Il maggior negotio... d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7

I  generi

«L’elettione del Sommo Pontefice è il maggior negotio che habbia tutta la Christianità»: è l’inizio, assolutamente standard, di una istruzione di conclave.[1] L’osservazione era d’obbligo per chi trattava questa materia e del resto enunciava una verità banale: l’evento era davvero importante (lo è, dopo tutto, ancora oggi). Il Conte Duca aveva detto che l’elezione di un papa valeva una battaglia in Fiandra, ma forse, almeno fino al pontificato di Urbano VIII, poteva anche valere di più.[2] Anche più doveroso per chi scriveva di conclavi era ricordare l’intervento dello Spirito Santo: nel 1603 Girolamo Frachetta, per non averlo fatto con sufficiente zelo (questa, almeno, era la spiegazione ufficiale) era finito sotto processo e, fuggito a Napoli, non era più riuscito a rimetter piede a Roma.[3] Obblighi a parte, quel riconoscimento consentiva da un lato agli scrittori di pronostici di mettere prudentemente le mani avanti richiamandosi all’imperscrutabilità dei disegni divini e dall’altro forniva agli scrittori di conclavi occasione per non spregevoli riflessioni sul tema, come oggi si direbbe, dell’eterogonia dei fini.[4]
In ogni caso, «tolta via la causa vera et essenziale della Divina Provvidenza e parlandone politicamente» [5], quel che interessava davvero autori e lettori erano le cause seconde che operavano in conclave, ossia il carattere, gli interessi, i vizi e le virtù, i legami e le rivalità personali o familiari dei cardinali,[6] le “macchine” messe in opera dai partiti e dalle fazioni presenti nel Sacro Collegio, i quattrini spesi in queste occasioni dagli ambasciatori di Spagna e di Francia per comperare voti e così via. E si può dire che, alla luce di quella specie di scienza della dissimulazione e dell’intrigo che sull’elezione del Papa si era venuta costruendo nel corso del tempo, l’esito di molti conclavi risultava alla fine assai meno imprevedibile di quanto non si volesse o si potesse ammettere.[7]
Gli anni di cui si occupano queste note, ossia pressappoco il trentennio centrale del Seicento, sono stati per le scritture di conclave un’epoca d’oro: lo suggeriscono sia il numero e la mole crescenti dei manoscritti conservati in archivi e biblioteche, sia il ricorso ancora sporadico, ma sempre più frequente alla stampa, un fenomeno che lascia intuire un sensibile allargamento del mercato.[8] La lunga attesa per la morte di Urbano VIII, la chiacchieratissima elezione di Innocenzo X, cui era seguita, non comune esempio di ingratitudine, la persecuzione dei Barberini, l’annunciata “stravaganza” [9] del conclave di Alessandro VII dove in luogo della fazione guidata dal nipote del papa defunto si presentava, per mancanza di un nipote “vero”, una formazione per tanti aspetti anomala come lo Squadrone volante,[10] le polemiche sul duplice fallimento della candidatura Sacchetti e sul diritto delle Corone a impedire l’elezione di candidati considerati ostili spiegano a sufficienza, senza neppure uscire dalle logiche e dagli interessi di Curia, l’esplosione di questo tipo di pubblicistica.
Quelle che indico sommariamente come “scritture di conclave” costituiscono in realtà un insieme piuttosto eterogeneo di generi letterari, riconducibili, però, in massima parte a tre modelli principali: i ragguagli di conclave, i pronostici (a cui associo, per ragioni che dirò più avanti, le rassegne di cardinali che potevano circolare sotto il nome di papeidi o statere [11]) e i trattati o teoriche (ossia regole) di conclave, e cioè tutte le scritture a prevalente carattere precettistico o didascalico, non importa se riguardanti materie “alte”, come le tattiche elettorali e le tecniche di persuasione, o semplici pratiche cerimoniali e di servizio.[12]
Un gruppo a parte è quello degli scritti polemici e di propaganda, a favore o contro questo o quel partito, questo o quel candidato al soglio pontificio. La candidatura Sacchetti nei conclavi del ’44 e del ’55, ad esempio, ha prodotto da sola una consistente letteratura, più volte esplorata dagli studiosi proprio in rapporto alla controversa questione del diritto di esclusiva delle corone. Di questi scritti, quelli che circolavano o che addirittura venivano prodotti all’interno del conclave, nel caldo delle trattative, presentano, come è ovvio, uno speciale interesse: se ne hanno frequenti notizie, ma i testi a mia conoscenza non sono molti.[13] Agli scritti polemici o di propaganda si potrebbero infine affiancare le innumerevoli composizioni satiriche in prosa o in versi, a cominciare dalle pasquinate, che fiorivano in tempo di elezioni papali e che venivano diligentemente inserite nelle raccolte di scritture politiche sul genere di quelle curate per proprio uso da gente del mestiere come, per citare i primi nomi che mi vengono alla mente, Vittorino Siri o Cesare Magalotti.[14] Ma di questo genere di produzione non mi occupo qui che marginalmente.
Al di là delle differenze di generi c’era tra le scritture di conclave una sostanziale unità o, si potrebbe dire, solidarietà di intenzioni. Relazioni e pronostici, come del resto (e ancor più) le istruzioni compilate ad uso dei cardinali o dei loro segretari e servitori in occasione di conclavi, non mancavano mai di richiamarsi implicitamente o esplicitamente a quella produzione precettistica e didascalica della quale il Discorso del Lottini, lui stesso autore di conclavi,[15] era considerato il prototipo. Costruiti come manuali ad uso dei diversi attori del conclave (conclavisti, papabili, capifazione ecc.) questi trattati pescavano a loro volta nel vasto repertorio di pratiche negoziali e assembleari, di trucchi e raggiri che veniva fornito dalle relazioni di conclave: storia e teoria si incontravano sistematicamente, accumulando di conclave in conclave una casistica sempre più ricca. Così, trattati o teoriche di conclave venivano spesso ospitate nelle raccolte di conclavi, come quella curata nell’estate del 1583 da Alberto Macchiavelli, che ne aveva tradotti diversi dagli originali latini, ad uso, appunto dei conclavisti:

«Ma perché le attioni che si vedono messe in prattica si considerano con maggior gusto e profitto se di esse si ha prima alcuna regola et dottrina, ho preposto alli detti conclavi i conclavisti di Misser Gio Franc.o Lottino et di Misser Felice Gualtieri dalli quali un cortegiano può pigliare tali ammaestramenti che vedendoli poi pratticati negli infrascritti conclavi, facilmente diventarà attissimo a servire ogni gran cardinale nella attione del conclave».[16]




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[1] BAV, Barb.lat. 4673, cc. 198-210, senza titolo; si tratta dell’istruzione redatta per il card. Colonna in occasione del conclave del ’55. Da una scrittura all’altra, da un conclave all’altro le espressioni cambiano poco: «L’elettione del sommo Pontefice è senza dubio la maggiore e la più sublime attione...» (conclave di Sisto V), «La creatione del Pontefice è senza alcun dubio la più grave & importante attione...» (conclave di Innocenzo IX), «Il leggere gli avvenimenti de conclavi, dove si tratta la più importante…» (conclave di Gregorio XV), «Niuna cosa è più importante a gl’huomini dell’elettione del Principe, ma molto più importa alla Christianità l’elettione del Sommo Pontefice…» (conclave di Innocenzo X), «L’elettione del Sommo Pontefice è una delle attioni più cospicue che si tratti in Terra…» (conclave di Alessandro VIII) e così via.

[2] Leggo il Nicandro in BNR, Fondo gesuitico, 1357 (19). L’osservazione di Olivares, riferita all’elezione di Urbano, è ricordata da B.Spada (BAV,Barb.lat. 4649, c. 2v).

[3] Baldini, pp. 53-79.

[4] Un esempio per tutti: «Ho conosciuto chiaramente», scriveva il Lottini, «come la maggior parte di loro [dei cardinali] alla fine elegge il Papa contro ogni sua voglia senza che vi sia né forze né ragione alcuna se non che in quel ponto pare che li cardinali si truovino fuori di sé et che uno sia tirato dalla paura dell’altro et vadino poi tutti quanti insieme dove non vorriano et non di meno non sappiano negar a chi li mena…» (Discorso sopra l’attioni del conclave di M. Gio Francesco Lottino, in La Prima Parte del Thesoro Politico in cui si contengono relationi, instruttioni, trattati et varii discorsi pertinenti alla perfetta intelligenza della Ragion di Stato… raccolto per Comin Ventura da essemplari dell’Accad. Ital. di Colonia, Milano, Girolamo Bordone e C., MDC, p. 482).

[5] L’espressione è di Cesare Magalotti, BAV, Chig. C.III.60, c. 2v (incipit: “Quanto a gli huomini…”).

[6] Ripeto a un dipresso l’elenco che si legge in La giusta statera de’ porporati. Giulio Cesare Braccini nell’intestazione del Discorso intorno allo stato presente del Collegio Apostolico, di cui parlerò più avanti, aveva usato meno parole: «qualità, aderenze e interessi», così come la Informatione distinta dello stato, numero e qualità de’ cardinali, del 1621 (incipit: “Li cardinali che hoggidì vivono…”; BAV, Bon.Lud. C 20, cc. 202r-249r). Il Discorso sopra il futuro conclave fatto in vita di Papa Urbano VIII mentre egli stava indisposto con pericolo della vita durante tuttavia la guerra con i Principi collegati (incipit: “Io voglio pur credere…”), forse di Cesare Magalotti, parla «delle dipendenze, delle parentelle, adherenze, commercii, confidenze et altri rispetti per lo più ignoti a forastieri».

[7] «In questa materia del conclave», scriveva Cesare Magalotti nel 1652, «far si può delle osservazioni e cavar anche delle conclusioni e regole se non certe o necessarie, almeno molto probabili e simili al vero, ma», aggiungeva, «il campo ove raccorre si possono queste conclusioni e regole altro non è ch’una esatta cognizione de gli humori e fini di coloro nelle cui mani è posta la somma di questa gran faccenda» (BAV, Chig. C.III.60, c. 137v; incipit: “Roma dalle ceneri di Troia....”).

[8] Se si sfoglia una qualsiasi delle numerose raccolte manoscritte di conclavi è facile avvedersi come in media la lunghezza delle scritture aumenti da un conclave all’altro sino alle voluminose dimensioni dei conclavi di Rapaccioli o di Spada. Quanto alle stampe, esse si moltiplicarono a partire dalla metà del secolo (il fenomeno fu più vistoso, per ovvie ragioni, fuori d’Italia e in terra di protestanti). Per il periodo precedente, la fortuna di tal genere di scritture e in particolare del Lottini (edito nel Tesoro Politico) è ricordata, tra l’altro, e sommariamente ricostruita in De electione Urbani IIX et Innocentii X pontificum commentari historici duo. Adiecta sunt nonnulla alia eiusdem argumenti cum Hermanni Conringii Proemio, Helmestadii, Excudebat Henningus Mullerus, Academiae Iuliae Typogr. 1651: vedi specialmente le quattro pagine Ad benevolum lectorem.

[9] BAV, Chig. C.III.60 [Cesare Magalotti], Osservazioni sopra la futura elezione del Sommo pontefice (incipit: “Quanto a gli uomini…”), 1652, c. 10v: «aspettar non si può meno stravagante degli altri più stravaganti…».

[10] Vedi Signorotto (1998).

[11] Il termine “papeide” compare ad esempio in due copie (BAV, Barb. lat. 4696 cc. 226 sgg. e Vat lat. 12534, cc. 391 sgg.,) della scrittura (forse di Cesare Magalotti) che comincia: “Io voglio pur credere…” (Papeide sive Vaticinio del futuro conclave dell’anno 1644). Il termine “statera”, oltre che nella Giusta statera, compare in qualche altra scrittura, per esempio quella che comincia: “Non è se non cosa da stupire…”: BAV, Barb.lat. 5681, La statera de’ porporati ove si pesa il merito di trentasei cardinali papabili.

[12] Di queste genere di scritture ha trattato Visceglia 1998. Il codice in ASV, Bolognetti 32 raccoglie diverso materiale del genere: gli Avvertimenti per un cardinale papabile per facilitarsi la strada al pontificato, un sommario delle costituzioni apostoliche, due scritture sulle qualità richieste a un papabile (incipit: “Un cardinale che si procura…” e “Ciascuno che aspira…”). Alle teoriche di conclave si possono avvicinare le istruzioni segrete che i Principi, in occasione di un conclave, inviavano ai loro agenti in Roma. Anche delle istruzioni agli ambasciatori (non però di quelle specifiche per il conclave) si occupa Visceglia 1998, pp. 54-59. Per certi aspetti più rivelatrici dei meccanismi effettivi che governavano la scelta del Pontefice sono le istruzioni ai cardinali-principi. Un classico del genere sono gli Avvertimenti al Sig.r Cardinal Farnese nella sede vacante di Papa Paolo Terzo (incipit: “In quest’elettione del nuovo Pontefice havendo ciascun vostro buon servitore...” che leggo in BAV, Barb.lat. 4650. A suo luogo, nel ricostruire le vicende del Conclave del ’44, ho utilizzato l’Instruzione al Sig. cardinale d’Este per lo conclave dopo la morte d’Urbano Ottavo (ASM, DP, 434). Allo stesso genere appartengono scritture come Alcuni avvertimenti di prattica per il conclave (BVR, ms. Z.57, pp. 391-402, incipit: “Ancorché per esperienza...”) probabilmente diretti non a un cardinale, ma ad un suo conclavista, il Discorso et instruttione per il futuro conclave (BAV, Barb.lat.  4702, cc. 90-96, incipit: “È così necessario l’applicare…” datato 20 aprile 1650), e soprattutto le istruzioni del 1655 per il card. Colonna (che cominciano: “L’elettione del Sommo Pontefice è il maggior negotio…”, BAV, Barb.lat. 4673, cc. 198-210).

[13] Delle scritture che circolavano nel conclave del 1644 ho parlato a suo luogo. Bastiano Casini nel suo diario del conclave 1655 ne ricorda diverse. Nello stesso conclave una scrittura diffamatoria, della quale tornerò a parlare, fu fatta circolare da Bernardino Spada contro Rapaccioli, di cui si era affacciata a un certo punto, con qualche probabilità di successo, la candidatura.

[14] Vedi per il primo la nota che gli è dedicata nell’appendice Guerre di Scrittura. Del secondo parlo più avanti.

[15] Alberto Macchiavelli attribuisce a Lottini i conclavi di Marcello II, Paolo IV e Pio V: vedi la nota seguente.

[16] Conosco la raccolta da un manoscritto mutilo (BAV, Barb.lat. 4676, c. 1r-v) dove, oltre l’introduzione, non c’è che un lungo frammento del trattato del Lottini. I conclavi da lui raccolti e tradotti, dice Alberto Macchiavelli, erano 19 ma quelli elencati nell’introduzione sono solo 17: quelli di Nicolò V, Calisto III, Pio II, Leone X, Adriano VI, Clemente VII, Giulio III (tutti «d’incerto autore»), di Paolo II  (di Iacopo Ammannati «che è brevissimo»), di Innocenzo VIII, Pio III, Giulio II (di Giovanni Brocardo), di Alessandro VI (di Michele Ferro), di Pio IV (di Antonio Guido), di Marcello II, Paolo IV, Pio V (di Gio Francesco Lottini) e di Gregorio XIII (di cui Macchiavelli ignorava l’autore). Le traduzioni di Macchiavelli si possono leggere in BAV, Borg.lat. 104, Urb. Lat. 1718 e Vat.Lat. 6422. Il conclave di Sisto IV in Burchard, Liber notarum, in Rer. Ital. Script. XXXII, pp. 17-84. Ricordo di sfuggita come nella tarde compilazioni di quell'infaticabile raccoglietore ed editore di scritture romanesche che era Gregorio Leti, praticamente tutti i generi di "scritture di conclave" finissero per ritrovarsi assieme: valga per tutte il Livello politico (Leti 1678).


Claudio Costantini

Fazione Urbana

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Indice
Premessa
Indice dei nomi
Criteri di trascrizione
Abbreviazioni
Opere citate
Incipit

Fine di pontificato
1a 1b 1c 1d 1e 1f 1g 1h 1i 1l 1m

Caduta e fuga
2a 2b 2c 2d 2e 2f 2g 2h

Ritorno in armi
3a 3b 3c 3d 3e 3f 3g 3h 3i

APPENDICI

1

Guerre di scrittura
indici

Opposte propagande
a1 a2 a3 a4 a5 a6 a7
Micanzio
b1 b2 b3 b4 b5
Vittorino Siri
c1 c2 c3 c4

2
Scritture di conclave
indici

Il maggior negotio...
d1 d2 d3 d4 d5 d6 d7
Scrittori di stadere
e1 e2 e3
A colpi di conclavi
f1 f2 f3 f4 f5 f6

3
La giusta statera
indici

Un'impudente satira
g1 g2 g3 g4 g5
L'edizione di Amsterdam
Biografie mancanti nella stampa

4
Cantiere Urbano
indici

Lucrezia Barberini
h1 h2
Alberto Morone
i1 i2a i2b i2c i2d
i2e i2f i2g i2h
i3 i4

Malatesta Albani
l1 l2


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