppa licenza, sotto nome di Relatione del Conclave, mandar fuori tutte quelle attioni che si facevano e tutti gli accidenti che occorrevano, uscendo simili scritture piene di stratagemmi, inganni, falsità, spergiuri, mancamento di parola, bugie, fraudi, promesse, conventioni, ingiurie et altre attioni, che non solo devono esser lontane da opera così sacra da huomini posti in tanta eminenza, ma ancora dalle più vili persone e dai più meccanici affari che si trattino in questo mondo».

Per Girolamo Ghetti, dunque, anche le storie di Conclave erano un genere di scrittura che inciampava negli stessi divieti degli avvisi:

«Quanto decoro e credito habbia sempre levato a gli elettori, al luogo et all’elettione questo modo di novellare, lo dichi chi ha sinderesi d’honore e zelo delle cose della Chiesa di Christo e chi ha visto nella fiera di Francofort il Pasquino di Roma, che ogni anno cavano fuori gli heretici, in cui non solo raccontano le cose successe cavate dai conclavi manoscritti, ma ci fanno mille comenti di vilipendio et infamie e se la fede nel petto de’ Christiani laici non fusse così ben radicata, e le cose della Chiesa così ben stabilite ne i meriti di Christo per mezzo degli ottimi ministri, attione così peniciosa haveria nociuto più al negotio che la persecutione che habbia mai havuta, stampando negli elettori e nelle attioni di tanta importanza così brutti fregi».

Su quel che avveniva in Conclave e su chi vi aveva preso, in qualsiasi veste, parte incombeva insomma, secondo Ghetti, l’obbligo tassativo del silenzio:

«Hora per questa provisione presa con questa Santa Constitutione, restando le cose in petto di chi le fa, si dà bando a molte scompositioni humane, che la nostra fragilità suol pullulare nell’attioni che si fanno con troppo affetto e levandosi l’occasione, si leva ancora la penna di mano a i moderni Momi e novelli Parnasisti di vomitare il lor veleno».[2]

Ghetti naturalmente si ingannava: come ho già fatto notare, è proprio dopo la riforma di Gregorio XV che la letteratura sui Conclavi, sempre più esplicita e profana, incontrò la sua maggiore fortuna. Quanto alle fughe di notizie durante e dopo i Conclavi, erano esse stesse strumento di competizione e di negoziato tra partiti e tra aspiranti al pontificato ed era di fatto impossibile porvi un freno, se non altro per l’intoccabilità dei personaggi che se ne rendevano direttamente o indirettamente responsabili: tutt’al più erano i loro servitori a cadere nella rete dei controlli e delle sanzioni, ma il sacrificio di un servitore non costituiva certo una remora efficace.[3]
Gli archivi restituiscono in buon numero corrispondenze da e per il Conclave. Un esempio di notevole valore, anche letterario, è quello dei dispacci che Giminiano Poggi, conclavista, nel 1644, di Rinaldo d’Este, trasmetteva regolarmente al Duca di Modena e che ho largamente utilizzati a suo luogo.[4] Un altro bel documento del genere, di cui ignoro autore e destinatario, è un Discorso uscito di Conclave datato 10 settembre 1644, che ricostruisce con particolari di qualche interesse gli avvenimenti della settimana precedente l’elezione di Innocenzo X e che, soprattutto, lascia supporre l’esistenza di precedenti analoghi avvisi, usciti probabilmente con cadenza settimanale.[5] È noto che gli ambasciatori delle Corone erano costantemente in contatto con i cardinali dei rispettivi partiti e che incessante era tra gli uni e gli altri il flusso di notizie, consigli, promesse, ordini e qualche volta quattrini: c’è bisogno di ricordare che l’episodio centrale del Conclave del 1644 è stato lo scambio di biglietti, veri e propri pagherò, tra l’ambasciatore di Francia e Antonio Barberini per conto del futuro Innocenzo X e per il tramite dei fratelli Teodoli? Il rispetto delle severe leggi della clausura poteva tutt’al più essere invocato per traccheggiare, prendere tempo, mascherare le proprie mosse nelle estenuanti trattative di Conclave, salvo poi risolver ogni problema con un compiacente consulto di teologi. Sempre nel Conclave del ’44, il Cardinal Antonio si impegnò a un certo punto con il gesuita de Lugo, intimo dei Barberini e loro tramite con il partito spagnuolo, a fare papa Pamphili a patto che gli Spagnoli dal canto loro togliessero l’esclusiva a Sacchetti. De Lugo comunicò la cosa ad Albornoz che si dimostrò senz’altro favorevole, ma che obbiettò che

«senza espresso consentimento e licenza dell’ambasciatore non poteva levare a Sacchetti l’esclusiva. […] Replicogli il Cardinal di Lugo per qual causa non gliene facesse instanza; Albernozzi esser per non contravenire alla Bolla un far partecipe, che era fuori del Sacro Collegio e del Conclave, i segreti maneggi dell’elettione Pontificia; che egli lo liberasse dal rimorso di conscienza, perché subito haverebbe perciò mandato all’Ambasciatore; mostrava di credere che il chiedere consiglio fosse a Cardinali dalla Bolla vietato e perciò fece quella liberale offerta; ma il Cardinal di Lugo havendo preso alquanto di tempo per considerare di proposito la difficoltà ritornò poco dopo, e gli riportò risposta, che poteva coll’Ambasciatore consultarsi, e dimandargli che liberamente levasse […] ogn’esclusiva, perché il contravenire alla legge consisteva nell’opera[r] contro il fine di essa, ma con questa richiesta cercandosi solo di mantenere la libertà del Sacro Collegio, si veniva a conferma della Bolla e per conseguenza non doveva temere d’offendere punto la conscienza. Fu subito all’Ambasciatore mandato avviso da Albernozzi di quanto si richiedeva, e non senza far pompa di pietà e di grand’osservanza, quasi che quello fosse stato il primo avviso mandato da lui dal Conclave» [6].

Come i Principi e i loro agenti in Roma, anche le famiglie dei cardinali, in particolare quelle dei papabili, erano tenute al corrente di quel che si andava negoziando in Conclave. Uno dei più noti diari di Conclave, quello di Bastiano Casini, conclavista del Cardinal Capponi nel Conclave del ’55, è costruito come un insieme di lettere, che, assicura l’autore (ma nessuno è tenuto a credergli), uscirono dal Conclave solo dopo l’elezione del Papa. Il diario di Casini si può utilmente confrontare con gli analoghi avvisi che dal medesimo Conclave il conclavista del Card. Colonna mandava, pare con regolarità, al Conestabile, ambasciatore dell’Imperatore.[7]
Dei diari e degli avvisi di cui sto parlando gli autori erano, a titoli diversi, conclavisti, ossia presenti e operanti in Conclave. Non mi occupo invece di copisti e menanti, professionisti di avvisi, ma attivi all’esterno del Conclave. I diari e gli avvisi che costoro compilavano, sotto qualunque nome circolassero, andrebbero propriamente chiamati diari o avvisi “di sede vacante”: si trattava, cioè, dei comuni avvisi di Roma in tempo, appunto, di sede vacante, che registravano le vicende della città, le voci, gli umori e le attese del popolo romano, l’andirivieni di ambasciatori e agenti di Principi, ma che, se pur parlavano di quel che stava avvenendo in Conclave, non potevano che basarsi su supposizioni o indiscrezioni filtrate, con gradi di attendibilità diversi, ma sempre incerti, attraverso i varchi della clausura. Lo stesso vale anche per prelati e uomini di curia, che, per quanto autorevoli e ben introdotti e perciò generalmente meglio informati dei comuni menanti, per saperne qualcosa e per intessere le loro cabale non potevano basarsi, come scriveva mons. Cornaro, il futuro cardinale, a suo padre, che su «quello che si è potuto cavare alle rote dalli conclavisti», molto o poco che fosse.[8]




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[1] Cito da ASV, Fondo Bolognetti 345, Sommario delle Costituzioni apostoliche sopra l’elezzione del Sommo Pontefice  (incipit: “Simmaco Papa nel Concilio Romano…”), c. 178.

[2] BAV, Bon.Lud., ms. C. 9, Considerationi sopra il modo che s’è tenuto in diversi tempi nell’elettione dei Sommi Pontefici Romani con gl’accidenti occorsi. Dove s’esplicano alcune cose della Constitutione fatta da N.S. Papa Gregorio XV sopra tal materia dedicate alla Santità di N.S. Papa Urbano VIII da fra Girolamo Ghetti Romano Generale dell’Ordine Eremitano di S.Agostino…, cc. 94-95. Una copia di questa scrittura è segnalata da Visceglia 1998, p. 46 in BAR ms. 294.

[3] Della clausura e del modo di eluderla (solo se necessario, si capisce: ma lo era, di fatto, sempre) si occupavano anche i manuali per conclavisti: BAV, Barb.lat. 4702, 19-22, Brevi ricordi di quanto s’appartenga d’operare ad un gentilhuomo eletto per conclavista in servitio del Card.le suo signore (incipit: “Quello che sarà eletto per conclavista...”). La clausura andava elusa, ma, se possibile, senza incorrere in censure o castighi: «Per tale ragione [il conclavista] si vada rendendo amorevole buona parte de’ prelati della Corte accioché quando a loro toccherà l’assistenza alle ruote, le siano indulgenti lasciandolo confabulare con quelli che lo faranno chiamare».

[4] ASM, CA, Roma 247, fasc. Giminiano Poggi.

[5] BAV, Vat.lat. 13456, cc. 46-47, Roma 10 sett. 1644, Discorso uscito di Conclave (incipit: “Essendosi finalmente resi certi i Barberini...”).

[6] B.Spada, BAV, Barb.lat 4649, c. 200r-201r. Colpisce la stretta somiglianza dell’argomento (la pretesa libertà del Conclave) usato in questo parere per giustificare la violazione di una norma imperativa con quello, di cui ho parlato a suo luogo ricostruendo le vicende del Conclave, con il quale si autorizzò il versamento di un’ingente somma all’ambasciatore di Francia per comprarne la connivenza nell’elezione di Panfilio.

[7] BAV, Barb.lat, 4592, cc. 390 sgg, avvisi dal Conclave del 1655 indirizzati «A S.Ecc.a il Contestabile Ambasciatore Cesareo». Solo due di questi avvisi sono datati (10 e 12 marzo). Nel complesso costituiscono un’eccellente documentazione. Si parla più volte della candidatura Rapaccioli (per es. c. 434), dell’uscita di Spada, dell’incontro dei capifazione Barberino e Medici con la mediazione del card. Colonna (c. 410r); si riferisce la voce secondo cui Spada avrebbe «riscosso 20 mila scudi d’oro per portarli al ritorno. Qui si resta attendendo se il S. Contestabile può darne qualche avviso d’avantaggio» (c. 410v); si riferisce che in Conclave «si discorre di una prattica fatta da Spada contra Rapaccioli» (f. 424r); si parla di soldi distribuiti dai Francesi e del divieto di Medici agli aderenti di trattare con Spada al suo rientro (c. 432r); si riferisce del conflitto tra Medici e l’ambasciatore di Spagna a prosposito di Sacchetti («In quanto a Medici che non communichi col l’Ambasciatore di Spagna si tiene che sia per le voci che sono corse che egli adherisse a Sacchetti, mentre sotto l’ombra sua cioè di Terranova pare che si vadano coprendo in dire che da S. M.tà Cattolica non vi sia esclusiva e che quel che si fa si fa da Medici per proprio capriccio et interesse...»: c. 432); e così via. Hanno lo stesso autore (immagino) e lo stesso destinatario gli avvisi dal Conclave che sono in BAV, Barb. lat. 4670, cc. 491-493.

[8] BAV, Bon-Lud. C 20, c. 351r. Di Federico Cornaro (chierico di Camera, vescovo di Bergamo e poi di Vicenza e, dal gennaio del ‘26, cardinale) ci sono in questo codice: a cc. 136-141 una  Copia di lettera che si può dire Relatione del Conclave nel quale fu eletto Papa il Card. Borghese chiamato Paolo V, la qual lettera fu scritta da Mons. Federico Abbate Cornaro Chierico di Camera all’Ill.mo S.Gio Cornaro suo Padre a Venetia sotto il di 21 Maggio l’anno 1605 di Roma (incipit: “L’elettione del Sommo Pontefice seguita sotto li 16 del corrente…”); a cc. 202-205 l’Informatione distinta dello stato, numero e qualità de’ Cardinali che si trovano nel S. Collegio sino questo giorno 28 Genaro 1621 nel quale seguì la morte di Papa Paolo V e quanti di loro siano per entrar in Conclave nella presente sede vacante fatta da Mons. Ab.e Cornaro Chierico di Camera (incipit: “Li cardinali che hoggidì vivono…”); a cc. 341-358 la Relatione distinta in forma di diario della malatia e morte di Papa Gregorio XV e dello stato nel quale al presente si trova il Collegio de Cardinali con altre considerationi sopra li soggetti papabili e sopra il futuro Conclave fatta da mons. Cornaro vescovo di Bergamo e Chierico di Camera il mese di luglio 1623 (incipit: “Da che fu eletto Sommo Pontefice Gregorio XV…”; la relazione comprende una breve storia del Conclave basata, appunto, su «quello che si è potuto cavare alle rote dalli conclavisti»).


Claudio Costantini

Fazione Urbana

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Indice
Premessa
Indice dei nomi
Criteri di trascrizione
Abbreviazioni
Opere citate
Incipit

Fine di pontificato
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m

Caduta e fuga
2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h

Ritorno in armi
3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i

APPENDICI

1

Guerre di scrittura
indici

Opposte propagande
a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Micanzio
b1 b2 b3 b4 b5
Vittorino Siri
c1 c2 c3 c4

2
Scritture di conclave
indici

Il maggior negotio...
d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7
Scrittori di stadere
e1 e2 e3
A colpi di conclavi
f1 f2 f3 f4 f5 f6

3
La giusta statera
indici

Un'impudente satira
g1 g2 g3 g4 g5
L'edizione di Amsterdam
Biografie mancanti nella stampa

4
Cantiere Urbano
indici

Lucrezia Barberini
h1 h2
Alberto Morone
i1 i2a i2b i2c i2d
i2e i2f i2g i2h
i3 i4

Malatesta Albani
l1 l2


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